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Lettera di Giuse Cuda

Miei adorati avi,

voi che avete camminato un paio di millenni prima di me su questa terra e che avete costruito e vissuto il mondo romano, a voi oggi va il mio pensiero.
So che queste mie parole, affidate un piccolo pezzo di carta, non arriveranno mai a destinazione, eppure, quando vedo quelle pietre “parlanti” incise nel marmo o nel travertino che ricordano le vostre grandi gesta, mi convinco che un lieve filo rosso che colleghi il passato con il presente possa esistere. Ogni volta che passo la mano su un reperto, che sia un piccolo frammento di coccio o un’elegante parure di gioielli in oro e pietre preziose, è come se riuscissi a mettermi in contatto con voi per un singolo, preziosissimo istante. E allora perchè non posso illudermi che possiate ascoltare queste poche righe?
Chiunque abbia studiato il mondo classico, si è chiesto almeno una volta come doveva essere vivere ai tempi dell’austero Catone il Censore, piuttosto che sotto i fasti di Caligola, Vespasiano o Traiano. Studiando tutto ciò, quell’amore che viveva nascosto dentro di me si è palesato con forza. Spesso mi sono chiesta il motivo di una tale passione. Il mondo che mi circonda in fondo, è un vostro figlio, forse nipote. Molto di voi, delle vostre azioni, delle vostre idee è qui sotto i nostri occhi, permea la cultura contemporanea. Semplicemente ho scoperto le mie origini e me ne sono innamorata. Chi non ama i propri genitori o i propri nonni? Anche quando non sono perfetti, anche quando commettono errori. Sono umani, siamo umani. E l’humanitas è qualcosa che voi conoscete così bene da essere ancora oggi maestri. Ma non tutti i gli ottimi maestri sono sempre ascoltati. Con dispiacere constato che oggi la tecnologia, il saper fare sta scalzando il saper essere, soprattutto in Italia, eppure cos’è l’uomo senza la sua umanità? Voi siete stati capaci di mettere l’uomo al centro. Noi lo stiamo mettendo ai margini. Ed è un errore, credo, che pagheremo negli anni a venire.
Voglio anche chiedervi perdono per utto ciò che di vostro si sbriciola con il passare implacabile degli anni. Quando vedo come spesso tutto ciò che ci avete lasciato venga bistrattato, dimenticato o, a volte distrutto, ho l’impressione che un pezzo del cuore si stacchi. Cos’è l’uomo senza la memoria di ciò che è stato? Come diceva Catullo, le cose belle si custodiscono. Nel mondo ci sono tanti seri problemi, più impellenti e degni di attenzione, ma è il ricordare chi siamo che ci permette di affrontarli nel modo migliore.
Infine, vorrei ringraziarvi per tutto quello che è rimasto e che ha permesso di costruire quello che noi siamo ora oggi. Molti uomini di oggi, la gran parte, io penso, non si rendono nemmeno conto di quanto devono a voi. Eppure acquisire la consapevolezza di ciò che siamo è fondamentale. Per me è stato un lungo percorso e mi ha permesso di affrontare nel modo migliore, le innumerevoli difficoltà che la vita mi ha messo di fronte, in modo spesso crudele.
Se le ho superate è stato anche merito vostro.
Come posso concludere una lettera così improbabile? Forse dicendovi ancora una volta un’improbabile grazie.
Con la speranza che la sensibilità nei confronti del nostro passato sia sempre maggiore.

Con affetto

Giuse

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