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Perché la Russia invade l’Ucraina, rileggere il passato per capire il presente

Lo scrittore Ettore Cinnella, con il contributo dell'editore Dellaporta, ci aiuta a ripercorrere le principali tappe della storia per capire perché la Russia oggi invade l'Ucraina.

“L’aggressione russa all’Ucraina di oggi ha posto all’attenzione dell’opinione pubblica e dei governi in Occidente le vicende e il destino di questa nazione a nord del mar Nero, dal 1991 divenuta uno Stato indipendente.” Comincia così il racconto di Ettore Cinnella, specialista di storia russa e allievo della Scuola Normale Superiore, insegnante per molti anni Storia contemporanea e Storia dell’Europa orientale all’Università di Pisa. L’autore ha scritto numerosi saggi di storia russa e di storia moderna e contemporanea. Grazie all’autore e al contributo dell’editore Dellaporta, ripercorriamo le principali tappe della storia cercando di capire perché la Russia oggi invade l’Ucraina.

L’ideale di indipendenza

Non di rado l’Ucraina è stata considerata una vasta regione della Russia meridionale – il suo ricco e fertile «granaio» (come si diceva una volta) – che all’improvviso si è staccata dalla madrepatria al momento del crollo dell’URSS. L’indipendenza dell’Ucraina, tuttavia, non fu il risultato dell’azione dei gruppi nazionalistici di quel paese, ma va vista come l’esito di un lungo processo storico. Nel 1991 i patrioti ucraini riuscirono a realizzare un ideale, per il quale si erano battute tante generazioni di intellettuali democratici, e che era sembrato avverarsi già nel 1917-1920».

Dalla Russia di Kiev alla dominazione moscovita

La prima formazione statale sorta sul territorio dell’odierna Ucraina fu la cosiddetta Russia di Kiev (fiorita nei secoli X-XIII), che viene generalmente considerata la culla della civiltà russa, mentre il realtà fu l’inizio della vita statale degli slavi orientali. Nel periodo in cui aveva inizio l’ascesa del granducato di Mosca (XIV secolo), l’Ucraina veniva liberata dal dominio mongolo per opera del principe lituano Algirdas. Il Granducato di Lituania inglobò dapprima tutta la Bielorussia e poi gran parte dell’odierna Ucraina. Il Granducato di Lituania divenne in breve tempo uno dei più potenti Stati dell’Europa orientale, esteso dal Baltico al mar Nero. 

Con l’Unione di Lublino (1569), che sancì la nascita dello Stato polacco-lituano (la cosiddetta Rzeczpospolita), la maggior parte delle province ucraine, prima appartenenti al granducato di Lituania, passò sotto il dominio diretto del re di Polonia. Se, sul piano culturale, la dominazione polacca portò un indubbio progresso, la perdita dell’autonomia politica e la dura soggezione dei contadini alla nobiltà furono il lato negativo della medaglia. Le endemiche rivolte contadine contro la nobiltà polacca culminarono in una grande guerra insieme sociale e nazionale, cominciata nel 1648 sotto la guida dell’etmano (comandante cosacco) Bohdan Chmel’nyc’kyj. Dopo una serie di vittorie sugli eserciti polacchi, l’insurrezione si concluse con il trattato di Perejaslav (1654), che pose l’Ucraina sotto la tutela dello zar di Mosca.

Dalla seconda metà del Seicento l’Ucraina gravitò nell’orbita dell’impero zarista, conservando per alcuni decenni una relativa autonomia, che andò perduta sotto Pietro il Grande e soprattutto sotto Caterina II. La lunga dominazione moscovita fu alquanto disastrosa, sul piano culturale e materiale, per il popolo ucraino. Nel corso del XIX secolo l’identità culturale ucraina, a cominciare dalla lingua, fu soffocata dal governo zarista. Ma fu proprio nell’Ottocento che gli intellettuali ucraini riscoprirono e tennero viva la consapevolezza di appartenere ad una comunità etno-culturale diversa da quella russa.

