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“Vento a Tindari”, la poesia di Quasimodo elogio alla città

“Vento a Tindari” è una poesia pubblicata nel 1930 all’interno della raccolta “Acque e terre” in cui il poeta elogia la città

Una poesia per omaggiare un luogo. È questo ciò che fa per Tindari Salvatore Quasimodo con il componimento “Vento a Tindari” pubblicato nel 1930 all’interno della raccolta poetica “Acque e Terre” che poi confluirà in “Ed è subito sera” nel 1942.

“Vento a Tindari”

Tindari, mite ti so
Fra larghi colli pensile sull’acque
Delle isole dolci del dio,
oggi m’assali
e ti chini in cuore.

Salgo vertici aerei precipizi,
assorto al vento dei pini,
e la brigata che lieve m’accompagna
s’allontana nell’aria,
onda di suoni e amore,
e tu mi prendi
da cui male mi trassi
e paure d’ombre e di silenzi,
rifugi di dolcezze un tempo assidue
e morte d’anima

A te ignota è la terra
Ove ogni giorno affondo
E segrete sillabe nutro:
altra luce ti sfoglia sopra i vetri
nella veste notturna,
e gioia non mia riposa
sul tuo grembo.

Aspro è l’esilio,
e la ricerca che chiudevo in te
d’armonia oggi si muta
in ansia precoce di morire;
e ogni amore è schermo alla tristezza,
tacito passo al buio
dove mi hai posto
amaro pane a rompere.

Tindari serena torna;
soave amico mi desta
che mi sporga nel cielo da una rupe
e io fingo timore a chi non sa
che vento profondo m’ha cercato.

Un nostalgico ritratto

Nel componimento Salvatore Quasimodo si rivolge fin da subito, direttamente alla città di Tindari che viene fortemente personificata dal poeta. La descrizione dei luoghi è molto caratteristica e dettagliata, una panoramica fotografica della città. Lo spirito con cui viene composta la poesia è, però, pieno di angoscia e nostalgia. La città, infatti, sembra assalire il poeta con i suoi ricordi e i suoi paesaggi, quasi a sottolineare la sua mancanza tra le tipiche e familiari vie. Il tono aulico e il lessico selezionato guidano il poeta attraverso una serie di ricordi nostalgici in cui si racchiude tutto il suo dolore per l’esilio e la lontananza da casa. Un dolore che ha reso la ricerca della bellezza nell’incredibile paura della morte.

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Salvatore Quasimodo

Salvatore Quasimodo nacque a Modica il 20 agosto del 1901. Dopo la scuola si trasferì a Roma nel 1919 per frequentare la facoltà di Ingegneria, ma non si laureò. Nel 1929 iniziò a scrivere per la rivista “Solaria”. Il suo genere di poesia lo renderà il maggiore esponente dell’ermetismo italiano. Nel 1934 si trasferì a Milano dove lavorò nel settore editoriale come segretario di Cesare Zavattini. Il dramma della Seconda guerra mondiale lo scosse profondamente, fino a convincerlo alla necessità di una vita sociale più attiva.  Nel 1959 ricevette il premio Nobel per la Letteratura. Morirà a Napoli il 14 giugno del 1968.

Alice Turiani

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