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“Un momento di pace”. Ecco l’invito del “Gitanjali 5” di Tagore per vivere la vera felicità

Scopri l'importanza di prendersi "un momento di pace" grazie al Gitanjali 5 di Rabindranath Tagore, un inno a godere il naturale e il divino.

Un momento di pace. Rabindranath Tagore ci dona un canto, Gitanjali 5, che ci spinge ad una profonda riflessione sul dedicare del tempo a sé stessi, alla propria anima di fronte all’incedere di una vita sempre più frenetica che non permette più neppure una pausa interiore.

Una poesia di grande contemporaneità che mette in scena l’iper connessione degli umani del terzo millennio, che dei fronte alla bellezza della vita, della natura che ci circonda  non riescono mai a disconnettere se stessi per trovare una sano momento di pace interiore.

Un momento di pace è il Canto 5 della raccolta di poesie Gitanjali (Offerta di canti) di Rabindranath Tagore, pubblicata per la prima volta nel 1910. La prima edizione inglese, che prese il titolo Song Offerings, fu tradotta dallo stesso autore, con un’introduzione di W.B. Yeats nel 1913.

Leggiamo subito questa breve ma intensa poesia di Rabindranath Tagore per coglierne il significato.

Gitanjali 5, Rabindranath Tagore

Concedi ch’io possa sedere per un momento al tuo fianco. Le opere che ho in sospeso le finirò dopo.

Lontano dalla vista del tuo volto il mio cuore non conosce riposo né tregua, e il mio lavoro diventa una fatica infinita in un mare di fatica senza sbocco.

Oggi l’estate si è presentata alla mia finestra con i suoi sospiri e i suoi sussurri, e le api si esibiscono nei loro canti alla corte del giardino fiorito.

Ora è tempo di sedersi in silenzio, faccia a faccia con te, e di cantare la dedizione alla vita in questo riposo silenzioso e traboccante

 

Gitanjali 5, Rabindranath Tagore

I ask for a moment’s indulgence to sit by thy side. The works that I have in hand I will finish afterwards.

Away from the sight of thy face my heart knows no rest nor respite, and my work becomes an endless toil in a shoreless sea of toil.

To-day the summer has come at my window with its sighs and murmurs; and the bees are plying their minstrelsy at the court of the flowering grove.

Now it is time to sit quiet, face to face with thee, and to sing dedication of life in this silent and overflowing leisure.

Un momento di pace per ritrovare sé stessi

Gitanjali 5, a cui noi diamo il titolo di Un momento di pace, è una poesia di Rabindranath Tagore che esplora il conflitto tra il dover fare ad ogni costo e l’importanza di trovare un attimo da dedicare totalmente a sé stessi.

Tagore desidera sedersi  per godere un momento di sano contatto con l’Assoluto e lasciarsi conquistare dalla bellezza della natura che lo circonda. I sensi di colpa di quell’esigenza di pausa sembrano affliggerlo, si sente obbligato a completare prima il proprio lavoro.

In questa poesia, Tagore esprime l’intenso desiderio di avere la compagnia del suo Maestro, il suo Creatore. Il poeta è anche consapevole del fatto che le considerazioni e i doveri mondani possono creare problemi nella realizzazione del suo fervente desiderio di compagnia del Creatore.

Per superare questa obiezione, promette che i suoi impegni mondani non ne risentiranno. Egli adempirà a tutti i suoi impegni e assolverà a tutti i suoi doveri dopo aver goduto della compagnia del suo Maestro.

Il poeta descrive anche la stagione estiva, che è il momento giusto per sedersi in silenzio, faccia a faccia con Dio e per cantare il canto divino dedicando la propria vita al suo tempo libero silenzioso e traboccante.

La devozione e l’umiltà del poeta sono in evidenza in tutta la canzone. Il testo mostra anche l’amore del poeta per la natura. Il poeta fonde mirabilmente devozione e dovere e qui sta la grandezza di questo poeta. Per trasmettere lo stato del suo cuore, il poeta sceglie immagini efficaci.

Una poesia universale e contemporanea

Colpisce la contemporaneità del Canto 5 perché contrappone il lavoro e le sollecitazioni infinite al dover fare della vita quotidiana ad un momento d’incontro con la propria anima, con il proprio Dio, con la propria essenza.

La poesia sembra dare voce al mal di vivere, l’ansia dilagante, che colpisce moltissime persone. A troppi stimoli è ormai costretto l’agire umano, la tecnologia che dovrebbe essere un aiuto concreto a sostegno della nostra vita, finisce inevitabilmente per costringere a dover essere perennemente connessi.

Anche quando ci si trova in un contesto in cui potersi godere un attimo di vera pace, invece, si finisce inevitabilmente per diventare “vittima” del telefonino, non si può evitare di condividere a tutti i costi quel momento attraverso i social.

Il Canto 5 di Tagore prende spunto dalla crescente disillusione nei confronti della società industriale che era prevalente all’inizio del XX secolo. L’enfasi della poesia sull’importanza del tempo libero e sulla bellezza della natura è un invito a rallentare e ad apprezzare le cose semplici della vita.

Non è così dissimile dall’alienazione degli umani del terzo millennio immersi nella virtualità e ormai poco attenti alle pace interiore, ad un momento di “stacco” dall’artificio per ritrovare l’essenza delle cose naturali che meritano di essere vissute.

In Tagore c’è l’intenso intenso desiderio di comunione con il Creatore, da miscelare con i suoi impegni e doveri “quotidiani”. La società richiede doveri da svolgere, ma la riflessione interiore, il momento in cui connettersi con la propria anima e con l’assoluto sono fondamentali per la vita dello spirito. Il poeta bengalese non può ammettere che le distrazioni terrene possano allontanare dalla pace e dall’Assoluto.

In nessun modo Rabindranath Tagore vuole sviare o fuggire dagli impegni dovuti e richiesti dalla società, ma lo spitiyo ha bisogno periodicamente di trovare vigore e dedicare un momento di pace con se stessi e con Dio, diventa salutare per la vita stessa. Non c’è nessuna pace e le attività quotidiane creano affanno e fatica, se non si incontra l’attimo per il divino.

Allo stesso modo, esiste la consapevolezza che la connessione continua fa ormai parte della nostra cultura e del nostro vissuto, ma ciò non toglie che “staccare” la spina permette la necessaria “rigenerazione” psichica e fisica, utile per poter godere al meglio la vita.

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