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“La guerra di Piero” di Fabrizio De André, una canzone per la pace

"La guerra di Piero" è una delle più celebri canzoni di De André, un testo che ripudia la guerra e chiede a gran voce la pace. Un testo che riletto oggi ci invita a diverse riflessioni su ciò che accade oggi nel mondo.

Il 18 febbraio 1940 nasceva Fabrizio De André. il poeta degli “ultimi”, il cantautore che ha saputo ben interpretare pregi e difetti della società: le canzoni di Fabrizio De André sono per la maggior parte contraddistinte dalla denuncia sociale, in cui la gente semplice assurge spesso a simbolo di purezza, in contrasto con i borghesi benpensanti, ritratti come figure piatte e sterile.

Ricca di spunti di riflessioni legate all’attualità, ed in particolare ai conflitti bellici purtroppo protagonisti in giro per il mondo, è dei testi più celebri del panorama musicale italiano interpretati da Fabrizio De André: “La guerra di Piero”.

“La guerra di Piero”, la canzone di Fabrizio De André

Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi,
ma sono mille papaveri rossi.

«Lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendan i lucci argentati,
non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente.»

Così dicevi ed era d’inverno
e come gli altri verso l’inferno
te ne vai triste come chi deve
il vento ti sputa in faccia la neve.

Fermati Piero, fermati adesso
lascia che il vento ti passi un po’ addosso,
dei morti in battaglia ti porti la voce,
chi diede la vita ebbe in cambio una croce.

Ma tu non lo udisti e il tempo passava
con le stagioni a passo di giava
ed arrivasti a varcar la frontiera
in un bel giorno di primavera.

E mentre marciavi con l’anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore.

Sparagli Piero, sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue,
cadere in terra a coprire il suo sangue.

«E se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore.»

E mentre gli usi questa premura
quello si volta ti vede ha paura
ed imbracciata l’artiglieria
non ti ricambia la cortesia.

Cadesti a terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chieder perdono per ogni peccato.

Cadesti a terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato ritorno.

«Ninetta mia, crepare di Maggio
ci vuole tanto troppo coraggio.
Ninetta bella, dritto all’inferno
avrei preferito andarci in inverno.»

E mentre il grano ti stava a sentire
dentro le mani stringevi il fucile,
dentro la bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole.

Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.

Lottare per la pace

Fondamentale per il raggiungimento ed il mantenimento della pace sono anche gli intellettuali e gli artisti che, come Fabrizio De André e del resto moltissimi altri nel corso dei secoli, si sono spesi, a volte anche a discapito della loro vita, per la lotta alla violenza e alla guerra. “La guerra di Piero” costituisce un esempio di quelle canzoni che, immortali, restano impresse nell’immaginario collettivo e aiutano a tenere viva la memoria di quanto orrenda e tragica sia l’esperienza bellica.

Non è solo nazione contro nazione, ma uomo contro uomo, esseri umani che si privano della loro umanità e attaccano, uccidono i loro simili. Non esiste tragedia più grande di questa. Lottare per la pace significa anche non smettere di ricordare. Canzoni, poesie ed opere d’arte restano i nostri fari nella notte buia.

 

Fabrizio De André

Fabrizio Cristiano De André, noto come Fabrizio De André, è nato a Genova il 18 febbraio 1940 e si è spento a Milano il 11 gennaio 1999. Cantautore  considerato uno dei più importanti, influenti e innovativi del panorama italiano italiani, è conosciuto anche con l’appellativo di Faber che gli dette l’amico Paolo Villaggio, con riferimento alla sua predilezione per i pastelli e le matite della Faber-Castell, oltre che per l’assonanza con il suo nome.
 

In quasi quarant’anni di carriera De André ha inciso quattordici album in studio, più alcune canzoni pubblicate solo come singoli e poi riedite in antologie. Molti dei testi delle sue canzoni raccontano storie di emarginati, ribelli e prostitute, e sono considerate da alcuni critici vere e proprie poesie, tanto da essere inserite in varie antologie scolastiche di letteratura già dai primi anni Settanta e da ricevere gli elogi anche di grandi nomi della poesia come Mario Luzi.

Fabrizio De André è considerato anche uno dei maggiori poeti italiani del Novecento, oltre che una figura di riferimento nel panorama musicale italiano, che gli sono valsi l’appellativo di “cantautore degli emarginati” o “poeta degli sconfitti”.

De André ha venduto 65 milioni di dischi nella sua carriera, guadagnando un posto nella classifica degli artisti italiani di maggior successo. La rivista Rolling Stone Italia, inoltre, ha inserito il suo disco “Creuza de mä” al quarto posto nella classifica dei migliori album italiani.

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