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Lorenzo Baldo (Antimafia Duemila), “Insegniamo ai bambini chi era Giovanni Falcone”

In occasione dell'anniversario della scomparsa di Giovanni Falcone e della sua scorta abbiamo intervistato Lorenzo Baldo, giornalista di Antimafia Duemila

MILANO – La scomparsa di Giovanni Falcone non deve risolversi in una misera giornata commemorativa. E’ dovere civico preservare nel cuore e nelle memorie il ricordo di uomini che hanno sacrificato la loro vita per il bene del paese ogni giorno. E’ questa l’opinione di Lorenzo Baldo, giornalista della testata Antimafia Duemila, realtà nata a Palermo il 25 marzo 2000 per volontà del suo fondatore Giorgio Bongiovanni che ha come obiettivo quello di riportare le informazioni che riguardano le maggiori mafie che infestano il nostro Paese. Lo abbiamo intervistato in occasione del 26simo anniversario della strage di Capaci.

 

Come nasce la testata giornalistica Antimafia 2000?

La testata viene presentata a marzo del 2000 a Palermo, ma ciò che porta alla realizzazione del progetto è appunto la strage di Capaci, come se quella bomba, la morte di Falcone e della moglie, ci avesse indotti in questa strada. Giorgio Buongiovanni, il direttore di Antimafia 2000, da quel momento cominciò a studiare il fenomeno mafioso pensando che il siciliano avrebbe dovuto fare la sua parte per contribuire al raggiungimento della vera e propria vittoria contro la mafia e non solo una semplice battaglia. Quindi, dal 1992 in poi, abbiamo iniziato a studiare il fenomeno leggendo libri, ascoltando le registrazioni dei processi attraverso Radio Radicale e quindi, fino al 1999, quando invitammo ad un nostro convegno Maria Falcone, la sorella di Falcone, che inconsapevolmente ci diede un imput definitivo con cui realizzare il giornale, che parlasse unicamente della lotta contro la mafia, delle stragi di mandanti esterni. Dunque era questo l’obiettivo: fare un giornale di cronaca mafiosa, e nel 2000 nacque il primo numero, che all’epoca era un mensile formato solo da tabloid e che negli anni è diventato un sito internet che ha un rang di centomila lettori, è diventato un punto di riferimento forte per chi ricerca informazione di questo settore.

 

Antimafia 2000 si è estesa anche oltreoceano, in sud America?

Sì. Il nostro direttore ha dei punti operativi anche in sud America, nello specifico siti in Argentina, Uruguay e Paraguay, si sono proprio creati una sorta di succursali, delle redazioni localizzate in quelle tre nazioni che puntano sopratutto alla questione dell’informazione legata al crimine organizzato in sud America.

 

Che importanza ha rappresentato un personaggio come Giovanni Falcone per la storia della società italiana?

Gli esempi di Falcone e di Borsellino, sono sotto agli occhi di tutti, sono stati due pionieri in assoluto. Partendo da Giovanni Falcone che capì fortemente che Cosa Nostra non agiva da sola, quando lui parla del “Gioco Grande”, capisce che ci sono queste famose menti raffinatissime che orchestrano il tutto nell’ombra, gli stessi che avevano organizzato il fallito attentato alla Daura, e capisce che il problema era nettamente più grande di quel che sembrava in apparenza. C’è qualcosa che, insieme a Cosa Nostra, siede al tavolo a tirare le fila di “Gioco Grande” come lo chiamava lui. E lo stesso Paolo Borsellino che, dopo le stragi di Capaci, in quei 57 giorni che separano la strage di via D’amelio, capisce ancora di più, penetrando in profondità nel cuore nero dello Stato e della mafia. Quindi, quando Agnese Borsellino racconta, interrogata dai magistrati di Caltanissetta, che il marito tornò da Roma, pochi giorni prima di essere ammazzato, dicendo: “ho visto la mafia in diretta”, e le parla proprio di una trattativa Stato-mafia, ci si rende conto quanto abbia potuto capire Paolo Borsellino. Quindi noi abbiamo di fronte due uomini, due magistrati  avanti negli anni sulla lotta alla mafia, sulla conoscenza  non solo del fenomeno mafioso ma delle commissioni mafia-politica, Istituzioni, alta Finanza, Vaticano. Siamo di fronte a due persone eccezionali a livello d’intelligenza, intuizione e impegno civile, io penso che al di là di tutto, oltre la preparazione c’era in loro una grandissima componente di umanità ed entrambi, seppur in modo diverso tra loro, pensavano all’importanza del loro lavoro in virtù del futuro delle nuove generazioni, uno spirito di servizio così puro e così nobile, sono più che un esempio per ognuno di noi che ha a cuore il futuro del paese.

