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5 mostre da vedere alla Biennale del Disegno di Rimini

Vi segnaliamo 5 mostre che prenderanno il via dal 4 maggio 2024 a Rimini, in occasione della Quarta edizione della Biennale del Disegno

Con l’inizio del mese di maggio, vi segnaliamo 5 interessanti mostre che prenderanno il via dal 4 maggio 2024 al 28 luglio 2024 a Rimini, in occasione della Quarta edizione della Biennale del Disegno sul tema del “Ritorno al Viaggio”: in programma 12 mostre, presenze internazionali, mostre storiche e il Cantiere Disegno.

La Quarta edizione della Biennale del Disegno

Dai taccuini di Felice Giani a quelli di Mattotti, dagli acquerelli settecenteschi al Novecento di Thayaht, dalle incisioni di Piranesi ai disegni di Morandi, Fontana, Fautrier per giungere agli artisti contemporanei – Torna a Rimini la Biennale del Disegno con la quarta edizione dal titolo: “Ritorno al Viaggio, dal Grand Tour alla fantascienza” che, dal 4 maggio al 28 luglio, apre 12 mostre in contemporanea.

Protagonisti i luoghi simbolo della città: dal Museo della città a Castel Sismondo, dalla Biblioteca Gambalunga al Palazzo del Fulgor, al Grand Hotel.

Questa quarta edizione, dal titolo “Ritorno al Viaggio, dal Grand Tour alla fantascienza”, con il suo format di mostre dislocate nelle diverse sedi istituzionali: Museo della Città, Biblioteca Gambalunga, Palazzo del Fulgor e Castel Sismondo.

Inoltre il Circuito Open, espressione del dialogo diretto e interagente con la città e il suo territorio, che comprende altre esposizioni in spazi privati e pubblici (gallerie, studi d’artisti e d’architettura, librerie).

12 mostre in contemporanea espongono 1.000 disegni che provengono dall’Accademia Reale di San Fernando di Madrid e dai Fonds Regionale d’Art Contemporain de Picardie, da importanti collezioni private come i disegni di Morandi, Fontana e Fautrier, che spaziano dai taccuini di viaggio di Felice Giani a quelli di Lorenzo Mattotti dalle incisioni di Piranesi al Novecento di Thayaht. E ancora dai Carteles del cinema cubano ai disegni del primo film d’animazione italiano “La Rosa di Bagdad” per giungere agli artisti contemporanei che espongono nel Cantiere Disegno.

Il tema di questa edizione, curata da Massimo Pulini, è il Ritorno al viaggio come esito e ispirazione, ma anche come registrazione e contaminazione dal presente al passato.

Quel che hanno prodotto gli artisti in questo tempo epocale, ma anche quello che, nei secoli passati, hanno espresso grazie ai viaggi, come durante la stagione del Grand Tour (il lungo viaggio nell’Europa continentale intrapreso dai ricchi dell’aristocrazia europea a partire dal XVIII secolo e destinato a perfezionare il loro sapere) preso a stella polare di questa ripartenza della Biennale.

La formula dell’evento è quella già sperimentata nelle precedenti edizioni, composta da un corollario di esposizioni parallele e congiunte, incontri con specialisti, studiosi e giornalisti, reading, conferenze, performance, lezioni, art talk, atelier didattici attorno al disegno in tutte le sue accezioni.

Le mostre da vedere alla Biennale del Disegno

Abbiamo selezionato per voi 5 mostre da non perdere.

IL TESORO DELLA WESTMORLAND. I disegni predati del Grand Tour

Se non si trattasse di una storia ben documentata, potrebbe sembrare il soggetto per un film o un romanzo d’altri tempi.
Invece questa mostra nasce da uno straordinario fatto di cronaca militare svoltosi nel 1778, quando dal porto di Livorno salpa Westmorland, una veloce nave mercantile armata di cannoni.
Willis Machell, il comandante, ha il compito di condurla al porto di Londra, dove l’attendono coloro che le hanno affidato i loro tesori.

Nella stiva protegge un carico diversamente prezioso: 33 grandi forme di Parmigiano e una serie di casse zeppe di opere d’arte acquistate da baronetti inglesi nel corso del loro Grand Tour in Italia.
Sono gli anni della Guerra d’Indipendenza Americana che, sul fronte del Mediterraneo, vede contrapporsi inglesi e francesi.

