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“Io non potrò mai averla per me”, l’amore tra Heidegger e Arendt

"Questa sera devo tornare a farmi vivo con lei e a parlare al suo cuore", la lettera d'amore di Heidegger ad Hannah Arendt, simbolo di una tormentata storia d'amore

Nell’autunno del 1924 Martin Heidegger e Hannah Arendt si conoscono a Marburg, dove lui insegna. Heidegger ha 35 anni, è sposato, ha due figli; Hannah Arendt ha 19 anni ed è sua allieva. I due sapevano che il loro era un amore senza futuro ma si lasciarono travolgere dai sentimenti e dalla passione.

Dopo essere divenuti amanti i due si separarono ma, nonostante ciò, continuarono ad amarsi “da lontano” per tutta la vita. La loro travagliata storia d’amore è raccontata nelle lettere e nei bigliettini che Martin ed Hannah si scambiarono fino alla fine dei loro giorni. Ecco una delle prime lettere che Heidegger scrisse ad Hannah.

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La lettera di Martin Heidegger ad Hannah Arendt 

“Cara signorina Arendt
questa sera devo tornare a farmi vivo con lei e a parlare al suo cuore. Tutto tra di noi deve essere schietto, limpido e puro. Soltanto così saremo degni di aver avuto la possibilità di incontrarci. Il fatto che lei sia stata mia allieva e io il suo insegnante è soltanto l’occasione esteriore di quello che ci è accaduto. Io non potrò mai averla per me, ma lei apparterrà d’ora in poi alla mia vita, ed essa ne trarrà nuova linfa. Noi non sappiamo mai ciò che possiamo diventare per gli altri attraverso il nostro essere.

Forse tuttavia una meditazione può chiarire quale azione di distruzione e ostacolo esercitiamo. Non possiamo sapere quale via prenderà la sua giovane vita. Dobbiamo rassegnarci a questo. E la mia devozione nei suoi confronti deve soltanto aiutarla a rimanere fedele a se stessa. Che lei abbia perduto “l’inquietudine” significa che ha trovato il nucleo più intimo della sua essenza di pura fanciulla. E un giorno capirà e si sentirà riconoscente – non certo nei miei confronti- del fatto che la visita fatta durante “l’ora di ricevimento” sia stata il passo decisivo per andare oltre la via tracciata, riconducendola alla feconda solitudine della ricerca scientifica, che solo l’uomo sopporta – e solo colui che ha ricevuto insieme l’onere e il furore di essere creativo.

“Gioisca!” questo è divenuto il mio saluto per lei. E soltanto se lei gioisce potrà diventare la donna capace di donare gioia, e intorno alla quale tutto è gioia, sicurezza, rilassamento, ammirazione e gratitudine verso la vita…”

Relazione clandestina

La relazione, clandestina, tra Heidegger e Arendt va avanti per mesi con tutte le difficoltà e il tormento che questo comporta. Heidegger scrisse un’altra lettera, datata 10 gennaio 1926, la quale deve essere stata preceduta da lettere della Arendt in cui la futura filosofa si lamentava di essere stata dimenticata. È il periodo in cui Heidegger sta redigendo il suo capolavoro, Essere e tempo. In questa missiva, l’uomo ammette di averla volutamente trascurata, non a causa di circostanze esteriori che si siano intromesse, ma “perché sono stato costretto a dimenticarti e ti dimenticherò ogni qual volta mi ritroverò a dover lavorare con assoluta concentrazione.”

Tuttavia, alla fine del semestre invernale 1925/1926, la Arendt lascia Marburgo per trasferirsi ad Heidelberg e quindi laurearsi lì con Jaspers sul tema dell’amore in Agostino. Vi furono ancora sporadici contatti che testimoniano il perdurare di questa tormentata storia d’amore.

L’incontro a Friburgo

Il 26 settembre 1929 Hannah Arendt e un allievo di Heidegger, Günther Stern  si sposano a Nowawes nei pressi di Berlino. Nel novembre 1949 la Arendt rientra in Germania con un incarico ufficiale della “Commission on European Jewish Cultural Reconstruction” allo scopo di recuperare i beni della comunità ebraica tedesca espropriati dai nazisti decidendo di fare visita ai coniugi Karl e Gertrud Jaspers. In quella circostanza Jaspers mostrò alla Arendt la sua corrispondenza con Heidegger, mentre la Arendt confidò a Jaspers la sua storia d’amore giovanile con il filosofo.

L’incontro con Heidegger avviene il 7 febbraio del 1950, nella lobby di un albergo di Friburgo. La Arendt ha avvertito Heidegger della sua presenza con un biglietto su cui aveva vergato le sole parole e senza firma, «Sono qui». Lui si reca immediatamente al suo albergo con l’intenzione di lasciare una lettera dal contenuto piuttosto formale, ma, giunto lì, non si trattiene e per mezzo del fattorino a cui ha consegnato la lettera comunica la sua presenza all’ex allieva. La Arendt non si cura della lettera che mette in tasca e raggiunge Heidegger. Non è dato di sapere cosa i due si siano detti, ma è probabile che gli argomenti vertessero sull’adesione al nazismo da parte di lui, quindi della vicenda del Rettorato, il suo successivo allontanamento dal regime, le vicende inerenti ad Husserl e a Jaspers, del di lei divorzio da Stern, degli anni dell’esilio.

Il giorno dopo ci sarà un nuovo incontro, questa volta a tre, con la presenza della moglie di Heidegger, Elfride, incontro che il filosofo tedesco aveva tanto auspicato. L’incontro non fu sereno ma nella lettera che la Arendt scrive alla moglie di Heidegger, Elfride, emergono circostanze importanti riguardanti la Arendt e l’incontro stesso che aveva come punto centrale la figura di Heidegger, amato da ambedue le donne, ma che deve essere sfociato anche in una polemica che avrebbe riguardato i temi degli ebrei e dei tedeschi. 

Il 19 maggio del 1952 Hannah Arendt fa nuovamente visita ai coniugi Heidegger, ma il rapporto con la signora Elfride non migliora a tal punto che nella lettera al marito Heinrich Blücher gli confiderà che fu costretta a una scenata.

L’ultimo messaggio

Nel 1960 la Arendt pubblica in Germania una delle sue opere migliori Vita activa oder vom tätingen Leben, che due anni prima era stata pubblica negli Stati Uniti (Chicago) con il titolo The Human Condition. Una copia verrà fatta spedire dalla Arendt a Heidegger.

Nel lascito della Arendt è conservata una minuta scritta a penna che si desume la filosofa non abbia spedito a Heidegger in cui si legge la dedica del libro:

«De Vita activa
Come faccio a dedicarlo a te,
l’intimo amico,
cui sono e non sono
rimasta fedele,
sempre per amore»

Franco Volpi, filosofo e specialista di Heidegger, così chiosa: «Fu l’ultimo gesto di una passione durata una vita intera.»

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