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“A mia figlia” di Umberto Saba, l’amore e le cose semplici che rendono la vita speciale

140 anni fa nasceva Umberto Saba, il poeta delle piccole cose. Lo ricordiamo attraverso una meravigliosa poesia dedicata alla figlia, che testimonia l'importanza dell'amore e della semplicità nella vita dell'autore triestino.

L’amore e le cose semplici possono rendere l vita speciale. Questo è il dono che ci fa Umberto Saba attraverso i versi della poesia A mia figlia.

“Ti conquisti la casa a poco a poco,
e il cuore della tua selvaggia mamma”.

Quanta verità abita questi versi di Umberto Saba, che racconta la straordinarietà dell’amore per i figli, che cresce a vista d’occhio e conquista, tappa dopo tappa, il cuore dei genitori. Per celebrare il centoquarantesimo anniversario della nascita di Umberto Saba non potevamo che scegliere una delle sue poesie dedicate alla famiglia, che occupa tanto spazio nel processo d’ispirazione dell’autore triestino.

Esiste infatti una realtà che Saba ha saputo raccontare con stupefacente ed emozionante vivacità, quella dell’amore e della semplicità, elementi che rendono la vita ricca di bellezza, degna di essere vissuta nella sua pienezza. A mia figlia è un meraviglioso esempio di come il poeta abbia reso la sua quotidianità esperienza d’amore universale cristallizzandolo in versi indimenticabili.

A mia figlia di Umberto Saba

Mio tenero germoglio,
che non amo perché sulla mia pianta
sei rifiorita, ma perché sei tanto
debole e amore ti ha concesso a me;
o mia figliola, tu non sei dei sogni
miei la speranza; e non più che per ogni
altro germoglio è il mio amore per te.

La mia vita mia cara
bambina,
è l’erta solitaria, l’erta chiusa
dal muricciolo,
dove al tramonto solo
siedo, a celati miei pensieri in vista.
Se tu non vivi a quei pensieri in cima,
pur nel tuo mondo li fai divagare;
e mi piace da presso riguardare
la tua conquista.

Ti conquisti la casa a poco a poco,
e il cuore della tua selvaggia mamma.
Come la vedi, di gioia s’infiamma
la tua guancia, ed a lei corri dal gioco.
Ti accoglie in grembo una sì bella e pia
mamma, e ti gode. E il suo vecchio amore oblia.

Umberto Saba

Umberto Saba è lo pseudonimo di Umberto Poli, nato nel 1883 a Trieste. Di origini ebraiche per parte di madre, il piccolo Umberto Saba viene accudito nei primi anni di vita da Peppa, una balia slovena cattolica a cui lui resterà per sempre legato.

Quando la madre lo riprende con sé e lo allontana da Peppa, Umberto subisce un trauma che in seguito racconterà nelle sue poesie. Dopo aver trascorso alcuni anni a Padova da parenti, il giovane ritorna a Trieste e vive con la madre e le zie, in totale assenza di una figura maschile, poiché il padre aveva abbandonato la famiglia prima della nascita dello stesso Umberto Saba.

Il periodo dell’adolescenza è segnato dalla malinconia e dallo studio dei classici della letteratura. Nel 1903 si trasferisce a Pisa per frequentare alcuni corsi dell’università; inizia con le lezioni di letteratura italiana, ma ben presto li lascia per seguire quelli di archeologia, tedesco e latino. In questo periodo, viene colto per la prima volta da un attacco di nevrastenia.

Vive a Firenze, si trasferisce a Salerno per il servizio militare e infine, nel 1908, torna a Trieste, dove sposa con rito ebraico Carolina Wölfler, l’amata Lina celebrata nei suoi versi. L’anno seguente nasce Linuccia. Nel 1911 pubblica sotto pseudonimo la sua prima raccolta. Comincia per lui la carriera di poeta. Vincitore di numerosi premi, Saba non abbandonerà mai la passione per la scrittura, neanche dopo aver assistito agli orrori del XX secolo.

Nel Dopoguerra, si avvicina a Carlo Levi ed Eugenio Montale, amici a cui resterà legato fino alla morte, avvenuta nel 1957 a Gorizia, nella clinica in cui si era fatto ricoverare sperando di mitigare gli attacchi nervosi da cui era affetto.

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