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“Alla Luna” (1819) di Giacomo Leopardi, sublime poesia sui ricordi e il conforto

Scopri come i ricordi possono creare consolazione e sollievo grazie "Alla Luna", la poesia di Giacomo Leopardi sul potere della rimembranza.

Alla Luna di Giacomo Leopardi è una splendida poesia sui ricordi del passato, che diventano l’unica arma per dare sollievo alla sofferenza del presente.

I ricordi della fanciullezza, sono per il poeta di Recanati, piacevoli anche quando sono stati caratterizzati dagli amari eventi che la vita ci pone davanti. Giacomo Leopardi vuole confinare nella stagione della giovinezza la possibilità di trarre conforto, attraverso appunto le “rimembranze” del passato, la possibilità di dare sollievo alla sofferenza presente. Geniale!

La poesia fu scritta a Recanati molto probabilmente nel 1819. Fu pubblicata per la prima volta, nel Nuovo Ricoglitore di Milano nel gennaio 1826 e nelle raccolta dei Versi, pubblicata a Bologna nel 1826. L’Idillio recava ancora il titolo La ricordanza.

Divenne Alla Luna, il titolo definitivo, nell’edizione deI Canti, pubblicata a Firenze nel 1831. Gli ultimi due versi della poesia furono aggiunti nell’edizione postuma dei Canti del 1845.

Leggiamo questa poesia sulla luna di Giacomo Leopardi per viverne il profondo significato.

Alla Luna di Giacomo Leopardi

O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l’anno, sovra questo colle
Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, nè cangia stile,
O mia diletta luna. E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l’etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso,
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l’affanno duri!

Il ricordo della giovinezza consola l’amaro presente

Alla Luna è una poesia di Giacomo Leopardi che ci offre uno dei principi fondanti della poetica della rimembranza di Giacomo Leopardi.

Un pensiero filosofico che caratterizza molte delle opere del poeta recanatese. La contrapposizione tra un presente di assoluta sofferenza e il passato in cui, malgrado la sofferenza ci sia, esiste ancora la possibilità di poter vivere la speranza che si possa cambiare.

Istintivamente se ci pensiamo è un meccanismo che adottiamo molto quando si discute con amici o persone care, molte volte quando ci si rincontra dopo molto tempo, dove istintivamente il ricordo delle cose fatte in giovinezza, permettono di ritrovare il sorriso, anche se in quel momento si vive il male o si soffre per qualcosa.

Leopardi è riuscito a rendere poetico un principio che potrebbe essere oggetto ci materia scientifica nell’ambito della psicologia.

La poesia può essere divisa in due parti

L’incontro con il notturno lunare

O graziosa luna, io mi rammento
Che, or volge l’anno, sovra questo colle
Io venia pien d’angoscia a rimirarti:
E tu pendevi allor su quella selva
Siccome or fai, che tutta la rischiari.
Ma nebuloso e tremulo dal pianto
Che mi sorgea sul ciglio, alle mie luci
Il tuo volto apparia, che travagliosa
Era mia vita: ed è, nè cangia stile,
O mia diletta luna.

La prima parte della poesia inizia dal primo verso fino alla prima metà del verso dieci e protagonista è questa luna notturna, che illumina ogni cosa.

“O graziosa luna”…, esordisce il poeta, in cui emerge la voglia di trovare complicità con il nostro satellite. La luna ha un significato importante nel dialogo interiore del poeta. Il poeta ritrova in quell’immagine naturale il senso del suo rapporto con l’infinito dell’esistenza.

La luna è come una figura femminile, quasi materna, che lo accoglie tra le sue braccia, offrendogli l’opportunità di potersi liberare, di poter trovare un momento di conforto, di consolazione riguardo al male interiore che lo opprime. Dentro questa magica notte lunare, il poeta proietta tutta la propria angoscia esistenziale.

Giacomo Leopardi è ritornato a distanza di un anno “sovra questo colle”, e seppur il tempo sia passato, lo sguardo verso la luna, ripropone lo stesso stato sentire interiore, la stessa perpetua sofferenza che finisce per distruggere il suo animo.

Non c’è pace nella vita di Leopardi. “Il pessimismo cosmico” che assale il cammino vitale dell’autore non lascia spazio allo stare bene, alla vitalità, alla gioia di vivere.

