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E’ più giusto scrivere Kiev o Kyjiv/Kyïv? La risposta della Crusca

In questi giorni abbiamo notato il nome della capitale ucraina scritta in modi diversi: Kiev, ma anche Kyjiv e addirittura Kyev. Scopriamo quale sia la forma più corretta e perché secondo la Crusca.

La città di Kiev è, purtroppo, al centro delle news in questi giorni a causa dell’invasione Russia che sta portando la guerra in Ucraina nel cuore della sua capitale. Molti telegiornali realizzano collegamenti con i propri inviati dalla città, e spesso leggiamo in sopra impressione il nome della capitale ucraina scritta in modi diversi: Kiev, ma anche Kyjiv e addirittura è apparsa anche la dicitura Kyev, un mix tra le due opzioni. Scopriamo quale sia la giusta scrittura del nome della città ucraina, o quanto meno quella consigliata secondo l’Accademia della Crusca.

Esonimi ed endomini

Innanzi tutti, leviamo ogni dubbio riguardante la dicitura “Kyev”. Si tratta di un errore, apparso nei giorni scorsi durante un collegamento nel corso della trasmissione “Domenica In”, una via di mezzo tra la versione esonima ed endonima del nome della capitale. Mentre la questione del nome politicamente corretto della capitale dell’Ucraina, dicono dall’Acccademia della Crusca, richiama l’annoso dibattito sull’uso degli esonimi e sugli endonimi e sulla standardizzazione dei nomi geografici. Per endonimo si intende il toponimo espresso nella lingua parlata dagli abitanti di una città, provincia, regione, nazione individuata da quel nome; ed esonimo quello utilizzato in altre lingue per indicare il medesimo luogo. Sono ad esempio endonimi Paris, London, Berlin, Kraków, Praha, Zagreb, che in italiano trovano i corrispondenti esonimi in Parigi, Londra, Berlino, Cracovia, Praga e Zagabria.

Si pronuncia Ucràina o Ucraìna? Risponde la Crusca

Si pronuncia Ucràina o Ucraìna? Risponde la Crusca

Si pronuncia Ucràina o Ucraìna? Molti si sono posti questa domanda: sul quesito si è pronunciata anche l’Accademia della Crusca.

Esiste da alcuni decenni un organismo ONU, il Gruppo di esperti delle Nazioni Unite per i nomi geografici, in acronimo inglese UNGEGN e francese GENUNG, che in assemblee e convegni ha discusso a lungo di esonimi ed endonimi, senza tuttavia pervenire, ancora, a conclusioni chiare e univoche. La questione è necessariamente complessa, poiché entrano in gioco, da un lato, le lingue di minoranza parlate in una stessa area e, dall’altro, il cambiamento dei toponimi nel tempo; quest’ultimo fenomeno è estremamente attuale tanto che si è sviluppata internazionalmente, negli anni Duemila, una sorta di subdisciplina o specializzazione chiamata in inglese critical toponymy che si occupa di odonimi ma anche di micro- e macrotoponimi.

Kiev e Kyjiv/Kyïv

Venendo allo specifico caso ucraino, Kiev e Kyjiv/Kyïv sono le traslitterazioni dal cirillico del nome della capitale ucraina rispettivamente in lingua russa e in lingua ucraina; le due pronunce sono ben distinte. Il toponimo potrebbe avere origine da un leggendario fondatore chiamato Kij. L’etnico, usato raramente, può individuarsi in kieviano (esonimico). La storia della città e della nazione, fanno notare gli accademici della Crusca, non aiutano nell’individuazione di una forma del toponimo accettabile senza compromessi: Kiev è stata la capitale di un territorio indipendente tra il IX e il XII secolo, ma poi ha subìto il dominio dei Mongoli, il governo dello Stato di Galizia-Volinia, del Granducato di Lituania, della Polonia e della Russia già nel corso del Settecento, è stata occupata dai tedeschi nel 1941 e ripresa dall’Armata Rossa sovietica nel 1943.

L’indipendenza acquisita nel 1991 con la disgregazione dell’impero sovietico ha restituito piena sovranità allo Stato, ma il russo è la lingua madre di milioni di abitanti in Ucraina, parlata in vaste aree del Paese, specie sud-orientali (qui con valori come lingua preferita compresi tra l’80 e il 90%); è la prima anche nella capitale.

La conclusione

La situazione sembra pertanto invitare a considerare tanto Kiev quanto Kyjiv endonimi e come tali di pari prestigio politico e sociale. La scelta di un parlante italiano, o comunque non locale, potrebbe essere quella di ricorrere all’uso di entrambe le forme, almeno la prima volta che in un testo si citi il nome, ponendole in qualsiasi ordine e separandole a seconda delle preferenze con barra obliqua, trattino o chiudendo tra parentesi l’una o l’altra.

L’uso degli esonimi è ampiamente approvato dalla comunità internazionale. Nessun italiano vorrebbe costringere un tedesco a rinunciare a scrivere Rom o Mailand o un francese a evitare Florence o Venise. Il fatto è che alcuni toponimi non adattati hanno assunto, per conoscenza attiva e passiva dei parlanti, un valore che potremmo definire facente funzione di esonimo pur trattandosi di endonimi: gli italiani dicono Bonn o Washington, Rio de Janeiro o Amsterdam senza avvertire questi toponimi come estranei al proprio idioletto e senza pensare a un possibile adattamento. In tale chiave, e in via subordinata, la dizione Kiev potrebbe essere allora utilizzata senza eccessivi scrupoli. Così come continuiamo a dire Moldavia o Bielorussia per Paesi, anch’essi ex sovietici, che pure chiedono agli stranieri di usare Moldova e Belorussia.

 

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