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“Un bene al mondo” di Andrea Bajani, una riflessione sul passaggio all’età adulta

Sa di poesia e di favole antiche, il nuovo romanzo di Andrea Bajani “Un bene al mondo” (Einaudi, settembre 2016). Con una copertina infantile, sui toni dell’azzurro, dove non esiste dimensione ma tutto è lineare e ben distinto.

Una riflessione sulla perdita dell’innocenza ed il passaggio all’età adulta, che avviene per gradi, quasi fosse il frutto di una parabola.
Un bambino, depositario di un dolore che gli ha lasciato alla nascita la madre, qui dotato di vita propria e paragonato ad un fedele cagnolino, percorre le strade del suo paese di montagna, vicino ad un confine. I binari del treno che lo attraversano, con un passaggio a livello, lo rendono libero di sognare e di partire. Una bambina sottile, con un dolore “spelacchiato”, si prende cura di lui, e, fra lettere scritte e mai inviate e poi riscritte e spedite davvero, si riscopre innamorato.

Il tono meticoloso con cui vengono scandite le parole; i concetti al limite del verosimile, fanno credere al lettore di leggere una fiaba. Ma questa è in realtà una favola per adulti, perché metafora della vita. Dove c’è tutta la fragilità dei bambini, insieme alla loro solitudine. La rassegnazione di una madre che cucina cibi che non hanno più odore; dove i bulli di paese scherniscono, stando seduti sulla panchina della piazza.
C’è poi la violenza fra le mura domestiche, che ha il volto familiare del padre, prigioniero di un dolore più grande e feroce, che a differenza del bambino non porta con sé, ma nasconde in uno stanzino, di cui da lontano si sente la puzza. Ed è presente anche la volontà di crescere e di diventare migliori dei nostri padri; di partire incontro al destino, con uno zainetto rosso sulle spalle, eredità del bambino che siamo stati.
Inoltre, c’è la volontà di tornare, dopo avere apprezzato il silenzio, scoprendo che non si è appartenuti al regno dei morti. Capendo che tutti abbiamo un dolore, e che la nostra salute mentale dipende proprio dal modo in cui riusciamo a gestirlo. Non rifiutandolo o avendone paura, bensì portandolo sempre con noi, provando per lui una sottile tenerezza. Come fosse il nostro migliore amico. Curandolo, come fosse il nostro cane.
Sono parole delicate e al tempo stesso di forte impatto, quelle che Bajani ha in serbo per noi lettori. Egli parla a quegli adulti che siamo diventati.

Cristina Biolcati

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