Sei qui: Home » Poesie » La Resistenza e la sua luce, la poesia di Pier Paolo Pasolini sulla liberazione d’Italia

La Resistenza e la sua luce, la poesia di Pier Paolo Pasolini sulla liberazione d’Italia

Scopri la poesia "La Resistenza e la sua luce" scritta da Pier Paolo Pasolini per riflettere sulla lotta di Liberazione e contro ogni conflitto armato

Partendo da un’analisi del libroPier Paolo Pasolini, il coraggio di essere se stessi“, Pier Paolo Pasolini scrisse: “Poi ci fu la Resistenza” dall’8 settembre del 1943 al 25 aprile del 1945 “e io lottai con le armi della poesia.” Con la guerra oltre a essere mortificati e umiliati i corpi, vengono mortificate le parole e i pensieri.

“Io non ero un partigiano armato, ero un partigiano ideologico” dichiara Pier Paolo Pasolini ai microfoni di Enzo Biagi.

Infatti, a settantanove anni dalla Lotta di Liberazione dall’invasione della dittatura fascista e dall’occupazione nazista, abbiamo selezionato dalla raccolta “La religione del mio tempo” (1961), la poesia dal titolo “La Resistenza e la sua luce” scritta dal poeta civile e uno dei più grandi osservatori della trasformazione della società italiana, Pier Paolo Pasolini.

La Resistenza e la sua luce, Pier Paolo Pasolini

Così giunsi ai giorni della Resistenza
senza saperne nulla se non lo stile:
fu stile tutta luce, memorabile coscienza
di sole. Non poté mai sfiorire,
neanche per un istante, neanche quando
l’Europa tremò nella più morta vigilia.
Fuggimmo con le masserizie  su un carro
da Casarsa a un villaggio perduto
tra rogge e viti: ed era pura luce.

Mio fratello partì, in un mattino muto
di marzo, su un treno, clandestino,
la pistola in un libro: ed era pura luce.
Visse a lungo sui monti, che albeggiavano
quasi paradisiaci nel tetro azzurrino
del piano friulano: ed era pura luce.
Nella soffitta del casolare mia madre
guardava sempre perdutamente quei monti,
già conscia del destino: ed era pura luce.
Coi pochi contadini intorno
vivevo una gloriosa vita di perseguitato
dagli atroci editti: ed era pura luce.
Venne il giorno della morte
e della libertà, il mondo martoriato
si riconobbe nuovo nella luce ….

Quella luce era speranza di giustizia:
non sapevo quale: la Giustizia.
La luce è sempre uguale ad altra luce.
Poi variò: da luce diventò incerta alba,
un’alba che cresceva, si allargava
sopra i campi friulani, sulle rogge.
Illuminava i braccianti che lottavano.

Così l’alba nascente fu una luce
fuori dall’eternità dello stile …
Nella storia la giustizia fu coscienza
d’una umana divisione di ricchezza,
e la speranza ebbe nuova luce.

Il significato della poesia

Pier Paolo Pasolini, con la poesia  “La Resistenza e la sua luce” vuole rievocare i dolorosi giorni di guerra che fecero tremare l’Europa e la sua esperienza personale

La famiglia Pasolini, infatti, per fuggire ai bombardamenti, si rifugiò a Casarsa, un villaggio perduto tra rogge e viti.

Pasolini prosegue nel racconto poetico soffermandosi sul sospiro sofferto di tutte quelle madri, con l’anima in ginocchio, che come Susanna, aspettavano il ritorno dei propri figli rivolgendo perdutamente lo sguardo sui monti.

Madre, aggiunge, Già conscia del destino. 

Poco dopo che suo fratello Guido, prese attivamente parte nella lotta partigiana e venne tragicamente ucciso dai partigiani di Tito nel maggio del 1945 durante l’eccidio di Porzûs.

Il riferimento poetico alla luce, esprime la resistenza della vita oltre il tempo, la morte e la distruzione data dal gesto civile e politicamente democratico.

La Resistenza è intesa come liberazione dell’uomo, dunque luce.

Pasolini e la resistenza

L’intellettuale romano non resta indifferente ai conflitti impiegando le sue sensibili poesie per un’autentica educazione alla pace, spronando il lettore a sviluppare e ricercare i valori dell’armonia sociale, della giustizia e dell’uguaglianza per un’autoeducazione delle persone alla cultura della pace.

Con la poesia Pier Paolo Pasolini vuole testimoniare l’homo homini lupus, l’uomo tornato cannibale richiamandolo a una memoria collettiva, accompagnandolo a una presa di coscienza civile secondo i valori di umanità che guidano armonicamente lo sviluppo democratico del  Paese.

Come scrisse in un articolo, confluito poi in “Scritti Corsari” edito per Garzanti nel 1975:

«Noi siamo un paese senza memoria. Il che equivale a dire senza storia. L’Italia rimuove il suo passato prossimo, lo perde nell’oblio dell’etere televisivo, ne tiene solo i ricordi, i frammenti che potrebbero farle comodo per le sue contorsioni, per le sue conversioni.

Ma l’Italia è un paese circolare, gattopardesco, in cui tutto cambia per restare com’è. In cui tutto scorre per non passare davvero.

Se l’Italia avesse cura della sua storia, della sua memoria, si accorgerebbe che i regimi non nascono dal nulla, sono il portato di veleni antichi, di metastasi invincibili, imparerebbe che questo Paese speciale nel vivere alla grande, ma con le pezze al culo, che i suoi vizi sono ciclici, si ripetono incarnati da uomini diversi con lo stesso cinismo, la medesima indifferenza per l’etica, con l’identica allergia alla coerenza, a una tensione morale.»

Durante un’intervista sulla Resistenza, rilasciata nel 1968, Pasolini disse: “Nel ’44-’45 e nel ’68, sia pure parzialmente, il popolo italiano ha saputo cosa vuol dire – magari solo a livello pragmatico – cosa siano autogestione e decentramento, e ha vissuto, con violenza, una pretesa, sia pure indefinita, di democrazia reale.”

© Riproduzione Riservata