La sorte non favorì la Westmorland che finì catturata dalla Marina Francese e condotta, sotto scorta, fino al porto di Malaga. Lì, dopo rocamboleschi passaggi di mano, il carico di opere d’arte viene venduto al Re di Spagna che lo destina alla Real Academia de Bellas Artes de San Fernando di Madrid, dove tuttora si trova. Ben custodito ma muto e invisibile.

Per la cronaca, le non memo preziose ruote di Parmigliano, e le altre derrate alimentari, furono acquistate dalla Compañía de Longistas de Madrid.
Quel fondo d’arte costituisce un patrimonio intatto e preziosissimo che restituisce a noi le esperienze di viaggio del mitizzato Grand Tour, di quel romanzo di formazione che i giovani dell’aristocrazia britannica erano tenuti a condurre.

Da quell’ingente patrimonio, fatto di intere biblioteche, di casse piene di spartiti musicali mai più suonati, di dipinti e incisioni mai più ammirati, la Biennale Disegno ha potuto estrarre una serie di acquerelli di William Hamilton (Chelsea 1751 – Londra 1801) ma soprattutto di John Robert Cozens (Londra 1752-1797), che ritraggono laghi vulcanici della campagna romana, vedute del Vesuvio e dei Campi Flegrei, assieme ad altre testimonianze di quella eccezionale vicenda storica di una nave che invece di svolgere un viaggio geografico ne ha effettuato uno nel tempo.

Queste opere, che il pubblico può ammirare per la prima volta, costituiscono uno degli appuntamenti espositivi di punta della quarta edizione della Biennale del Disegno. La mostra è a cura di José Marìa Luzòn, Direttore della sezione artistica dell’Academia Real di San Fernando di Madrid, e Massimo Pulini.
Evento nell’evento, nel periodi di mostra si prevede l’esecuzione concertistica di alcune composizioni inedite di Christian Joseph Lidarti (Vienna, 23 febbraio 1730 – Pisa,1795), presenti nel fondo madrileno. Ridando così voce a note da troppo tempo mute.

I MIGLIORI VIAGGI DELLA NOSTRA VITA. Disegni e storie di avvistamenti, rotte, transiti, Museo della Città “L. Tonini” – Rimini 

Nella mostra, curata da Eleonora Frattarolo, sono esposti disegni in bianco e nero, a colori, su carta, su ceramica, in video, che 15 artisti hanno creato per fermare la memoria visiva di un viaggio, e, con essa, frammenti di tempo della propria vita.

Si tratta di viaggi esemplari, ad alta densità emotiva e spirituale, che hanno generato opere d’arte potenti per forma e significato. In un’epoca in cui il modello culturale del viaggio è preconfezionato dalle agenzie di viaggio e dal conformismo social, I migliori viaggi della nostra vita riempie di stupore e di meraviglia per l’assoluta bellezza e singolarità delle immagini esposte.

La mostra è divisa in due sezioni; la prima dedicata a geo-grafie di viaggi e transiti in paesaggi memorabili, la seconda a rotte e avvistamenti mentali, intimi e segreti.

VIAGGIO IN UNA STANZA. Una collezione d’arte moderna incorniciata all’antica. Le opere dello Studiolo Rivi , Rimini, Museo della Città “L. Tonini”

La mostra pone un originale dilemma: quadro o cornice? O meglio, da cosa si parte, cosa viene prima?
Consuetudine vuole che la seconda, ovvero la cornice, sia ancillare all’opera d’arte: prima l’artista crea l’opera, poi intorno ad essa un artigiano mette la cornice.

Ma in Italia c’è una collezione – e che collezione – dove a menar le danze è proprio la cornice, pur essedo il suo contenuto, ovvero il quadro, opera di artisti sicuramente tra i più importanti del ‘900 italiano e non solo. I nomi degli “incorniciati” sono quelli di Accardi, Afro, Angeli, Appel, Arman, Baj, Birolli, Brunori, Bonalumi, Capogrossi, Carmassi, Cassinari, Corpora, Crippa, Dorazio, Dova, Fontana, Fautrier, Guttuso, Hartung, Ligabue, Jenkins, Manzoni, Marca Relli, Mathieu, Melotti, Morandi, Munari, Nigro, Perilli, Pomodoro, Rotella, Ruggeri, Sam Francis, Sanfilippo, Santomaso, Scanavino, Schifano, Scialoia, Shimamoto, Schneider, Sironi, Sumi, Tancredi, Tapies, Tobey, Turcato, Vedova, Veronesi, Savelli, Mastroianni, Alviani e Masson.

