Ottobre di Robert Frost è una poesia che con raffinata profondità parla della fine della vita, dell’invecchiamento e l’attesa della morte. Il passaggio del tempo e l’invito rallentare la corsa emerge con forza dalle metafore presenti nel poema.
Protagonista della poesia è l’autunno e i suoi paesaggi naturali tanto cari a Robert Frost e presenti nel percorso poetico dell’autore statunitense. Frost è stato a lungo acclamato come “il poeta del New England”, in quanto nelle sue liriche è stato ispirato dallo scenario del New England. Ottobre è il miglior ritratto della sua terra.
Ottobre è una poesia pastorale o bucolica che fu pubblicata per la prima volta a Londra nel 1913 e successivamente, negli Stati Uniti nel 1915 come parte del suo primo libro di poesie raccolte, A Boy’s Will, pubblicato per la prima volta a Londra da David Nutt nel 1913 e l’edizione statunitense a a New York da Henry Holt Company, nel 1915.
Leggiamo la poesia di Robert Frost, il quale è considerato come uno dei più gradi poeti del ventesimo secolo.
Ottobre di Robert Frost
O mite, silente mattina d’Ottobre,
Le tue foglie sono mature per la caduta;
Il vento di domani, se selvaggio,
Le dovrebbe sciupare tutte.
I corvi gracchiano sulla foresta;
Domani potrebbero unirsi e partire.
O mite, silente mattina d’Ottobre,
Fa’ che le ore di questo giorno inizino lente.
Fa’ che il giorno ci sembri meno breve.
Con cuori non contrari a essere ingannati,
Ingannaci nel modo che conosci.Libera una foglia allo spuntar del giorno;
A mezzogiorno, un’altra foglia ancora;
Una dai nostri alberi, una da lontano.
Ritarda il sole con una dolce nebbia;
Incanta la terra con l’ametista.
Lento, lento!
Per l’uva, se non fosse per altro,
Le cui foglie sono già bruciate dal gelo,
I cui frutti a grappoli andrebbero persi—
Per l’uva, lungo il muro.
October, Robert Frost (testo originale)
O hushed October morning mild,
Thy leaves have ripened to the fall;
Tomorrow’s wind, if it be wild,
Should waste them all.
The crows above the forest call;
Tomorrow they may form and go.
O hushed October morning mild,
Begin the hours of this day slow.
Make the day seem to us less brief.
Hearts not averse to being beguiled,
Beguile us in the way you know.Release one leaf at break of day;
At noon release another leaf;
One from our trees, one far away.
Retard the sun with gentle mist;
Enchant the land with amethyst.
Slow, slow!
For the grapes’ sake, if they were all,
Whose leaves already are burnt with frost,
Whose clustered fruit must else be lost—
For the grapes’ sake along the wall.
Il significato della poesia
Ottobre una splendida poesia di Robert Frost trascende la semplice descrizione di un paesaggio autunnale per diventare una profonda meditazione sulla mortalità, sul valore del tempo e sul desiderio umano di completezza e serenità di fronte all’inevitabile. La sua bellezza sta proprio in come Frost riesca a parlare di temi così universali e complessi attraverso immagini naturali semplici e dirette.
Presa per oro colato, questa poesia parla, con semplice eleganza, della bellezza unica di una frizzante e tranquilla mattina di inizio ottobre. L’aria è silenziosa, se non fosse per il suono lontano dei corvi. Le foglie multicolori dipingono il terreno con colori vivaci: rosso, oro e marrone. Una scena semplice, resa immediatamente familiare a qualsiasi abitante del New England e in generale a tutti coloro che vivono la natura ottobrina.
La supplica di rallentare il tempo
L’intera poesia è costruita come un dialogo intimo e una supplica. Il poeta si rivolge direttamente alla “mite, silente mattina d’Ottobre”, personificandola. Non è un semplice spettatore del ciclo naturale, ma un partecipante attivo che cerca di negoziare. Questo rapporto diretto rivela il desiderio umano di non essere passivo di fronte al destino. Chiedere alla mattina di far iniziare “lente” le ore del giorno è un tentativo di esercitare un controllo, seppur immaginario, sul flusso del tempo che scorre troppo in fretta verso la fine.
Il poeta non accetta di restare spettatore. Si rivolge al giorno stesso con parole che sono una supplica:
Fa’ che le ore di questo giorno inizino lente.
Fa’ che il giorno ci sembri meno breve”.
È il desiderio di strappare al tempo una tregua, di guadagnare spazio per trattenere ciò che sta per sfuggire.
La richiesta di essere “ingannati nel modo che conosci” rivela la piena consapevolezza della fine, ma anche la volontà di illudersi un po’, di vivere l’illusione che tutto possa durare più a lungo. L’inganno della natura, “la nebbia che ritarda il sole, i colori ametista che incantano la terra”, diventa un atto di misericordia che permette di affrontare la paura della perdita.
La Fragilità della Bellezza e la Minaccia della Fine
La poesia è pervasa da un senso di precarietà. Le foglie sono “mature per la caduta”, un’immagine che evoca un compimento naturale, la pienezza raggiunta prima della fine. Tuttavia, questa bellezza matura è estremamente fragile. La minaccia è concreta:
Il vento di domani, se selvaggio,
Le dovrebbe sciupare tutte.
