Sei qui: Home » Lingua Italiana » “Post-verità parola dell’anno? Sintomo della violenza del linguaggio di oggi”, il commento del Presidente della Crusca

“Post-verità parola dell’anno? Sintomo della violenza del linguaggio di oggi”, il commento del Presidente della Crusca

La parola dell'anno secondo l'Oxford Dictionary è "post-truth", che in italiano potremmo tradurre con "post-verità". Una scelta "interessante" per il Presidente dell'Accademia della Crusca

MILANO – La parola dell’anno secondo l’Oxford Dictionary è “post-truth”, che in italiano potremmo tradurre con “post-verità”, e sta a indicare una situazione in cui “i fatti obiettivi sono meno influenti sull’opinione pubblica rispetto agli appelli emotivi e alle convinzioni personali”. Una scelta “interessante” secondo Claudio Marazzini, il Presidente dell’Accademia della Crusca. “E’ interessante che attirino l’attenzione su parole di critica verso delle deviazioni del sentimento sociale, parole che esprimono una critica a una cultura di massa”.

POST-VERITA’ COME WEBETE DI MENTANA – “E’ una parola per certi versi simile a ‘webete’, il neologismo coniato sul finire dell’estate da Mentana” racconta il dottor Marazzini. “Con questa parola Mentana intendeva indicare l’individuo che attraverso i social media perde il controllo di se stesso e acquisisce, come ormai è assolutamente usuale, un tipo di reazione violenta e aggressiva. In pratica, su argomenti seri, quasi tutti assumono quel tono che sarebbe da stadio o da bar in cui si parla di calcio il lunedì. Questo tipo di grossolanità”. In realtà si è poi scoperto che webete era una parola già esistente tra gli addetti ai lavori nel campo dell’informatica, indicando l’incompetenza di chi era convinto che internet fosse soltanto web.

UNA PAROLA CHE VALE UN’EPOCA – “La parola scelta da Oxford definisce la nostra epoca e spinge a un momento di ripensamento e riflessione sulle potenzialità della rete” commenta il Presidente dell’Accademia della Crusca. “Il linguaggio diventa sempre più violento. Abbiamo nostalgia delle convergenze parallele di modo” ci dice ridendo, per poi tornare subito serio “quando il modo di parlare di un politico era ovattato e cauto, diceva e non diceva. Ci siamo tanto lamentati ma almeno quel tipo di cautela evitava di passare allo scontro verbale e magari poi anche allo scontro fisico”. Ma quale lavoro va fatto allora sulla lingua? ” Un lavoro di attenzione e moderazione sulla parola. Dovremmo imparare a non perdere mai il senso di rispetto nei confronti dell’interlocutore, che è certamente un avversario ma non necessariamente un nemico. Bisogna sempre distinguere tra avversario e nemico”.

© Riproduzione Riservata