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L’odi et amo per la Sicilia nella poesia incompiuta di Gesualdo Bufalino

Terra incredibile, che narra di bellezza e dolore. Così Gesualdo Bufalino racconta la sua Sicilia in una poesia mai terminata.

Il 14 giugno 1996 scompariva, a causa di un incidente stradale, Gesualdo Bufalino, poeta e scrittore siciliano che ci ha regalato opere di incredibile valore. Lo ricordiamo scoprendo una poesia incompiuta dedicata alla sua terra, la Sicilia.

La poesia incompiuta sulla Sicilia di Gesualdo Bufalino

Sul traghetto di Messina
come due carabinieri
un angelo e un demonio
m’hanno preso sottobraccio
all’orecchio destro e manco
m’hanno detto una parola…

Dove leggere la poesia

I sei versi rimasti incompiuti che Gesualdo Bufalino ha dedicato alla Sicilia sono contenuti en passant in un libretto di rara bellezza che è fra i meno conosciuti dell’autore comisano. Si tratta de “La luce e il lutto”, edito da Sellerio negli anni ’90 e ormai davvero introvabile in libreria.

Il volumetto raccoglie una miscellanea di scritti in cui l’autore racconta la Sicilia e le sue infinite contraddizioni attraverso descrizioni, racconti e aneddoti personali.

La poesia che abbiamo appena letto è tratta dalla prima parte dell’opera; per l’esattezza, dal capitolo iniziale che si intitola proprio “Pro Sicilia”.

Terra di luce e di lutto

Vi raccontiamo, attraverso le vive parole di Gesualdo Bufalino, le riflessioni che hanno fatto nascere i versi appena letti.

In tutta l’opera, Bufalino racconta l’anima sfaccettata e plurale di una terra che, dopo aver vissuto innumerevoli dominazioni, vittorie e disfatte, si è plasmata dal vortice di altrettante contraddizioni, diventando un luogo di luce e di lutto, in cui possono convivere insieme la meraviglia del paesaggio incontaminato e il disastro dello sfruttamento selvaggio di suolo. In cui possono apparire, nello stesso quartiere, la luminosità di associazioni che tutelano la comunità e la libertà e il residuo incatramato della criminalità.

“Chi scelse di battezzare “Caronte” uno dei traghetti che fanno la spola fra la sponda calabra e la sicula, avrà agito senza malizia, per uno sfoggio di memoria classica o, addirittura, per scaramanzia. Certo è che, senza volere, ha finito col ricordare al turista che, non solo sta varcando le soglie di un Paradiso, ma anche di un luogo d’ombra e di pena.

È qui, al cimento di questa contraddizione, che la Sicilia vi aspetta. È come se, navigando fra Scilla e Cariddi, sul solco della nave due sirene affiorassero e vi tentassero con due lusinghe contrarie: una celeste, che parla di gelsomini d’Arabia, letizie di luna, spiagge simili a guance dorate; l’altra scura, infera, con mezzogiorni ciechi a picco sulle trazzere e sangue che s’asciuga adagio ai piedi di un vecchio ulivo.

Nel rapporto fra queste due voci, nel loro incontro e scontro, consonanza e dissonanza, sta il segreto doloroso e la ricchezza della nostra storia.

A farla breve, il primo consiglio a chi sbarca in Sicilia è di spiare in ogni parlata o mimica indigena, in ogni spettacolo naturale e contegno umano, la testimonianza, ora alterna, ora contemporanea, di un fumo nero e di un fuoco”.

“La luce e il lutto” p. 9

Gesualdo Bufalino

Gesualdo Bufalino nasce a Comiso il 15 novembre del 1920. Sin da piccolo scopre l’amore per la lettura e la poesia, attingendo dalla libreria del padre, un fabbro con la passione per i libri. Il giovane Gesualdo sfrutta ogni mezzo per accaparrarsi quotidiani e nuove letture da intraprendere. Studia al liceo classico, poi si iscrive alla facoltà di Lettere di Catania.

Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, gli studi del giovane vengono interrotti dalla chiamata alle armi , che porta Gesualdo Bufalino a combattere in Friuli.

Catturato dai tedeschi poco dopo l’armistizio, riesce a fuggire e si rifugia in Emilia Romagna, dove si mantiene insegnando. Ben presto, però, Bufalino si ammala di tisi, ed è costretto a vivere in un sanatorio per diverso tempo. Tornato in Sicilia, prosegue gli studi a Palermo, dove si laurea con una tesi sull’archeologia.

È l’esperienza del sanatorio che fa maturare in Gesualdo Bufalino il germe della scrittura. Nascerà nel 1981 la “Diceria dell’untore”, l’opera prima dell’autore comisano che lo consacrerà con il Premio Campiello.

Da questo momento, lo scrittore e poeta non cesserà più di scrivere, con lo stile ricercato, che sembra quasi provenire da tempi remoti, che lo contraddistingue. Con “Le menzogne della notte” otterrà il Premio Strega nel 1988.

La grande fama non modifica le abitudini dell’autore, che condurrà per tutta la vita un’esistenza modesta e riservata.

Gesualdo Bufalino ci lascia il 14 giugno del 1996, a causa di un incidente stradale avvenuto fra Comiso e Vittoria.

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