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“Estate” di Cesare Pavese, la stagione dell’amore

"Estate" di Cesare Pavese è una passionale poesia dedicata alla donna amata dall'autore. Fra fiori, frutti, colori e profumi, il poeta descrive con trasporto un amore che sembra non avere eguali.

Cesare Pavese, nella sua opera poetica “Lavorare stanca“, inserisce una bellissima poesia dedicata alla stagione estiva. La lirica si intitola “Estate”, e accompagna altre poesie dedicate a Fernanda Pivano, la donna amata dal poeta. Scritta nel 1943, “Estate” continua a raccontarci i paesaggi e le emozioni tipiche di questa stagione tanto amata.

L’amore e la bellezza dell’estate

Cesare Pavese scelse di dedicare ben tre poesie a Fernanda Pivano, conosciuta nel luglio del 1940. Tutte e tre le poesie sono state inserite dal poeta in “Lavorare stanca”, una raccolta poetica che mostra un Pavese molto maturo ma anche malinconico. “Estate” è la seconda poesia dedicata alla donna che, rispetto a “Mattino” (la prima poesia), mostra un’ambientazione e un tempo diversi.

Il percorso amoroso di Pavese verso la Pivano ha inizio in un giardino, un luogo statico e fermo, stabile, ma ricco di colori e profumi. Nella poesia precedente, invece, era il mare a fare da sfondo alla vicenda amorosa. Il pomeriggio, caldo e focoso rappresenta la piena passione del poeta per la donna. Estate, perciò, non celebra solo la stagione estiva, ma anche i sentimenti più forti ed intensi del poeta verso il nuovo amore.

La cosa interessante di questa poesia è il collegamento con “La primavera” di Botticelli. I fiori, il giardino, i colori e i profumi descritti nelle prime strofe di Pavese ci rimandano immediatamente al quadro.

 

Oltre che gli elementi naturali, anche l’atmosfera sensuale, quasi erotica, che vede una donna e l’amore protagonisti assoluti fa pensare al celebre dipinto di Botticelli e ad un’intensa metafora passionale. Pavese chiama la sua amata “prodigio” proprio per innalzare il senso e il valore del suo sentimento.

Estate, la poesia di Cesare Pavese

C’è un giardino chiaro, fra mura basse,
di erba secca e di luce, che cuoce adagio
la sua terra. È una luce che sa di mare.
Tu respiri quell’erba. Tocchi i capelli
e ne scuoti il ricordo.

Ho veduto cadere
molti frutti, dolci, su un’erba che so,
con un tonfo. Così trasalisci tu pure
al sussulto del sangue. Tu muovi il capo
come intorno accadesse un prodigio d’aria
e il prodigio sei tu. C’è un sapore uguale
nei tuoi occhi e nel caldo ricordo.

Ascolti.
Le parole che ascolti ti toccano appena.
Hai nel viso calmo un pensiero chiaro
che ti finge alle spalle la luce del mare.
Hai nel viso un silenzio che preme il cuore
con un tonfo, e ne stilla una pena antica
come il succo dei frutti caduti allora.

Cesare Pavese

Cesare Pavese (1908-1950) è senza ombra di dubbio uno degli autori più importanti della letteratura italiana, uno scrittore e poeta che merita di essere scoperto e apprezzato anche dai lettori contemporanei. Considerato uno degli interpreti più significativi del Novecento, Cesare Pavese ha raccontato nei suoi romanzi e nelle sue poesie, molte delle quali pubblicate postume, la realtà popolare e contadina, ma con uno sguardo sempre rivolto altre letterature europee. Fu tra i primi a interessarsi alla letteratura statunitense, di cui fu anche traduttore.

“Lavorare stanca”

La raccolta che rivelò Pavese scrittore concentra e mette a fuoco un intero universo esistenziale, quello che sarà successivamente declinato nei romanzi e nei racconti. La Torino dei viali, dei corsi, dei prati, delle sponde del Po, delle strade in salita fra siepe e muro, popolata da creature sradicate e notturne; una campagna che non è solo e necessariamente Langa, ma tende a trasfigurarsi in una dimensione mitica e primordiale; un io che rimane distinguibile, nell’irredimibilità della propria solitudine e nell’anelito amoroso e fantastico, pur se mimetizzato nel racconto di vicende altrui.

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