Questa “rivoluzione” è frutto dello straordinario gusto – e competenza – di Lia e Daniele Rivi che non sanno dividersi tra due passioni: collezionano dagli anni ’80 carte di artisti italiani e stranieri degli anni ’50 e ’60 e preziose cornici antiche, dal XVI al XVIII secolo, che hanno il compito di ornare, impreziosire e personalizzare opere d’arte moderna con uno spiccato gusto per l’Informale italiano.

Il loro Studiolo, spazio privato, contenuto, ma ricchissimo e oggetto di questa mostra raccoglie a oggi una settantina di opere che colpiscono sia per la bellezza e ricchezza delle cornici sia per la qualità, l’eleganza e l’omogeneità delle carte, le quali costituiscono una delle più raffinate e originali collezioni private di opere su carta degli anni centrali del XX secolo.

Perché unire un’opera d’arte moderna, informale o astratta, a una delicata e preziosa opera di ebanisteria e d’intarsio come una ricca cornice bolognese del XVII secolo?

Quale il senso e il significato di tale operazione?

La mostra, ospitata negli spazi del Museo della Città di Rimini e curata da Alessandra Bigi Iotti, cerca proprio di approfondire il problematico e stimolante rapporto tra quadro e cornice, affrontato in dettaglio nel catalogo da Pietro Conte, docente di estetica all’Università Statale di Milano.

EVERYTHING SPOKE SO VIVIDLY. Disegni dalla Collezione FRAC – Picardie, Amiens, Rimini, Museo Fellini, Ala di Isotta

Il fior fiore della mitica Collezione del FRAC Picardie di Amiens, eccezionalmente in Italia, Ospite d’onore della quarta edizione della Biennale del Disegno di Rimini.

La FRAC di Amiens è ritenuta tra le più importanti, se non la più importante raccolta pubblica in Europa specializzata sul disegno. Riunisce 1300 opere di 250 artisti francesi e internazionali, a documentare – a livello di assoluta eccellenza – le diverse declinazioni del disegno contemporaneo, dal secondo dopoguerra ad oggi.
Everything spoke so vividly, scelto a titolo dell’esposizione riminese, riconduce alla sensazione di stordimento provata dallo scrittore francese Stendhal mentre, nel 1817 era in Italia impegnato nel Grand Tour.

«Ero giunto a quel livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati. Uscendo da Santa Croce, ebbi un battito del cuore, la vita per me si era inaridita, camminavo temendo di cadere». Così descrive quella che da allora sarà definita come la “Sindrome di Stendhal”.

Nell’accezione di questa grande mostra, quella frase, con giusta libertà poetica, descrive cosa può essere disegno: un gesto veloce, un lampo di creatività e intensità vitale. Soprattutto quando il disegno è realmente opera creata da un vero artista. E di opere di grandi artisti la mostra è veramente ricca.

Valgano i nomi di Giuseppe Penone, Raymond Pettibon, André Masson, Francois Morellet, Pierrette Bloch, Stéphanie Mansy, Jean-Chistophe Norman, Marlene Dumas, Konrad Klapheck, Yazid Oulab, Edithe Dekyndt, Robert Morris, Boryana Petkova, Françoise Pétrovitch, Jean-Luc Verna, Nancy Spero, Sandro Chia, Enzo Cucchi, Ed Ruscha, Annette Messager, Agnes Martin, Matt Mullican, Pier Paolo Calzolari, Cy Twombly.

LA ROSA DI BAGDAD. Alla riscoperta del primo film animato italiano, Rimini, Palazzo del Fulgor-Fellini Museum

Un episodio importantissimo della Storia del Cinema italiano, viene finalmente riportato alla luce e documentato, valorizzato nell’ambito della Biennale del Disegno di Rimini nella sede più consona e prestigiosa: il Palazzo del Fulgor.

La mostra “La Rosa di Bagdad. Alla riscoperta del primo film animato italiano” è a cura di Andrea Losavio.
“La Rosa di Bagdad” costituisce il primo leggendario lungometraggio a disegni animati italiano (primato condiviso con la pellicola I Fratelli Dinamite di Nino Pagot). Venne realizzato fra gli anni 1940 e 1949, a colori.

