Sei qui: Home » Racconti » Il neon in metro – racconto di Sonia Bouslama

Il neon in metro – racconto di Sonia Bouslama

Mi guardo intorno e sprofondo in un silenzio assordante per isolarmi da questa realtà qui che non mi appartiene. Io non ci sono più, tanto che riesco a guardarmi dal di fuori e mi chiedo chissà cosa sto pensando.
La prima immagine che ho davanti a me è un concerto a cui sono stata di recente in cui il cantante ha riciclato frasi di altre band, cosa che ai suoi occhi l’ha reso davvero un figo, ma io l’ho trovato patetico,senza personalità ed esagerando anche un pò qualunquista.

Poi vedo lei, quella ragazza conosciuta alla presentazione di un libro, così interessante, ma anche così vecchia e mi chiedo per quale assurdo motivo i ragazzi della mia età fanno di tutto per invecchiarsi o , in maniera quasi più carina, per sentirsi più grandi. Questa è solo una percezione che ho perchè me ne accorgo dalle sfumature, dai gesti usati nelle discussioni, insomma a me sembra di vedere mia madre quando parlo con questa ragazza qui. Per contro invece, quando mi capita di rapportami con gente più grande, magari trentenne, mi sembra che abbiano la voglia di tornare adolescenti; e allora lì non capisco veramente più nulla è come se non ci fosse un equilibrio, come se la clessidra venisse girata continuamente e il tempo non passasse mai.
Sento le onde dell’oceano nelle orecchie e i piedi caldi nella sabbia,il tempo è nuvoloso,tira un pò di vento e la gente sta facendo il falò. Sono riuniti tutti in circolo, si sorridono, la loro pelle è ambrata. Sembra stiano sponsorizzando dei marshmallow, tipo le reclami americane. Qui il tempo si è fermato. Io mi sento a casa.

Ma non sono più lì senza pensieri.
Sono qui, mi vedo, mi giro e devo scendere dalla metro perchè è rotta, mi alzo, esco, mi sembra di mollegiare e mi sento stanchissima. Li osservo, ancora. Sono tutti lì presi da mille pensieri, da mille storie, esperienze, noie, paure ma sempre e costantemente con il telefono in mano isolandosi dalla realtà quella vera che tocchi con mano, quella in cui ti guardi e cerchi di capire che succede. No, niente si è perso il contatto umano. Allora io continuo a giocare, immaginandomi cosa fanno nella vita le persone che mi circondano, quasi accerchiandomi.

Rientro in metro, questa volta preferisco stare in piedi e penso alle mie ambizioni che puntualmente vengono sminuite da una persona di cui ho molta stima che reputa il lavoro di sceneggiatrice,semplice e stupido ma sopratutto lo schifa con delle espressioni inconfondibili.

Penso anche a quanto sia stupido che si sentano tutti artisti maledetti, geni incompresi, quando secondo me sono solo affezionati ad un tipo di vita che non gli appartiene ma che lo forzano su loro stessi per autoconvincimento, perchè si vede lontano un miglio che credono alle loro pontenzialità solo in virtù dell’apparenza.
Ah, sono arrivata, basta pensare.

 

Sonia Bouslama

© Riproduzione Riservata