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Seid Visin, la lettera contro il razzismo del 20enne suicida

L'atto d'accusa contro il razzismo scritto due anni fa da Seid Visin è stato letto integralmente stamane durante i suoi funerali.

Il giovane calciatore Seid Visin, arrivato dall’Etiopia in Italia e adottato da una coppia di Nocera Inferiore (Salerno), si è suicidato impiccandosi nella casa della famiglia. Non aveva compiuto ancora 21 anni.  La sua storia di speranza e di delusione ha fatto il giro dei social e per un ultimo saluto sono intervenuti anche i suoi vecchi compagni di squadra che con lui avevano iniziato la carriera di calciatori nelle giovanili. 

Chi era Seid Visin

Il ragazzo era nato in Etiopia ed era stato adottato in Italia, da piccolo, a Nocera Inferiore .Aveva giovato nelle giovanili del Milan insieme a Donnarumma e indossato la maglia del Benevento. Era tornato a casa a studiare e prendersi il diploma di liceo scientifico. Giocava ancora, ma nella squadra di calcio a 5 dell’ Atletico Vitalica.

I genitori di Seid Visin hanno affidato all’emittente Telenuova una dichiarazione per smentire che il gesto estremo di Seid sia da ricollegare ad episodi di razzismo. Tuttavia, è innegabile il disagio che il giovane provasse da tempo in merito agli episodi di discriminazione vissuti sulla sua pelle. Tratta dal Corriere della Sera, ecco il contenuto della lettera che il giovane Seid Visin aveva inviato ad alcuni amici e alla sua psicoterapeuta nel gennaio 2019, per condividere il suo disagio. L’atto d’accusa contro il razzismo scritto due anni fa da Seid Visin è stato letto integralmente stamane nella chiesa di  San Giovanni Battista, accolto da un lungo applauso, nel corso dei funerali. 

La lettera contro il razzismo di Seid Visin

«Dinanzi a questo scenario socio-politico particolare che aleggia in Italia, io, in quanto persona nera, inevitabilmente mi sento chiamato in questione. Io non sono un immigrato. Sono stato adottato quando ero piccolo. Prima di questo grande flusso migratorio ricordo con un po’ di arroganza che tutti mi amavano. Ovunque fossi, ovunque andassi, ovunque mi trovassi, tutti si rivolgevano a me con grande gioia, rispetto e curiosità. Adesso, invece, questa atmosfera di pace idilliaca sembra così lontana; sembra che misticamente si sia capovolto tutto, sembra ai miei occhi piombato l’inverno con estrema irruenza e veemenza, senza preavviso, durante una giornata serena di primavera.

Adesso, ovunque io vada, ovunque io sia, ovunque mi trovi sento sulle mie spalle, come un macigno, il peso degli sguardi scettici, prevenuti, schifati e impauriti delle persone. Qualche mese fa ero riuscito a trovare un lavoro che ho dovuto lasciare perché troppe persone, prevalentemente anziane, si rifiutavano di farsi servire da me e, come se non bastasse, come se non mi sentissi già a disagio, mi additavano anche la responsabilità del fatto che molti giovani italiani (bianchi) non trovassero lavoro.

 

 

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