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Lettera di Emanuela Mido

Caro nonno,

la nonna, oggi, doveva cambiare le lenzuola. “Il materasso è pesante,” mi ha detto. “Aiutami tu, per favore”. Quando abbiamo finito ed è tornata di là, sono rimasta un istante a toccare il tuo lato del letto. Ho lasciato scorrere le dita sul tuo cuscino, e ci ho avvicinato il naso, ma ormai il tuo profumo è lontano da ricordi e oggetti. La nonna tiene ancora la tua maglietta del pigiama tra la federa e il lenzuolo, e la immagino tutta sola, in quella casa piccina, a dipingere il tuo viso sulle pareti di una memoria consumata.

Da quando sei andato via, non è rimasto più niente. Le luci della città sono diventate accecanti, gli sguardi dei passanti mi scavano dentro e mi spogliano di ogni sicurezza; non si sente più il profumo delle castagne, o quello del pane tostato. Non annuso più le pagine dei libri, e non mi importa più di prendere il raffreddore. Da quando non mi prendi più la mano, da quando non posso più affondare la mia nei tuoi capelli ricci e fini, ho il cuore a pezzi.

Continuo a rivederci su quella poltrona rossa, la sera di Natale, accanto al presepe – mentre tutti si abbracciano e brindano, noi siamo lontani. Tocco le rughe del tuo viso e ci leggo tutti gli attimi che hai condiviso con la nonna, tutte le fatiche per crescere i vostri figli, tutte le volte che mi hai dato un motivo per ridere quando avrei voluto solo piangere.

Ci sono assenze che non ci abbandonano mai, e la tua mi rimane cucita addosso, nella cicatrice al ginocchio che mi hai curato quando abbiamo fatto insieme il bagno al mare e una conchiglia rotta me lo ha fatto sanguinare.

In quella piccola linea verticale, ormai poco visibile, trovo coraggio quando non ne ho.
Mi manchi, e mi mancherai sempre. Ma mi piace immaginare che sei con me, quando il freddo vento dell’autunno mi scompiglia i capelli e sembra che dica:” Resisti. Ce la farai. Ridi.”

Emanuela

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