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Petrarca e il suo Canzoniere, “Chiare, fresche et dolci acque”

Il 19 luglio 1374 moriva Francesco Petrarca, grande poeta, filosofo e filologo del '300. Lo ricordiamo attraverso "Chiare, fresche et dolci acque", uno dei suoi componimenti più celebri.

Francesco Petrarca è stato scrittore, poeta, filosofo e filologo. Precursore dell’Umanesimo, è ritenuto figura cardine della letteratura italiana. Le sue opere costituiscono, insieme a quelle di Dante e Boccaccio, le fondamenta della nostra lingua e della nostra letteratura. 

In occasione dell’anniversario della scomparsa di questo grande poeta, che ci lasciava il 19 luglio del 1374, ad Arquà, vogliamo ricordarlo leggendo una delle sue opere più belle e conosciute, “Chiare, fresche et dolci acque”, in cui la bellezza della natura fa da sfondo alla bellezza della donna amata da Petrarca. 

Chiare, fresche et dolci acque di Francesco Petrarca

Chiare, fresche et dolci acque,
ove le belle membra
pose colei che sola a me par donna;
gentil ramo ove piacque
(con sospir’ mi rimembra)
a lei di fare al bel fiancho colonna;
herba et fior’ che la gonna
leggiadra ricoverse
co l’angelico seno;
aere sacro, sereno,
ove Amor co’ begli occhi il cor m’aperse:
date udïenza insieme
a le dolenti mie parole extreme.

S’egli è pur mio destino
e ’l cielo in ciò s’adopra,
ch’Amor quest’occhi lagrimando chiuda,
qualche gratia il meschino
corpo fra voi ricopra,
et torni l’alma al proprio albergo ignuda.
La morte fia men cruda
se questa spene porto
a quel dubbioso passo:
ché lo spirito lasso
non poria mai in piú riposato porto
né in piú tranquilla fossa
fuggir la carne travagliata et l’ossa.

Tempo verrà anchor forse
ch’a l’usato soggiorno
torni la fera bella et mansüeta,
et là ’v’ella mi scorse
nel benedetto giorno,
volga la vista disïosa et lieta,
cercandomi; et, o pietà!,
già terra in fra le pietre
vedendo, Amor l’inspiri
in guisa che sospiri
sí dolcemente che mercé m’impetre,
et faccia forza al cielo,
asciugandosi gli occhi col bel velo.

Da’ be’ rami scendea
(dolce ne la memoria)
una pioggia di fior’ sovra ’l suo grembo;
et ella si sedea
humile in tanta gloria,
coverta già de l’amoroso nembo.
Qual fior cadea sul lembo,
qual su le treccie bionde,
ch’oro forbito et perle
eran quel dí a vederle;
qual si posava in terra, et qual su l’onde;
qual con un vago errore
girando parea dir: Qui regna Amore.

Quante volte diss’io
allor pien di spavento:
Costei per fermo nacque in paradiso.
Cosí carco d’oblio
il divin portamento
e ’l volto e le parole e ’l dolce riso
m’aveano, et sí diviso
da l’imagine vera,
ch’i’ dicea sospirando:
Qui come venn’io, o quando?;
credendo esser in ciel, non là dov’era.
Da indi in qua mi piace
questa herba sí, ch’altrove non ò pace.

Se tu avessi ornamenti quant’ài voglia,
poresti arditamente
uscir del boscho, et gir in fra la gente.

L’incontro con Laura 

“Chiare, fresche et dolci acque” è la CXXVI canzone racchiusa nel celebre “Canzoniere” di Francesco Petrarca. I filologi hanno ipotizzato che la stesura del componimento possa essere databile fra il 1340 e il 1341, e che il luogo a cui egli si è ispirato sia identificabile con il fiume Sorgue, che scorre nei pressi dell’attuale comune francese di Fontaine-de-Vaucluse.

Le 5 stanze in cui è suddivisa la canzone ripercorrono i momenti vissuti da Petrarca con Laura in questo luogo idillico, in cui il poeta spera un giorno di essere sepolto, per ritrovare il contatto con la donna amata anche oltre la vita terrena. L’intera canzone si configura come un dialogo con la natura, una natura che si veste della bellezza di Laura. 

Tutto: i fiori, l’acqua scrosciante, l’atmosfera paradisiaca, persino l’erba, hanno una delicatezza che ricorda la bellezza femminile, e Petrarca non può che ricordare i dolci istanti trascorsi in compagnia di Laura, venendo a contatto con questo locus amoenus. E sebbene la maggior parte dei versi evochi la dolce serenità originata dalle memorie che vedono Petrarca e Laura riuniti amorevolmente, in alcuni frangenti del componimento, l’atmosfera si tinge di un’oscura malinconia, dettata dalla consapevolezza che in un attimo tutto possa sparire con la morte. 

Una poesia splendida, che ha fatto la storia della letteratura italiana e continua a risvegliare la meraviglia e l’emozione dei lettori di Petrarca anche dopo secoli dalla sua stesura.

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