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I versi di Virgilio sull’ingenuità in amore

Leggiamo assieme i drammatici versi di Virgilio, che raccontano il momento in cui Orfeo perde Euridice.

I versi di Virgilio che descrivono il tragico momento in cui Orfeo si gira verso Euridice nell’Averno, perdendola per sempre, rappresentano uno dei momenti più commoventi delle Georgiche. In queste poche righe, Virgilio racchiude il dolore di un amore impossibile, spezzato da un gesto umano e impulsivo.

Orfeo, dopo aver affrontato con successo il viaggio nell’Oltretomba per riportare in vita la sua amata, cade vittima di un’improvvisa “follia” e, violando il patto imposto da Ade e Persefone, si gira a guardarla prima che Euridice sia completamente fuori dall’Ade.

Il suo gesto è descritto come “perdonabile”, ma nonostante ciò, le leggi dell’oltretomba sono inesorabili: Euridice viene risucchiata nuovamente nelle profondità dell’Averno, lasciando Orfeo solo nel suo dolore.

“Quando un’improvvisa follia colse l’incauto innamorato,
perdonabile in verità, se i Mani sapessero perdonare:
si fermò e la sua Euridice, ormai proprio vicino alla luce,
smemorato, ohimè, e vinto nell’animo si volse a guardare. Allora ogni
fatica (fu) sprecata, e (furono) infranti i patti
dello spietato tiranno, e tre volte si udì un fragore nelle paludi Averne.”

Il mito di Orfeo e Euridice

Il mito di Orfeo ed Euridice è uno dei più antichi e toccanti della mitologia greca, e Virgilio lo narra con una sensibilità straordinaria. Orfeo, il più grande musico e poeta dell’antichità, scende negli Inferi per riportare in vita Euridice, sua sposa, morta prematuramente dopo essere stata morsa da un serpente. Grazie alla sua musica, riesce a commuovere Ade e Persefone, i sovrani dell’Oltretomba, i quali gli concedono di portare Euridice con sé, a patto che non si volti a guardarla fino a quando entrambi non saranno completamente usciti dall’Ade.

Questa condizione rappresenta una prova di fiducia estrema, in cui il desiderio umano si scontra con i limiti imposti dalle divinità e dal destino. Orfeo, nel momento culminante, non riesce a resistere alla tentazione di verificare se Euridice sia davvero dietro di lui. Questo gesto, per quanto comprensibile, dimostra come anche i più grandi amori possono essere vittime di debolezze umane. Il mito incarna quindi non solo l’amore, ma anche la fragilità dell’uomo di fronte ai misteri della vita e della morte.

Virgilio descrive la follia di Orfeo come “perdonabile, se i Mani sapessero perdonare”. Il riferimento ai Mani, gli spiriti dei defunti, sottolinea l’ineluttabilità del destino e la severità delle leggi dell’Oltretomba. Anche se il gesto di Orfeo può sembrare comprensibile e umano, non c’è spazio per il perdono nelle rigide regole dell’Ade. Questa mancanza di compassione da parte delle divinità sottolinea un concetto chiave del mondo antico: la superiorità del divino e la sua incomprensibilità rispetto alla condizione umana.

Virgilio usa anche la parola “smemorato” per descrivere il momento in cui Orfeo si gira a guardare Euridice, quasi a suggerire che in quel preciso istante l’eroe perde la sua capacità razionale. Si tratta di un richiamo all’incapacità dell’uomo di controllare completamente le proprie emozioni, specialmente quando si tratta di amore. L’“improvvisa follia” che colpisce Orfeo rappresenta una crisi emotiva inevitabile, qualcosa che l’uomo, pur con tutta la sua saggezza e talento, non può evitare.

Uno degli elementi più potenti della narrazione di Virgilio è la descrizione del “fragore nelle paludi Averne”, che si ode tre volte dopo il fatale errore di Orfeo. Questo rumore simboleggia la rottura definitiva del patto con il tiranno degli Inferi e la disperazione di Orfeo nel rendersi conto che tutto il suo sforzo è stato vano. Il fragore è quasi una reazione naturale dell’ambiente circostante all’infrangere di un equilibrio sacro.

La vicinanza di Euridice alla luce, “ormai proprio vicino alla luce”, accentua ulteriormente il dramma. Euridice è così vicina alla salvezza, così prossima a essere riportata alla vita, ma quel momento fatidico la allontana definitivamente. La luce, in questo contesto, assume un valore simbolico doppio: rappresenta sia la vita, sia la speranza ormai persa. Virgilio usa questa immagine per enfatizzare la tragicità del destino, rendendo la perdita di Euridice ancora più straziante.

Il mito secondo Virgilio

Il mito di Orfeo ed Euridice, come narrato da Virgilio, può essere letto come una meditazione sull’impossibilità dell’uomo di sfidare le leggi divine. Orfeo, con la sua musica sublime, riesce temporaneamente a piegare il volere degli dei, ma alla fine è vittima della sua stessa umanità. Virgilio ci ricorda che l’uomo, per quanto dotato di talento e amore, è intrappolato in un mondo governato da forze superiori che non possono essere completamente comprese o controllate.

Questa lezione è profondamente radicata nella cultura classica: l’uomo è destinato a lottare contro le avversità e, spesso, a fallire. Tuttavia, il valore di Orfeo risiede nel coraggio di aver tentato l’impossibile, di aver sfidato gli dei per amore. Anche se il suo viaggio si conclude in tragedia, il mito ci parla della nobiltà dell’animo umano, che cerca sempre di superare i propri limiti, anche a costo di fallire.

I versi di Virgilio dedicati a Orfeo ed Euridice sono una riflessione profonda sull’amore, la fragilità umana e la condizione dell’uomo di fronte al destino. La tragedia di Orfeo, che perde Euridice a causa di un gesto impulsivo, è un monito sulla difficoltà di mantenere il controllo sulle proprie emozioni e sulla severità delle leggi divine. Tuttavia, è anche un tributo all’eroismo dell’amore, che spinge l’uomo a tentare l’impossibile, anche sapendo che il fallimento è sempre in agguato.

Ma poi, alla fine, è davvero sicuro che Orfeo si sia girato per sbaglio?

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