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L’uso corretto dell’apostrofo

Approfondiamo l' uso corretto dell'apostrofo nella lingua italiana

MILANO – Spesso su Libreriamo cerchiamo di chiarire quei dubbi grammaticali legati alla lingua italiana che un po’ tutti in un modo o nell’altro ancora commettiamo. Oggi vogliamo porre l’attenzione sull’ uso corretto dell’apostrofo.

In quali casi usarlo

In italiano l’apostrofo si utilizza quando si presenta il fenomeno dell’elisione. L’elisione consiste nella caduta della vocale non accentata di una parola di fronte alla vocale iniziale di un’altra parola. Come ben spiega la Zanichelli, l’elisione è obbligatoria con:

→ gli articoli determinativi lo, la e le preposizioni articolate formate con essi: l’animale, l’acqua, dell’uomo, dall’opera;

→ l’articolo indeterminativo una: un’amica, un’impresa, un’epoca;

→ gli aggettivi bello e quello: un bell’albero, quell’immagine; l’elisione in questo caso è possibile ma non obbligatoria con i femminili bella e quella;

santo e santa: sant’Anna, sant’Anselmo.

L’elisione è prevalente ma non obbligatoria con:

→ la preposizione di, specialmente davanti a una parola che comincia con la i: d’accordo, d’argento, d’improvviso, d’invitare;

→ i pronomi personali atoni lo, la, mi, ti, si, vi, ne: l’incontrai o lo incontrai, l’ospitò o la ospitò, m’avvisò o mi avvisò, ecc.;

→ l’aggettivo questo: quest’anno, quest’ultimo;

→ l’avverbio e congiunzione come seguito dal verbo essere: com’è grande!, com’era bello.

L’elisione non si produce mai:

→ con i pronomi atoni le, li in funzione di complemento oggetto: le ammiravo, li incontrai, e con il pronome le in funzione di complemento di termine: le affiancherò un tutore;

→ con il pronome personale atono ci (noi, a noi) seguito da vocale diversa da i: ci ama, ci osserva;

→ davanti a i semiconsonantica: di ieri, lo iodio, lo iato.

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La filastrocca di Rodari

C’è una particolare filastrocca di Rodari dedicata all’uso dell’apostrofo e che racconta la storia di uno scolaro non proprio bravissimo che trasformò un lago in un ago collocandolo dove non serviva.

L’ago di Garda

C’era una volta un lago, e uno scolaro
un po’ somaro, un po’ mago,
con un piccolo apostrofo
lo trasformò in un ago.

“Oh, guarda, guarda”
la gente diceva
“l’ago di Garda!”
“Un ago importante:
è segnato perfino sull’atlante”.

“Dicono che è pescoso.
Il fatto è misterioso:
dove staranno i pesci, nella cruna?”
“E dove si specchierà la luna?”
“Sulla punta si pungerà,
si farà male…”
“Ho letto che si naviga un battello”.
“Sarà piuttosto un ditale”.

Da tante critiche punto sul vivo
il mago distratto cancellò l’errore,
ma lo fece con tanta furia
che, per colmo d’ingiuria,
si rovesciò l’inchiostro
formando un lago nero e senza apostrofo.

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