Sei qui: Home » Società » Gogna Mediatica: significato e origine di un diffuso malcostume

Gogna Mediatica: significato e origine di un diffuso malcostume

Oggi una parola che è diventata, purtroppo, molto utilizzata è la Gogna Mediatica.

Prima questa parola faceva riferimento, soprattutto, al mondo televisivo e della carta stampata, ovvero giornali e magazine.

I giornalisti e le trasmissioni televisive si scatenavano contro chi si macchiava di colpa accertata o presunta dedicando spazi e ore di attenzione contro i colpevoli. Soprattutto, se si trattava di personaggi pubblici e famosi o i protagonisti erano accusati di colpe gravi. 

Sempre più la gogna mediatica è diventata protagonista anche del Web e dei Social.

Sembra infatti che un diffuso giustizialismo si sia ormai impadronito di tutti coloro che si trovano dietro lo schermo ed hanno tra le loro mani una tastiera.

In tanti c’è la voglia di scagliarsi e di voler dare una lezione in chi è sospettato di aver commesso un reato, un gesto non lecito o poco opportuno. 

Non importa se poi sia vero o falso. Se sia stato accertato il crimine oppure meno. Giudici e tribunali arrivano sempre dopo.

Chi poi viene ritenuto innocente non troverà mai giustizia per il danno ricevuto, molte volte le conseguenze sono devastanti. Alcune vittime scelgono anche di togliersi la vita, senza attendere neppure l’eventuale assoluzione.

Oggi, bisogna fare sempre più attenzione. Basta che qualcuno ti riprenda con il suo smartphone in una situazione sbagliata o controversa e si diventa immediatamente preda di un numero sterminato di persone che con la loro tastiera e con i loro filmati ti possono distruggere. 

Ma siamo tutti impazziti? Questa è democrazia? Questa è civiltà?

Nel 2015, Jon Ronson ha pubblicato un libro dal titolo inequivocabile: I giustizieri della Rete.

Nel libro l’autore inglese racconta di come i social network alimentano i peggiori istinti moralizzatori delle persone, dando vita a una versione moderna e violentissima della gogna pubblica.

Di che si tratta esattamente? Dell’accusare pubblicamente una persona per aver detto una parola di troppo o di cattivo gusto, oppure per avere avuto un atteggiamento giudicato scorretto.

Con il risultato di scatenarle addosso una shitstorm: una tempesta di cacca, come la chiamano gli inglesi, ossia una pioggia di minacce e insulti a mezzo social, che cresce in maniera esponenziale ogni secondo.

Mettere alla gogna origine del modo di dire

Il modo di dire mettere alla  gogna indica una situazione in cui qualcuno che si è macchiato di gravi colpe viene sottoposto al pubblico scherno e prende origine da una pratica medievale, allora molto diffusa.

La gogna era uno strumento punitivo, di contenzione, di controllo, di tortura, utilizzato prettamente durante il Medioevo.

Il condannato veniva imprigionato mani e piedi, ed esposto sulla pubblica piazza, dove la folla ne faceva bersaglio di scherno, insulti e maltrattamenti.

Era infatti comune che si prelevasse dai pozzi neri lo sterco per imbrattarne capelli, naso, bocca, oppure che si lanciassero sassi, che si ustionasse il malcapitato o gli si procurassero ferite che venivano poi ricoperte di sale. Alla meno peggio si provvedeva a fargli il solletico ai piedi.

Le gogne erano riservate ai colpevoli di crimini non gravi, ed erano allestite nelle piazze di mercato e negli incroci delle strade. Spesso era appeso un cartello al collo del malfattore o nelle vicinanze, che riportava il delitto di cui si era macchiato. La durata della pena durava generalmente poche ore o qualche giorno.

La gogna era costruita come un collare in ferro, fissata a una colonna per mezzo di una catena, che veniva stretta attorno al collo dei condannati esposti alla berlina.

Più avanti si evolse in tavole di legno provviste di cerniera, che formavano fori attraverso i quali si inserivano la testa e/o braccia e gambe del prigioniero, poi bloccate insieme per trattenerlo.

Discende dal termine Gonghia

la parola gogna deriva etimologicamente da gonghia (collare di ferro), che deriva dal greco goggylos (rotondo), dall’arabo gollon (grosso anello di ferro).

Gli spagnoli trasformarono il termine arabo in ar-golla e gli italiani prima in goglia e poi gogna.

Il sistema rimase in uso per circa un millennio. Fu abolito nel XIX secolo.

Anche un famoso scrittore fu sottoposto alla gogna. Nel 1703 Daniel Defoe, l’autore del “Robinson Crusoe”, conobbe questa infamia con l’accusa di diffamazione verso la Chiesa di Inghilterra.

Mettere alla gogna coincide con mettere alla berlina

Altri modi di dire di mettere alla gogna e mettere alla berlina, il cui significato coincide.

Anche mettere alla  berlina ha origine antica. La berlina era una pena infamante, di origine barbarica, che veniva utilizzata soprattutto in epoca medievale, ma che era ancora vigente nel XIX secolo.

La pena consisteva nel condurre il condannato in un luogo (detto appunto berlina) esposto al pubblico, frequentemente sopra un palco con l’indicazione del crimine commesso.

Talvolta, il condannato veniva fatto salire su una carro (berlina) che veniva condotta per le strade ed era preceduta da un banditore che rendeva noto il delitto di cui si era reso colpevole il malcapitato.

Delle due pene sono ricchi i racconti e i romanzi di molti autori della letteratura mondiale.

Dalla pubblica piazza alla gogna mediatica

Oggi, quando si vuole mettere sotto i riflettori qualcuno, lo si fa attraverso i media.

Molte volte sono i social ad anticipare Tv e media tradizionali, i quali come un amplificatore non fanno che stimolare sempre più persone a scatenarsi contro il reo certo o presunto.

Ecco perché si parla di gogna mediatica. Gogna, sostanzialmente, applicata attraverso i media.

Un malcostume sempre più imperante e in continua evoluzione in simbiosi con l’evoluzione e l’arrivo di nuovi social. 

“I leoni da testiera” e “Influencer dell”informazione” sembrano unire le forze e la punizione diventa terribile, incessante, sempre più manifesta. 

Nella gogna mediatica la condanna senza processo è la norma. Tutti si trasformano in giudici e carnefici, in folla e giustizieri. Non importano i principi di civiltà della giustizia. Si è tornati nel medioevo e si lancia contro il presunto colpevole fiumi di sterco di parole.

Nella gogna mediatica il “condannato” non ha diritto di parola. Deve subire e mai reagire. Gli attacchi diventerebbero ancora più forti. 

Ecco perché bisognerebbe dare un freno a questo malcostume, a questa inciviltà. Secoli di progresso verso una civiltà migliore stanno andando in fumo.

Non c’è nessuna giustificazione al giustizialismo spregiudicato. Questo non ha niente a che fare con il diritto di parola e la democrazia. Sono solo il peggior uso dei social e delle grandi opportunità che il mondo digitale può offrire per un futuro migliore.

© Riproduzione Riservata