Il rapporto tra Victoria Ocampo e Rabindranath Tagore iniziò con un profondo scambio epistolare, attraverso cui si rivelò gradualmente la complessità dei loro sentimenti e delle loro personalità. Victoria, una donna colta e poliglotta, che si era avvicinata alle opere del poeta indiano sin dal 1914, si innamorò delle sue parole ben prima di incontrarlo di persona. Questo amore per la sua arte si sviluppò ancor di più quando Tagore arrivò a Buenos Aires, nel 1924, per riprendersi da una grave malattia.
Rabindranath Tagore e Victoria Ocampo
L’inizio del loro legame fu segnato dall’incontro a Buenos Aires, dove Rabindranath Tagore soggiornava al Plaza Hotel, un luogo che trovava poco accogliente e caotico. Victoria, affascinata e intimidita dalla figura del poeta, si considerava estremamente impacciata durante il loro primo incontro, a causa della sua profonda ammirazione per lui. Tuttavia, nonostante la timidezza iniziale, prese coraggio e fece una proposta che avrebbe cambiato la loro dinamica: invitò Tagore a trasferirsi nella sua villa a San Isidro, chiamata Miralrio, per offrirgli un rifugio più tranquillo e lontano dai fastidi mondani.
Rabindranath Tagore, a sua volta, accettò l’invito, esprimendo un senso di solitudine che si era acuito nonostante la sua fama internazionale, a seguito del Premio Nobel per la letteratura. Questo sentimento di isolamento era in parte legato alle dolorose perdite familiari che aveva subito nel corso della sua vita, dalla morte della madre e della cognata amata, al suicidio di quest’ultima e alla prematura scomparsa della moglie. Queste esperienze avevano lasciato un vuoto affettivo in Tagore, che, seppur acclamato in tutto il mondo, si sentiva privo di cure amorevoli.
Victoria Ocampo, una volta accettato il poeta nella sua villa, cominciò a sviluppare un sentimento amoroso sempre più forte nei suoi confronti. Questo amore era alimentato dalla loro frequentazione quotidiana e dalla crescente intimità emotiva. Tagore, durante la sua permanenza a Miralrio, scrisse molte poesie, alcune delle quali furono tradotte per Victoria, e successivamente raccolte nel volume Purabi. Il legame tra i due si intensificò, tanto che Victoria Ocampo passò dall’essere una semplice ammiratrice a provare una passione crescente, sebbene fosse sempre temperata dalla sua venerazione per il “Gurudev”, il nome onorifico con cui chiamava Rabindranath Tagore.
Tra passione e letteratura
Le lettere che Victoria Ocampo scrisse a Rabindranath Tagore durante il suo soggiorno riflettono un’intensità emotiva sempre più marcata. In esse, la donna esprimeva una serie di sentimenti contrastanti, tipici di un amore quasi mistico ed erotico. Questo aspetto fu notato anche da Drieu La Rochelle, un futuro amante di Victoria, che la definì una “mistica carnale”. Nelle lettere emerge un forte senso di devozione, ma anche una sofferenza latente, poiché Victoria si sentiva impotente di fronte alla grandezza intellettuale e spirituale di Tagore, incapace di colmare il divario tra il suo amore terreno e la missione umanistica universale del poeta.
Uno degli elementi centrali della relazione fu la gelosia che Victoria Ocampo provava nei confronti di Leonard Elmhirst, il segretario di Rabindranath Tagore, che aveva la possibilità di stare accanto al poeta senza le restrizioni sociali che invece limitavano Victoria. Questo sentimento era accompagnato da una paradossale attrazione verso lo stesso Elmhirst, culminata in un episodio in cui Victoria tentò un approccio fisico, che fu però respinto. Nonostante questo rifiuto, la donna riconobbe in Elmhirst una purezza di cuore e una gentilezza disinteressata, e mantenne un’amicizia duratura con lui.
Il rapporto tra Victoria Ocampo e Rabindranath Tagore rimase sempre segnato da un’inevitabile distanza, non solo fisica, ma anche emotiva. Nonostante la vicinanza quotidiana e il forte legame che si era creato, Victoria percepiva che il poeta non era in grado di comprendere o accettare pienamente il suo amore. Tagore, dedito alla sua missione spirituale e letteraria, appariva spesso inaccessibile, incapace di offrire a Victoria l’affetto e l’attenzione che lei desiderava. Questo senso di frustrazione e impotenza era mitigato dalla gioia di poter essere utile al suo amato, offrendogli un rifugio sicuro e un sostegno pratico durante la sua convalescenza.
Un rapporto simbolo delle sfide in amore
In conclusione, la relazione tra Victoria Ocampo e Rabindranath Tagore fu un incontro di anime profondamente diverse, unite dalla comune passione per la cultura e la letteratura, ma separate da un abisso di incomprensioni e aspettative non soddisfatte. Victoria, nella sua adorazione per il poeta, si trovò a vivere una dicotomia tra la gioia di essergli vicina e il dolore di non poter essere amata come desiderava. Il loro legame, sebbene intenso e significativo, rimase sempre segnato da una distanza insuperabile, simbolo delle complessità e delle sfide intrinseche nell’amore.
Il bellissimo carteggio si trova, in italiano, riunito nel volume “Non posso tradurre il mio cuore – Lettere 1924-1940” edito da Archinto.