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“O pioggia feroce”, Clemente Rebora e il potere purificatore della pioggia

Dopo giorni di grande caldo, in molte regioni d’Italia è arrivata la pioggia a lavare via tutto lo sporco delle nostre città, proprio come accade nella poesia di Clemente Rebora, “O pioggia feroce”, di cui vi proponiamo la lettura.

Con le sue poesie ricche di assonanze, anafore e lessico forte e incisivo, Clemente Rebora ha saputo descrivere tante situazioni. Siamo abituati a pensare a lui come un poeta della guerra – sono suoi alcuni dei versi più celebri dedicati al tema dei conflitti e dell’alienazione derivata da essi, basti pensare a “Viatico” o a “Voce di vedetta morta” –, ma Clemente Rebora ha scritto molto altro.

E oggi, visto che una parte della nostra penisola è interessata da intensi temporali, così come avviene ormai da qualche giorno dopo il grande caldo, vogliamo condividere proprio una poesia di Clemente Rebora, “O pioggia feroce”, in cui l’autore descrive il fenomeno atmosferico e la sua capacità purificatrice, rivestendo la pioggia dei significati allegorici che sono propri delle tradizioni delle 3 religioni monoteistiche.

O pioggia feroce di Clemente Rebora

O pioggia feroce che lavi ai selciati
lordure e menzogne
nell’anime impure,
scarnifichi ad essi le rughe
e ai morti viventi, le rogne!
Quando è sole, il pattume
e le pietre dei corsi
gemme sembrano e piume,
e fra genti e lavoro
scintilla il similoro
di tutti, e s’empiono i vuoti rimorsi;
ma in oscura meraviglia
fra un terror di profezia
tu, per la tenebra nuda
della cruda grondante tua striglia,
rodi chi visse di baratto e scoria:
annaspa egli nella memoria,
o si rimescola agli altri rifiuti,
o va stordito ai rìvoli di spurghi
che tu gli spazzi via.
Ma per noi, fredda amazzone implacata,
o pioggia di scuri e di frecce
tu sei redentrice adorata
del rinnegato bene;
per noi, che sentiamo insolubil mistero
quando la vita si sdraia alle cose,
mentre l’eterno in martirio di prove
ci sembra spontanea purezza del vero,
tu sùsciti come il silenzio
dove natura è più forte,
operi come la morte
dove immortale è il pensiero.
Oh, lava e scarnifica e spazza
chi fra i bari del mondo non volle aver bazza:
sgrumando la lugubre scoria
che c’inviliva alla gente,
snuderai l’oro e la gloria
che non si vendon né recan piacere,
ma splendono d’un balenìo
che irraggia invisibile sugli altri con Dio.

Giorni di pioggia in Italia

La pioggia che cade irruenta sulle persone, sulle case, sulle strade e sulle cose. La pioggia che lava via tutto, che spoglia e purifica, e lascia intravedere la vera natura di chi e di ciò che ci circonda.

Nel componimento di Clemente Rebora, poi, la pioggia e il suo potere purificatore è sono inseriti in un gioco di opposizioni con il sole e la sua capacità di far brillare tutto, esaltando l’apparenza e nascondendo i difetti e le oscurità più recondite. Una vera lotta, fra verità e apparenza, purezza e opacità di pensiero e intenzioni.

Questa bella poesia di Clemente Rebora non può che farci pensare alla pioggia che in questi giorni sta investendo, improvvisamente e in alcuni casi violentemente, buona parte della nostra penisola.

Clemente Rebora

Clemente Rebora, vissuto tra il 1885 e il 1957, è stato un insegnante di lettere, giornalista, poeta e traduttore di autori russi. Milanese, ha collaborato con riviste quali “La Voce”, “Rivista italiana” e “Diana”. Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Rebora viene chiamato alle armi. La guerra di trincea lo cambia profondamente. L’uomo ritorna alla vita di tutti i giorni con difficoltà.

I temi della violenza, della guerra e della trincea saranno ricorrenti nella sua produzione poetica. Nel 1928, Rebora vive un momento di forte crisi che lo porta alla conversione alla religione cattolica. L’anno seguente prende i sacramenti, e viene ordinato sacerdote nel 1936.

Nella sua formazione, così come nella sua opera, si possono distinguere tre fasi: la prima è definita “esistenzialistico-letteraria”, la seconda “umanitario-sincretistica”, e l’ultima “filosofico-religiosa”.

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