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Il mio paese è l’Italia (1949) di Salvatore Quasimodo, poesia sul valore della memoria

Scopri i magici versi di "Il mio paese è l’Italia" la poesia di Salvatore Quasimodo che diventa il manifesto alla memoria e alla sua Italia.

Il mio paese è l’Italia di Salvatore Quasimodo è una poesia di grande potenza civile e lirica, in cui il poeta premio Nobel affronta il dolore della guerra, l’orrore della memoria e il legame viscerale con la propria patria. Un testo di grande coscienza civile e un omaggio alle vittime innocenti della barbarie che caratterizza tutte le guerre.

Nella fattispecie, il poeta siciliano guarda alla cattiveria e l’avidità umana rea della morte di milioni di persone e di migliaia di italiani che dovettero conoscere lo scempio dei campi di concentramento e dei campi di battaglia in cui la vita umana fu costretta ad ogni forma di violenza ed orrore.

Il mio paese è l’Italia fa parte della raccolta di poesie La vita non è sogno, la settima raccolta di poesie di Salvatore Quasimodo pubblicata nel 1949.

Il titolo “Il mio paese è l’Italia” sembra semplice, ma è una dichiarazione potente: l’Italia non è solo la sua nazione d’origine, ma anche il luogo della sua responsabilità come poeta e cittadino, in un mondo sconvolto dalla guerra e dalla disumanità.

Leggiamo i versi pieni d’impegno della poesia di Salvatore Quasimodo per coglierne il profondo messaggio, ancora oggi sempre attuale.

Il mio paese è l’Italia di Salvatore Quasimodo

Più i giorni s’allontanano dispersi
e più ritornano nel cuore dei poeti.
Là i campi di Polonia, la piana dì Kutno
con le colline di cadaveri che bruciano
in nuvole di nafta, là i reticolati
per la quarantena d’Israele,
il sangue tra i rifiuti, l’esantema torrido,
le catene di poveri già morti da gran tempo
e fulminati sulle fosse aperte dalle loro mani,
là Buchenwald, la mite selva di faggi,
i suoi forni maledetti; là Stalingrado,
e Minsk sugli acquitrini e la neve putrefatta.
I poeti non dimenticano. Oh la folla dei vili,
dei vinti, dei perdonati dalla misericordia!
Tutto si travolge, ma i morti non si vendono.
Il mio paese è l’Italia, o nemico più straniero,
e io canto il suo popolo, e anche il pianto
coperto dal rumore del suo mare,
il limpido lutto delle madri, canto la sua vita.

Il mio paese è l’Italia, una poesia per non dimenticare

Il mio paese è l’Italia è una poesia di Salvatore Quasimodo scritta nel secondo dopoguerra e rappresenta uno dei momenti più alti della sua produzione impegnata e civile. L’autore, già noto per le sue poesie ermetiche, compie una svolta netta verso una parola che denuncia, che testimonia, che ricorda.

Questa poesia è un atto d’amore e, al contempo, un grido di dolore per l’Italia, un paese che ha conosciuto la guerra, la complicità col male, ma anche la dignità, la rinascita e la resistenza del suo popolo.

Versi che raccontano l’orrore e la resistenza

Fin dall’inizio della poesia, Salvatore Quasimodo ricorda che il tempo può cancellare i fatti dalla memoria collettiva, ma non dal cuore dei poeti. Il poeta diventa testimone morale della storia, capace di custodire le verità scomode che la società spesso vuole dimenticare.

Il poeta continua trasformando la poesia in una sorta di catalogo dei luoghi della tragedia, evocando la Shoah, la seconda guerra mondiale, l’enorme tragedia del fronte russo e della relativa ritirata che uccise migliaia di uomini in fuga, i lager. Ogni luogo è simbolo di un’umanità ferita, schiacciata dalla brutalità del potere. Le immagini sono forti, brutali, volutamente scioccanti: il dolore non va edulcorato, ma mostrato nella sua realtà.

La memoria non può esimersi dal mostrare i danni che crea la cattiveria e l’avidità umana. Una lezione mai assorbita dagli umani che sembrano resettare continuamente la memoria per ricadere nel più grave degli errori la guerra e la violenza.

Quasimodo condanna l’ipocrisia del perdono facile. I carnefici che si reintegrano nella società, i “vinti” che si giustificano, sono il simbolo dell’oblio morale. Ma i poeti, portatori di coscienza, resistono alla tentazione dell’indifferenza. Tenere alta l’attenzione per gli intellettuali, per i poeti, è un impegno civile, un atto di grande coscienza sociale, un dovere a favore dell’umanità.

Il poeta condanna esplicitamente l’eterna manipolazione della memoria. “Tutto si travolge, ma i morti non si vendono.” I morti non possono essere barattati per una nuova pace sociale, per convenienza politica. La verità storica non può essere riscritta, e chi è stato ucciso merita verità, non oblio.

Il nemico più straniero: l’Italia come patria e ferita

Salvatore Quasimodo conclude la sua poesia con versi patriottici ma votati alla solidarietà e alla rispetto umano. La vita umana è sacra e cantare la resistenza alla barbarie omicida e alla responsabilità per le colpe commesse diventa la cosa più importante

Il mio paese è l’Italia, o nemico più straniero,
e io canto il suo popolo, e anche il pianto
coperto dal rumore del suo mare,
il limpido lutto delle madri, canto la sua vita.

il poeta rivolge un’accusa potente alla propria nazione. L’Italia, patria amata, è diventata “nemico” nel momento in cui ha tradito i suoi ideali di umanità e giustizia. Ma proprio da questa consapevolezza nasce un amore più autentico: amare un paese vuol dire anche riconoscerne le colpe.

Il finale restituisce una visione di speranza e dignità. Le vere protagoniste sono le madri, simbolo del dolore puro e del lutto vissuto senza odio. Quasimodo canta la vita degli umili, la forza del popolo, la rinascita che parte dal basso, non dal potere.

La poesia per Quasimodo è atto politico e morale

Il mio paese è l’Italia è molto più di una poesia patriottica: è un manifesto etico, una presa di posizione contro l’ingiustizia e la menzogna. In un tempo in cui molti cercavano di dimenticare gli orrori del fascismo e della guerra, Quasimodo alza la voce per mantenere viva la coscienza collettiva.

È una poesia attualissima anche oggi, in un’epoca in cui si rischia di relativizzare la storia, giustificare il passato, legittimare nuove forme di intolleranza.

Adulti e ragazzi dovrebbero leggere questa poesia perché ricorda che la memoria è un dovere civile. Quasimodo invita a non essere complici dell’oblio. Il poeta mostra che l’amore per un paese non è cieco, ma passa attraverso la verità. Il mio paese è l’Italia dà voce a chi non può più parlare, e obbliga a guardare la storia negli occhi.

Questa poesia di Quasimodo consegna una poesia che resiste al tempo, perché fondata su valori eterni: la giustizia, la memoria, la dignità del dolore. È una poesia che dovrebbe essere letta nelle scuole, nei teatri, nei luoghi della cultura, come atto di consapevolezza collettiva.

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