 

A distanza di 26 anni, l’opera di Giovanni Falcone ha prodotto dei risultati concreti nell’odierna lotta contro la mafia?

Assolutamente sì, perché tutto quello a cui assistiamo oggi, i risultati a livello di lotta alla mafia, lo si deve sia a Falcone che a Borsellino, ma anche a chi li ha preceduti. Non dimentichiamo Rocco Chinnici e Antonino Caponnetto e tanti altri magistrati ancora, alcuni dei quali sono stati ammazzati per aver osato fronteggiare un mostro come “Cosa Nostra”. Quindi, tutti questi martiri hanno proprio segnato la strada per la lotta alla mafia attuale. Il problema secondo me è l’inverso: in questo momento noi dovremmo pretendere dallo Stato, dal Governo la priorità per la lotta alla mafia, non solo azioni emergenziali, e quindi tutto quello che è stato dato, la vita di queste persone, deve essere uno sprone per chiunque vada a governare prossimamente, per chiunque rappresenti le istituzioni del nostro paese che appunto la lotta alla mafia deve essere prioritaria, la verità sulle stragi deve essere totale, il processo della trattativa Stato-mafia insegna che questa prima sentenza, di primo grado, che attesta che lo stato ha trattato con Cosa Nostra per fermare le bombe nel 1993 (che non sono state fermate anzi, sono state aumentate). Dobbiamo capire fino in fondo perché lo Stato ha trattato con Cosa Nostra e solo così possiamo avere un futuro libero dalla mafia, dalla violenza politico-mafiosa. Mi rendo conto che tutte queste cose sembrano un po’ utopistiche alla luce di com’è strutturata la politica interna, com’è l’impegno istituzionale. Quindi, di fronte a queste ipotesi, sembra molto lontano dal potersi realizzare, serve un impegno della cittadinanza, dei mezzi d’informazione che devono fornire una corretta informazione perché i cittadini hanno il diritto di sapere cos’è stata la mafia, cosa sono state le stragi perché, ripeto, questo processo sulla Trattativa se ne è parlato pochissimo in questi ultimi 5 anni, mentre in un qualsiasi altro paese civile 5 anni di processo sarebbero stati seguiti costantemente dai principali telegiornali e giornali nazionali per spiegare alla gente la gravità di quello che è stato definito una sorta di processo di Norimberga per l’Italia. Ecco, tutto questo serve per dire che noi dobbiamo avere l’obiettivo saldo, avere la memoria di uomini come Falcone e Borsellino ma al presente, con magistrati come Nino Di Matteo, condannato a morte da Cosa Nostra. Innanzi a questo scenario il nostro compito è quello di riappropriarci della nostra dignità di popolo italiano che, partendo da questi grandi uomini, pretende oggi una lotta alla mafia seria e una priorità nell’agenda politica, quindi non solo nomi da commemorare il 23 maggio o il 19 luglio, ma una presenza quotidiana 365 giorni all’anno a livello politico, mediatico e istituzionale. Questo penso sia il modo migliore per ricordare Falcone e Borsellino.

 

Quanto è importante ricordare la figura di Falcone e Borsellino per le generazioni di oggi?

Continuo a pensare che sia fondamentale partire dalle elementari a parlare di questi giudici ai bambini, che possono essere forse ancora più recettivi e più innocenti, nel senso più nobile del termine, senza pregiudizio e infiltrazioni politiche e di qualsiasi altra natura. Quindi, partendo dalle elementari fino all’università è fondamentale parlare sia del passato e, come detto poc’anzi anche del presente. I magistrati che oggi lottano costantemente contro questo cancro che chiamiamo mafia.

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