“Il Presepio” è una poesia di Gabriele D’Annunzio che profuma di Natale. In questi giorni in cui luminarie e alberi di Natale spuntano in città e nelle case, è inevitabile non farsi travolgere dall’atmosfera natalizia, dal suo calore, dalla gioia che ci aspettiamo porti nei nostri cuori ed in quelli dei nostri cari.
Per immergerci ancor più nell’atmosfera del Natale, analizziamo “Il Presepio”, una dolce poesia scritta da Gabriele D’Annunzio che, per l’occasione, ha utilizzato toni molto diversi dai soliti. Il “poeta vate” abbandona infatti l’artificio della retorica e la sofisticatezza del lessico tipico dei suoi componimenti per abbandonarsi alla semplicità dei ricordi d’infanzia, costellati di figure amorevoli, che hanno reso dolce e spensierata la gioventù del poeta.
Il Presepio di Gabriele D’Annunzio
A Ceppo si faceva un presepino
con la sua brava stella inargentata,
coi Magi, coi pastori, per benino
e la campagna tutta infarinata.
La sera io recitavo un sermoncino
con una voce da messa cantata,
e per quel mio garbetto birichino
buscavo baci e pezzi di schiacciata.
Poi verso tardi tu m’accompagnavi
alla nonna con dir: “Stanotte L’Angelo
ti porterà chi sa che bei regali!”.
E mentre i sogni m’arridean soavi,
tu piano, piano mi venivi a mettere
confetti e soldarelli fra’ i guanciali.
La semplicità del Natale
Ne “Il Presepio”, già dal titolo siamo cinti da un caldo abbraccio, quello tenero dei ricordi d’infanzia. Nei primi versi della poesia, D’annunzio rievoca il piccolo presepe che è rimasto incastonato nelle sue memorie, “un presepino/con la sua brava stella inargentata,/ coi Magi, coi pastori, per benino/ e la campagna tutta infarinata”.
Poi, il focus slitta direttamente sull’autore bambino, e in seguito su una figura mai nominata, soltanto invocata, quella della mamma, che con tenerezza emerge dal ricordo di D’Annunzio con la frase “Stanotte L’Angelo/ ti porterà chi sa che bei regali!”.
“Il presepio”, che si conclude con il placido sonno del poeta/bambino mentre la mamma cela i dolci e alcuni spiccioli sotto il cuscino del piccolo, sembra quasi una carezza, una di quelle poesie che scaldano il cuore e andrebbero lette la sera, prima di andare a dormire, per conservare un po’ di tenerezza e trasportarla nei nostri sogni, troppo spesso offuscati da ansie, dolori e sofferenze che la poesia, così come l’arte, possono se non curare, quantomeno alleviare.
Il verso significato della poesia
La poesia si intitola “Il presepio”, prendendo da uno dei simboli del Natale, nonché protagonista indiscusso del componimento, ma che in realtà assume principalmente una valenza metaforica: il vero presepio cui l’autore fa riferimento nella poesia non è la classica capanna che si era soliti costruire a Ceppo, la località montana in Abruzzo ai piedi dei Monti della Laga dove il Vate era abituato a passare le festività natalizie da bambino, con la famiglia e la nonna paterna Anna Lolli; il presepio della poesia fa riferimento alla dolcezza dell’infanzia e al calore delle tradizioni familiari che rendono il Natale ancor più magico.
Ricordiamo, tramite la Treccani, che la parola presepio deriva dal latino “praesaepium” e significa luogo chiuso, mangiatoia, facendo riferimento alla mangiatoia nella quale fu riposto Gesù. Ed è proprio la parte finale della poesia, con il piccolo che riposa sul letto e riceve in dono “confetti e soldarelli”, a rappresentare un chiaro parallelismo con il bambin Gesù che dorme nella mangiatoia in attesa dei suoi doni.
Questa dolce poesia è un modo per ricordare a tutti che ogni bambino non è altro che la rappresentazione in terra di Gesù; una tradizione che si rinnova, proprio come il Natale, la festa per eccellenza che ha come protagonisti proprio i bambini e il loro stupore di fronte ai doni ricevuti.