La parola “sciupare” è cruciale, in quanto non suggerisce una transizione dolce, ma una distruzione potenzialmente violenta e totale. Il vento arriva impetuoso, con forza, violento facendo valere il suo dominio distruttivo.
Questo senso di fine imminente è rafforzato dall’immagine dei corvi che si preparano a migrare
Domani potrebbero unirsi e partire.
Tutto nell’ambiente circostante segnala una conclusione, una partenza, un abbandono. Il grido finale, “Lento, lento!”, è l’espressione più pura e disperata di questa lotta contro il tempo, una rottura del tono pacato della poesia che ne svela tutta la tensione emotiva.
Il desiderio di poter ritardare la fine per non perdere ciò che si ama
Se la prima parte è una meditazione sul tempo e sulla bellezza, la chiusa sposta il focus su una necessità tangibile e urgente. La preoccupazione “per l’uva” non è un vezzo estetico, ma una questione di vita o di morte. L’uva rappresenta il frutto di un lungo lavoro, l’eredità di una vita intera, ciò che deve essere salvato prima che sia troppo tardi.
La descrizione è drammatica: le foglie sono “già bruciate dal gelo” e i frutti rischiano di andare “persi”. Il gelo è la morte, che non attende e che ha già iniziato a lasciare il suo segno. Il tempo richiesto non è più solo per godere della bellezza, ma per portare a compimento un’opera, per salvare ciò che dà senso a un intero ciclo vitale.
Questa immagine finale ancora la poesia a una realtà universale, il desiderio umano di non lasciare il proprio lavoro incompiuto, di assicurarsi che il “raccolto” della propria esistenza non venga distrutto prima di essere stato messo al sicuro.
Robert Frost introduce l’immagine concreta dell’uva, i cui grappoli, maturati con cura, sono minacciati dal gelo. È qui che il poema diventa universale. L’uva rappresenta tutte le cose che si amano, i frutti dell’intera vita, ciò si è costruito, creato, prodotto, generato con dedizione, con amore e che con l’avanzare della fine rischia di andare perduto.
È il raccolto di anni di lavoro, che si teme di non riuscire a portare a compimento. È l’affetto dei figli, degli amici, degli amori, che si vorrebbe custodire ancora un po’ prima che prendano altre strade. È la bellezza stessa della vita, così fragile da poter essere sciupata in un attimo dal vento o dal gelo.
Il grido che anticipa il finale “Lento, lento!” non è un invito a lasciar andare, ma il segno di un’urgenza disperata. Avere ancora il tempo necessario per proteggere ciò che conta, per salvare i frutti prima che il gelo li porti via.
Una lezione universale sul tempo e sull’amore per ciò che conta
Ottobre di Robert Frost non è solo una poesia che porta alla luce una condizione umana senza tempo, evidenzia il timore di perdere ciò che si ama e la volontà disperata di avere ancora il tempo necessario per custodirlo. In questo senso, la voce poetica si fa universale, perché parla a ogni generazione e a ogni individuo che si sia trovato di fronte alla brevità della vita.
Il grido “Lento, lento!” è il cuore di questa universalità, diventa l’emblema di un desiderio collettivo. Ogni società, in ogni epoca, conosce la stessa paura, ovvero che le opere costruite, i legami coltivati, i frutti di anni di dedizione possano essere spazzati via troppo presto dal vento della fine.
Non dimentichiamo gli affetti, tutti i sacrifici per tirare su la famiglia, i figli. Tutte le ore trascorse con gli amici, per i quali si è dedicato tempo ed energia per far sentire la propria presenza.
Se Zygmunt Bauman ha descritto la nostra come la “società liquida”, segnata dalla precarietà e dall’incapacità di custodire ciò che conta, Robert Frost ricorda che questo timore non nasce oggi, ma appartiene all’uomo di ogni tempo. Ciò che cambia, nel mondo contemporaneo, è la velocità. Viviamo in una dimensione che accelera continuamente e in cui il rischio di “perdere”, relazioni, progetti, affetti, è amplificato da un presente che non concede tregua.
Le ore della vita scorrono inesorabili senza avere il controllo del tempo, la cosa più preziosa che esista. Byung-Chul Han, parlando della “società della stanchezza”, ha messo in evidenza come l’ossessione per la produttività consumi il tempo e tolga spazio alla cura. Ed è proprio la cura l’elemento centrale della poesia di Frost. L’uva lungo il muro è il simbolo di tutto ciò che richiede attenzione, dedizione, protezione. Senza tempo per la cura, ogni frutto rischia di andare perduto.
In questo modo, Ottobre diventa una meditazione che travalica la cornice poetica e si fa lezione filosofica. Il valore del tempo non sta solo nella sua durata, ma nella possibilità di usarlo per custodire ciò che si ama. La poesia insegna che l’autentico dramma dell’uomo non è solo la morte, ma la paura di non aver completato il raccolto, di non aver avuto tempo sufficiente per portare in salvo i frutti più preziosi della propria vita.
L’universalità del messaggio di Robert Frost sta qui, bisogna sempre ricordarsi che ogni istante è fragile, ma anche che la nostra forza sta nel chiedere al tempo di rallentare, non per egoismo, ma per amore.