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“Natale”, la toccante poesia di Giuseppe Ungaretti dedicata a chi soffre

In occasione del Natale dedichiamo questa poesia a tutti coloro che vivono la tragedia della guerra, della malattia e della solitudine.

Dedichiamo la poesia “Natale” di Giuseppe Ungaretti a tutti coloro che, malgrado i giorni di festa oramai alle porte, portano nell’animo e nel corpo i segni della sofferenza.

“Natale” potrebbe essere il manifesto di tutte quelle donne e uomini che in ogni parte del mondo sono costretti a vivere la tragedia e le atrocità della guerra e della violenza. Pensiamo alle persone coinvolte dal conflitto a Gaza e in Ucraina, ma anche a tutte le persone che sono testimoni di guerre vicine e lontane molte volte fuori dall’attenzione dei media.

La barbarie della guerra è difficile da immaginare per chi non l’ha mai vissuta. Non c’è dubbio che lascia un segno indelebile in chi la vive o l’ha vissuta. La grandezza di “Natale” sta proprio nell’evidenziare il loro stato d’animo, le loro emozioni, i loro sentimenti.

“Natale” dà voce anche a tutti coloro che vivono direttamente o indirettamente una grave malattia. Queste persone e coloro che sono loro vicini, sono costretti a vivere un’esperienza assimilabile alla guerra. Anche loro sono al fronte, in guerra contro un nemico invisibile che non si è mai sicuri di poter sconfiggere.

Per i primi come i secondi quando c’è un attimo di respiro, rifugiarsi tra le mura domestiche dove “non si sente altro che il caldo buono“, per utilizzare i versi di Ungaretti, può diventare l’unico modo per poter trovare la pace perduta.

A Natale è a chi soffre che bisogna volgere l’attenzione e la comprensione. Bisogna saper rispettare il loro stato d’animo, anche quando vorrebbero essere lasciati “come una cosa posata in un angolo e dimenticata“.

“Natale”, la poesia di un giovane in tregua dalla guerra

“Natale” è stata composta il 26 dicembre del 1916, quando l’Italia era entrata in guerra da più di un anno e lo stesso Ungaretti aveva vissuto gli orrori della guerra.

Il poeta si trova a Napoli, in temporanea licenza dal fronte, presso alcuni amici. La dura esperienza bellica ha finalmente un momento di tregua, ma Ungaretti non riesce ad affrontare la normalità della vita di tutti i giorni, perché non riesce a cancellare dalla sua mente le immagini della guerra.

La partecipazione alla prima guerra mondiale e l’Allegria

Come tanti giovani del suo tempo, Giuseppe Ungaretti credeva ingenuamente nella guerra e nelle possibilità di una vittoria nazionale e popolare per liberare l’Italia dall’invasore austriaco. Così prese parte alla campagna degli interventisti.

Ungaretti fu chiamato al fronte, in un primo momento sembrava destinato a restare in un ospedale militare, poi, come soldato semplice, fu inviato sul Carso.

La guerra nel Carso fu fonte di grande ispirazione per il poeta, il quale scrive in trincea diverse poesie, prima apparse sulla rivista «Lacerba» nel 1915 e poi pubblicate, nel dicembre 1916, nella raccolta Il porto sepolto: il diario dal fronte.

A queste poesie se ne aggiungono altre, confluite prima nella raccolta Allegria di naufragi del 1919, poi nell’edizione dell’Allegria del 1931 e, con altre varianti, in quella definitiva del 1942.

“Natale” di Giuseppe Ungaretti

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare

Giuseppe Ungaretti

Nato ad Alessandria d’Egitto l’8 febbraio 1888 e scomparso a Milano il 1º giugno 1970, Giuseppe Ungaretti è stato un poeta, scrittore, traduttore, giornalista e accademico italiano, tra i principali poeti della letteratura italiana del XX secolo.

Inizialmente influenzato dal simbolismo francese, la sua poesia fu caratterizzata nei primi tempi da componimenti brevissimi, costituiti da poche parole essenziali e da analogie a volte ardite, compresi principalmente nella raccolta L’allegria (1916); passò poi a lavori più complessi e articolati dal contenuto concettualmente difficile. Una terza fase della sua evoluzione poetica, segnata dal dolore per la perdita prematura del figlio, ha compreso opere meditative dall’intensa riflessione sul destino umano.

Negli ultimi anni le sue poesie furono specchio della saggezza, ma anche del distacco e della tristezza dell’età avanzata. È stato considerato da alcuni critici come anticipatore dell’ermetismo. La poesia di Giuseppe Ungaretti creò un certo disorientamento sin dalla prima apparizione del Porto Sepolto. A essa arrisero i favori sia degli intellettuali de La Voce, sia degli amici francesi, da Guillaume Apollinaire a Louis Aragon, che vi riconobbero la comune matrice simbolista.

Non mancarono polemiche e vivaci ostilità da parte di molti critici tradizionali e del grande pubblico. Non la compresero, per esempio, i seguaci di Benedetto Croce, che ne condannarono il frammentismo.

A riconoscere in Giuseppe Ungaretti il poeta che per primo era riuscito a rinnovare formalmente e profondamente il verso della tradizione italiana, furono soprattutto i poeti dell’ermetismo, che, all’indomani della pubblicazione del Sentimento del tempo, salutarono in Ungaretti il maestro e precursore della propria scuola poetica, iniziatore della poesia «pura».

Da allora la poesia ungarettiana ha conosciuto una fortuna ininterrotta. A lui, assieme a Umberto Saba e Eugenio Montale, hanno guardato, come un imprescindibile punto di partenza, molti poeti del secondo Novecento.

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