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Cos’è lo “schwa”, origine e significato del termine fonetico neutro

Uno studente di Roma ha inserito nella prima prova dell’esame di maturità lo schwa, il simbolo della comunità non binaria. Analizziamo l'origine, l'utilizzo e il significato linguistico e figurato della cosiddetta "e rovesciata".

Nella prima rova scritta dell’esame di maturità di quest0anno, Uuo studente di Roma ha inserito nella prima prova dell’esame di maturità lo schwa, il simbolo della comunità non binaria. Si tratta di Gabriele Lodetti, maturando del liceo Plinio Seniore che intervistato su Repubblica ha affermato di aver voluto usare il simbolo delle persone che non si riconoscono nel genere maschile o femminile “per rendere più inclusivo il linguaggio”, rischiando anche che la prova venisse invalidata.

Lo schwa è un espediente poco usato nella lingua italiana, ma che in questo specifico caso vuol dare il senso di neutro e di inclusività ed annullare l’esistenza dei generi. In questa sede, ci soffermiamo soltanto nell’analizzare l’origine e il significato di “schwa” e del segno fonetico che lo rappresenta.

Cos’è lo schwa

Secondo quanto riporta la Treccani, lo “schwa” (adattato in italiano con “scevà”, trascrizione tedesca del termine grammaticale ebraico shĕvā /ʃəˈwa/, tradotto con insignificante, zero o null) è il nome di un simbolo grafico ebraico costituito da due puntini [:] posti sotto un grafema normalmente consonantico, per indicare l’assenza di vocale seguente o la presenza di una vocale senza qualità e senza quantità, quindi di grado ridotto.

Indicato nell’alfabeto fonetico internazionale viene indicata con il simbolo /ə/, lo schwa è un suono vocalico neutro, non arrotondato, senza accento o tono, di scarsa sonorità.

L’uso nella lingua italiana

Tra le lingue parlate in Italia, l’idioma romanzo in cui è frequente lo schwa è la lingua napoletana: ad esempio, nella sola parola mammeta (“tua madre”) ve ne sono due, una nella seconda sillaba e una nella terza, mentre nella parola stənnəturə (“stenditore per la pasta fatta in casa”) tutte le vocali, ad eccezione della terza tonica, sono rappresentate da schwa . 

Lo scevà è presente anche nella lingua piemontese. In Piemonte è detto anche terza vocale poiché essa, aggiungendosi alle due vocali tipiche delle lingue gallo-italiche dell’Italia Settentrionale – /ø/ ed /y/ (ö, ü) – lo differenzia dal resto della famiglia linguistica galloitalica e dal francoprovenzale.

Il dibattito linguistico

In un recente articolo pubblicato sulla rivista l’Espresso, la scrittrice Michela Murgia ha usato l’elemento fonetico “ə”, ovvero lo Schwa.  L’autrice di Stai zitta ha utilizzato questo espediente linguistico con l’intento di eliminare la differenza di genere tra maschile e femminile.

L’uso dello “schwa” si inserisce all’interno del dibattito in corso su come rendere l’italiano una lingua più inclusiva e meno legata al predominio del genere maschile, in cui si può usare il simbolo  ə al posto della desinenza maschile per definire un gruppo misto di persone, come attualmente si insegna a scuola. Una questione di tipo linguistico e concettuale, legata all’identità di genere, che ricorda da vicino il dibattito riguardante la rivendicazione dell’uso al femminile delle parole “avvocata”, “ministra”, “sindaca”.

 

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