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Il potere miracoloso del mare secondo Herman Melville

Il mare... Questa immensa distesa d'acqua che ci affascina e ci intimorisce al tempo stesso. Cosa lo rende tanto attraente ai nostri occhi? Herman Melville, di cui ricorre l'anniversario della nascita, ce lo racconta in "Moby Dick".

Ci rilassa, ci attrae. A volte ci irretisce con la sua aura misteriosa e ci spaventa. Il mare è uno degli elementi naturali che l’essere umano ama di più sin dalla notte dei tempi. Questa immensa distesa d’acqua ha ispirato poeti, scrittori ed artisti di tutte le epoche. Fra gli autori che hanno ceduto irrimediabilmente al suo fascino figura anche Herman Melville, di cui oggi ricorre l’anniversario di nascita.

Per l’occasione, esploriamo insieme l’incipit del suo capolavoro, “Moby Dick“, incentrato proprio sul potere che il mare esercita sul Capitano Achab e, più in generale, su noi esseri umani.

Il potere del mare sugli esseri umani

Già a partire dall’incipit di “Moby Dick“, che qui riportiamo nella versione tradotta da Cesare Pavese, si comprende quanto sia potente l’immagine del mare per il protagonista del romanzo e, di riflesso, per il suo autore, Herman Melville:

“Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa – non importa quanti esattamente – avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m’interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. È un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione.

Ogni volta che m’accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell’anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che m’accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto.

Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un bel gesto filosofico Catone si getta sulla spada: io cheto cheto mi metto in mare. Non c’è nulla di sorprendente in questo. Se soltanto lo sapessero, quasi tutti gli uomini nutrono, una volta o l’altra, ciascuno nella sua misura, su per giù gli stessi sentimenti che nutro io verso l’oceano”.

“Cacciare la malinconia”

Il fascino del mare per Achab ed Herman Melville è evidente. Con uno stile prolisso, in cui la paratassi si accumula virgola dopo virgola, sentiamo quasi fisicamente tutti gli affanni sperimentati dal capitano nell’arco delle sue giornate. Il peso della malinconia, così come l’angoscia nei confronti di una vita che talvolta appare troppo fragile e insensata, a volte gravano troppo sull’uomo.

Achab conosce un solo modo per “cacciare la malinconia”: mettersi in mare. È come se questo misterioso elemento naturale esercitasse un ruolo terapeutico anche per il fisico del personaggio: lo intuiamo quando leggiamo che, oltre a “cacciare la malinconia”, il mare ha la funzione di “regolare la circolazione”.

Il mare è taumaturgico. Riesce a dissolvere le paure e le preoccupazioni di un uomo attanagliato dal peso del quotidiano. Quante volte anche noi ci siamo sentiti gravemente attirati dalla negatività di alcune situazioni, irrimediabilmente impauriti di fronte alla banalità del reale, e abbiamo trovato nel mare non solo rifugio, ma anche salvezza?

Herman Melville

Noto soprattutto per aver dato vita alle avventure di “Moby Dick”, Herman Melville è stato un prolifico autore di scritti in prosa ed in versi. Le sue opere sono abitate da una presenza forte e costante: il mare.

Herman Melville nasce il 1° agosto 1819 a New York in una famiglia piuttosto agiata. Nella stessa città riceve la prima istruzione e cresce, alimentato dagli avventurosi racconti del padre, un ricco commerciante che nel 1830 muore, dopo il tracollo dell’attività commerciale e l’infuriare di una malattia psichica.

L’evento luttuoso lascia attoniti Herman Melville e i familiari, che decidono di lasciare New York per trasferirsi in un villaggio fluviale. È qui che il giovane decide di abbandonare gli studi e cominciare a lavorare per aiutare la famiglia, ed è qui che egli matura la decisione di prendere la via del mare.

È il 1839 quando Herman si imbarca in qualità di mozzo su una nave diretta a Liverpool. Questa intensa esperienza porterà il giovane alla stesura del romanzo “Redburn: il suo primo viaggio”, pubblicato nel 1849. Per diversi anni, il mare diventa il compagno fedele di Herman Melville, che così appaga il suo desiderio di viaggiare e conoscere il mondo, e nutre la sua fervida immaginazione.

Nel 1847, le avventure marinaresche hanno fine. Melville torna sulla terraferma e sposa Lizzie Shaw, donna mite e affettuosa che diventa il porto sicuro dell’uomo, che in questo stesso periodo comincia a scrivere ispirandosi al mare e ai suoi ricordi.“Moby Dick”, il capolavoro dell’autore, viene pubblicato nel 1851 e ottiene ottime recensioni, nonostante le ritrosie dei primi editori ad investire sull’opera.

Herman Melville muore nel 1891, a seguito di un attacco di erisipela, addolorato per la prematura scomparsa dei figli e un po’ dimenticato nel mondo della letteratura.

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