Il ritorno “all’ermo colle” de L’infinito (si tratta sempre della stessa casa paterna di Recanati) non può che rinnovargli il suo dolore interiore. Ma, allo steso tempo c’è la voglia di poter tirare fuori ciò che lo strugge dentro.

La luna non può che essere sempre la stessa, la stessa di un. anno fa (questo pensiamo sia scontato).

Il nostro satellite ripropone, come accaduto l’anno precedente, i suoi raggi luminosi  e “rischiara” il bosco di fronte al “colle”.

Quell’immagine, quell’atmosfera, quella magia notturna, emozionano il poeta, perché si rende conto che quel male che ha dentro non smette di far sentire i suoi effetti. La luna finisce per fargli prendere coscienza che la sua vita è dannata.

La notte e la luna, sono poeticamente il centro della riflessione, perché offrono al pensiero solitudine dagli umani e l’immersione assoluta nella natura che diventa accogliete e premurosa.

Si entra in un esperienza multisensoriale in cui ogni cosa che circonda porta l’individuo all’interno di un metacosmo in cui ogni cosa provoca emozione. Ogni cosa che si muove all’interno del contesto naturale finisce per stimolare ogni parte del coprpo e della mente.

Questa esperienza sublime e profonda finisce per far piangere il poeta. Le sue lacrime gli riempiono gli occhi e gli fanno apparire la luna sfocata e deformata. Se ci pensiamo questo accade quando si passa dalla coscienza all’onirico.

Non è cambiato nulla, la sofferenza continua a vivere nell’animo del poeta. Il cuore del poeta continua a vivere la stessa insopportabile angoscia. La sua vita purtroppo continua ad essere la stessa.

Il ricordo come chiave per trovare consolazione

E pur mi giova
La ricordanza, e il noverar l’etate
Del mio dolore. Oh come grato occorre
Nel tempo giovanil, quando ancor lungo
La speme e breve ha la memoria il corso,
Il rimembrar delle passate cose,
Ancor che triste, e che l’affanno duri!

Nella seconda parte che inizia da metà del verso dieci fino alla fine della poesia, prende vita con “E pur mi giova”, parole che aprono la via alla consolazione.  Leopardi evidenzia il grandissimo valore del ricordo come espediente per poter trovare un po’ di serenità.

In questa parte entra in scena il fulcro della poetica della rimembranza, presente in molte opere del poeta marchigiano. Il ricordo provoca una sorta di sollievo nell’autore. La “rimembranza” degli anni passati nel dolore, nella sofferenza creano un senso di consolazione.

Il significato che esprime questo Canto sta nella capacità della capacità del ricordo di riportare indietro nel tempo, di andare verso la fase della giovinezza della via. Più si riesce con i ricordi ad andare indietro più la consolazione può diventare forte.

Quando la sofferenza arriva in giovane età, si ha la possibilità di poter sperare che possa passare con il tempo. Quando si è giovani a vita che si ha davanti appare lunga e tutto può essere ancora possibile. La speranza ha davanti a sé un lungo cammino, mentre il passato è troppo breve per segnare l’anima e far sembrare il destino come ineluttabile.

Nella poesia non si fa nessun riferimento alla causa del male che il poeta vive. Solo la luna appare testimone del suo stato d’animo. Ma, il poeta riesce a fare un salto filosofico molto importante. Attraverso il ricordo si rivede più giovane e quindi ritrova in quelle oniriche immagini quella speranza che l’eta adulta gli ha portato definitivamente via.

Possiamo parlare di una sorta di sublimazione del passato, e se ci pensiamo, quel grande genio che era Giacomo Leopardi, può aver vissuto una sorta di ascesi in questo incontro lunare. In questa poesia come nelle altre in cui l’incontro con la luna è presente.

Questo si avverte nella dolcezza che caratterizza il ricordo della giovinezza del poeta. Si avverte come una piccola breccia che si apre nel suo amaro e da questa fessura appare un sintomo di pace, di benessere.

Il presente, ahimè, nell’avanzare incessante del fluire del tempo vissuto dal poeta, purtroppo finisce per accorciare la strada verso la fine dell’esistenza, non riuscendo in nessun modo ad offrire più il tempo necessario perché la speranza possa far vincere la gioia e il benessere.

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