Altro primato assoluto, si tratta del primo film italiano girato interamente a colori con la tecnica del technicolor, procedimento realizzato presso studi cinematografici londinesi, gli unici a disporre di tale processo pionieristico.

Venne prodotto e diretto da Anton Gino Domeneghini, creativo pubblicitario milanese, folgorato dai films animati Disney, soprattutto da Biancaneve e i sette nani (1937), a cui si ispirò dichiaratamente per la realizzazione della “La Rosa di Bagdad”, nonché dai racconti “Le mille e una notte”, pur mantenendo un carattere di forte originalità estetica.

Fra i collaboratori chiamati da Domeneghini, artisti e disegnatori di primissimo piano del panorama nazionale del tempo. Tra loro Angelo Bioletto, famoso autore delle figurine Perugina dell’epoca, qui nella veste di ideatore dei personaggi. E gli illustratori scenografi Gildo Gusmaroli e Libico Maraja, capaci di affrescare magnifici fondali, ricchissimi di minuziosi dettagli di grande realismo lirico, in grado di competere con le migliori produzioni Disney.

Nella compagine anche Riccardo Pick Mangiagalli, musicista e compositore di fama internazionale, allievo anche di Richard Strauss a Vienna, poi direttore del Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano.

Per la colonna sonora originale del film, Mangiagalli attinse anche dalla tradizione operistica italiana. Indimenticabile la sequenza in cui la principessa Zeila con voce suadente intona, al calar del sole che illumina tutta Bagdad, un canto capace di ammaliare il suo amato popolo…

La grande professionalità e le altissime capacità degli artefici del film, hanno fatto della “La Rosa di Bagdad” un assoluto capolavoro dell’animazione.

Migliaia e miglia di disegni (fra sketch, layout e disegni di produzione) e di rodovetri (fogli trasparenti dipinti sul retro e applicati sui fondali per consentire di fotografare, fotogramma per fotogramma, i movimenti dei personaggi), diverse centinaia di minuziosi fondali anche dal grande formato, costituiscono lo straordinario Patrimonio cartaceo che consente ancora oggi, età del digitale, di cogliere appieno lo straordinario lavoro svolto per la realizzazione del Film (76 minuti di durata per 120 mila sequenze a passo 1 -fino ad 24 disegni per un secondo di animazione-).

Lo stesso Disney spese parole molto lusinghiere sul film, lodando in particolare, come sperimentali di grande efficacia e qualità, due sequenze: una “aerea” – l’inseguimento in volo del giovane protagonista Amin da parte del perfido Burk – e una sottomarina – Amin che fugge gettandosi nel fiume, nuotando sott’acqua per sfuggire ancora una volta al malvagio Burk.

La costruzione del film, lunga ed avventurosa, venne più volte interrotta dagli eventi bellici.
“La Rosa di Bagdad” venne finalmente presentata, con successo di critica e pubblico, alla Biennale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 1949, aggiudicandosi il primo premio internazionale di cinema per ragazzi.
Nella medesima edizione venne proiettato anche I Fratelli Dinamite di Nino Pagot.

Nonostante la buona accoglienza del film e i numerosi riconoscimenti anche internazionali, Domeneghini non diede alcun seguito all’esperienza e ritornò a lavorare nel mondo pubblicitario.
Dopo il lungometraggio “la Rosa di Bagdad”, l’animazione italiana si dedicò per circa un ventennio a produzioni animate a servizio della pubblicità, prima su Grande Schermo e poi dal 1957 per la celeberrima trasmissione RAI TV Carosello.

Ci vorranno ben altri 16 anni prima di vedere un nuovo lungometraggio animato italiano per il Cinema, realizzato dal genio Bruno Bozzetto con il capolavoro West and Soda del 1965.

In mostra una trentina di opere originali (tutte di prestatori privati), di straordinaria qualità, esposte al pubblico per la prima volta, fra le quali alcuni preziosissimi ed elaborati fondali dipinti a mano firmati da Libico Maraja e Gildo Gusmaroli, Sandro Nardini, rodovetri di produzione e disegni originali realizzati da Angelo Bioletto.

La mostra si completa con la proiezione integrale del film, su parete dedicata di grande dimensione, così da restituire tutta l’atmosfera della sala buia del Grande Schermo.

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