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Bucha come Srebrenica, dopo 28 anni l’orrore si ripete

Fulvio Gorani, per anni inviato di guerra per la Rai, prima nell’ex Jugoslavia e poi in Iraq e in Medio Oriente, commenta le immagini di Bucha di questi giorni e l'inevitabile parallelismo con il massacro di Srebrenica che ha potuto vedere con i suoi occhi

L’altro ieri sera, guardando le immagini di Bucha, in Ucraina mentre venivano trasmesse al TG delle 20.00, non ho potuto fare a meno di ripensare ad un episodio vissuto personalmente ventotto anni fa, nel 1993/94. Mi trovavo a Pale, nella parte serba della Bosnia, durante la guerra nella Ex Jugoslavia. Grazie alla bravura e alla diplomazia del mio Producer, Boban Radovanovic, ero riuscito ad ottenere un salvacondotto dell’Ufficio Stampa di Pale, gestito dalla figlia del Presidente serbo-bosniaco Karadzic per visitare l’area di Srebrenica. In quella zona c’erano stati furiosi combattimenti e girava voce ci fossero state delle esecuzioni di massa tra la popolazione civile da parte delle truppe del generale Mladic. Erano solo voci poiché nessuno era potuto andare li a vedere di persona.

Il massacro di Srebrenica

Ci siamo messi in viaggio prima dell’alba. Per compiere l’intero tragitto, oggi, ci vogliono circa due ore e mezza ma in quel periodo, complice la guerra con i vari check-point e lo stato delle strade ci si metteva quasi il doppio. Per arrivare a Srebrenica attraversi una quantità di gole, anfratti, zone boschive e innumerevoli corsi d’acqua. Tutti luoghi adatti ad un’imboscata, fenomeno, purtroppo, piuttosto frequente in quel periodo. Girava voce che, con la connivenza del caschi blu Olandesi che avevano fatto finta di niente, i soldati di Mladic avessero potuto infierire sulla popolazione civile, nella quasi totalità di religione musulmana. In pratica, i soldati olandesi dell’ONU che, in quel periodo erano stati schierati in tutta la Bosnia come forza di interposizione tra le parti in conflitto, non erano intervenuti a difesa dei civili.

C’erano state, si diceva, tante esecuzioni sommarie, soprattutto tra gli uomini per evitare che potessero organizzare una difesa armata.
Eravamo i primi giornalisti ad entrare a Srebrenica e quello che ho visto ieri, quel camera-car sulla strada di Bucha con i cadaveri buttati ai lati della strada è stato, per me, un autentico deja vu.

Ventotto anni fa siamo abbiamo oltrepassato un check-point ormai abbandonato, c’era solo un vecchio autoblindo delle Nazioni Unite, di quelli dipinti di bianco, per intenderci, ormai abbandonato. Dei cavalli di Frisia, rotoli di filo spinato ormai arrugginito e ammassi di sporcizia. La strada per il paese era ridotta ad un pantano. Fango dappertutto. Entrati a Srebrenica e abbandonato in uno spiazzo il nostro pulmino abbiamo iniziato a percorrere una strada asfaltata letteralmente coperta da bossoli di fucile mitragliatore. Muovendoci tra le buche provocate dalle esplosioni delle granate siamo entrati nella cittadina. Deserta! O almeno così sembrava.

Quando penso a quei momenti non posso dimenticare l’odore terribile che c’era nell’aria. A terra, a bordo strada, parecchi cadaveri buttati li come dei sacchi di immondizia. C’era il sole, l’aria era frizzante. Il cielo, lo ricordo perfettamente, era di un incredibile blu cobalto, quel giorno a Srebrenica ma quel colore, quel silenzio che altrove avrebbe suscitato una sensazione di pace, non riuscivano a nascondere tutto l’orrore che passava davanti ai nostri occhi. Un odore di morte, di sangue in un silenzio irreale, rotto, qua e la dal latrare dei cani.

Dopo i troppi giorni passati, anche quei poveri resti avevano perso le loro forme originali. Erano diventati dei fagotti informi.
Man mano che salivamo verso il centro, dalle case le cui pareti esterne erano crivellate dai proiettili, cominciavano timidamente ad affacciarsi delle persone, donne, quasi tutte anziane e dei bambini. Da quelle anguste aperture sopra le quali campeggiava sinistra la scritta Skoniste – rifugio – usciva un’umanità dolente in cerca di cibo e di aria fresca.

Bucha come Srebrenica

Qua e la un rottame di automobile e alcuni bossoli di grandi dimensioni. -“ Sono di carro armato!”- mi dice il mio Producer -“ I tank sono passati lungo la strada, li vedi i segni dei cingoli sull’asfalto? Se per caso passavi con la macchina ti schiacciavano senza farsi tanti problemi!”- Ecco, l’altra sera al TG, l’immagine che forse mi ha più colpito, è stata quella di un uomo, sulla strada di Bucha, schiacciato dentro la sua auto mentre, probabilmente, cercava di scappare.

Sono rimasto solo poche ore a Srebrenica, quel giorno e non ci sono mai più ritornato. Non perché abbia deciso di non farlo ma perché le sorti della guerra mi hanno portato altrove. Solo dopo parecchio tempo ho saputo delle fosse comuni che erano state scoperte nei campi li vicino. Ottomila persone uccise solo per il fatto di appartenere ad un’altra etnia, ad un’altra religione. Contadini, la maggior parte, che vivevano in pace, in una quotidianità fatta di lavoro e di tanto sacrificio. Così come in pace vivevano gli abitanti di Bucha un altro luogo dell’orrore in questo susseguirsi di guerre maledette.

Per Srebrenica il generale Mladic, portato davanti al tribunale dell’Aja, ha pagato con la condanna all’ergastolo. Cosi come il presidente serbo-bosniaco Karadzic e come quello serbo Milosevic. Chissà se qualcuno pagherà per gli orrori della guerra in Ucraina.

Fulvio Gorani

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