La rivoluzione russa del 1917 e la nascita della Rada ucraina

Quando, in seguito alla rivoluzione di febbraio del 1917, lo zarismo fu abbattuto, sembrò giunta l’ora del riscatto nazionale dell’Ucraina. L’Associazione dei progressisti ucraini (Tovarystvo ukrajins’kych postupovciv) si fece allora promotore della convocazione di un Consiglio centrale ucraino (Central’na Ukrajins’ka Rada), che rappresentasse le principali organizzazioni sociali e i partiti politici ucraini. Contando sul sostegno del proletariato dei centri industriali e sulle rivolte contadine contro i proprietari terrieri, i bolscevichi di Mosca mossero guerra alla Rada. Dopo un bombardamento durato undici giorni, il 26 gennaio 1918 le truppe bolsceviche entrarono a Kiev. Prima di soccombere, la Rada aveva proclamato, con il quarto universale del 22 gennaio 1918, l’indipendenza dell’Ucraina, accentuando altresì il carattere socialista del «nuovo Stato libero e sovrano del popolo ucraino».

L’alleanza con gli eserciti austro-tedeschi

L’intesa tra la Rada liberalsocialista e il comando germanico fu di breve durata. Gli ufficiali tedeschi diffidavano di un governo ai loro occhi troppo rivoluzionario, preferendo trattare con un’amministrazione più moderata. Il loro uomo di fiducia fu il generale zarista Pavlo Skoropads’kyj, che aveva il sostegno dell’Unione dei proprietari terrieri. Skoropads’kyj assunse il potere alla fine di aprile proclamandosi, con un titolo mutuato dalla tradizione cosacca, «etmano di tutta l’Ucraina» (colpo di Stato del 29 aprile 1918). Contro il governo di Skoropads’kyj combatterono sia i sostenitori della Rada, sia i bolscevichi ucraini legati a Mosca. Questi ultimi, sotto la regia del Cremino, diedero vita nel luglio 1918 al partito comunista ucraino. L’etmano uscì di scena quando i suoi protettori austro-tedeschi, sconfitti dagli eserciti dell’Intesa, dovettero abbandonare l’Ucraina.

La vittoria dei bolscevichi di Lenin in Ucraina

Quando, il 14 dicembre 1918, le truppe del direttorio guidate da Symon Petljura entrarono trionfalmente a Kiev, sembrò che stesse per coronarsi il sogno di generazioni d’intellettuali democratici ucraini. Tuttavia, incalzato dai comunisti ucraini, i quali potevano ora contare sul decisivo sostegno dell’armata rossa, il governo del direttorio dovette presto soccombere. Dalla città russa di Kursk, i seguaci di Lenin mossero verso sud-ovest occupando Char’kov il 3 gennaio 1919 e conquistando Kiev all’inizio di febbraio. I bolscevichi leninisti si installarono saldamente al potere e introdussero in Ucraina il sistema politico-sociale già sperimentato in Russia.

L’holodomor e l’annessione all’URSS

La coscienza nazionale ucraina prese corpo, a livello di massa, dopo la rivoluzione bolscevica, quando il paese conobbe per pochi anni l’esperienza dell’indipendenza. La difficile via dell’autonomia culturale e linguistica nell’ambito dell’URSS fu percorsa negli anni ’20 del Novecento, ma si interruppe bruscamente in seguito alla svolta politica centralizzatrice decisa da Stalin. Il genocidio del 1932-1933 (holodomor, la morte per fame di milioni di contadini) creò tra Ucraina e Russia un baratro, che non si è più colmato.

Alla fine della seconda guerra mondiale, dopo l’occupazione tedesca, l’Ucraina fu riassoggettata all’Unione Sovietica, ora ingrandita dalle vittorie militari. La parte occidentale, cioè la regione di Leopoli appartenuta prima all’Austria e poi alla Polonia, entrò a far parte anch’essa dell’impero di Stalin.

Dalla Crimea fino all’occupazione militare del 2014 

Tra i canati eredi dell’impero mongolo dell’Orda d’oro, quello di Crimea sfuggì a lungo al dominio della Russia. Fu Caterina II ad annettere la Crimea, nel 1783, dopo aver sconfitto militarmente l’impero ottomano, del quale il piccolo canato era vassallo.  Uno spiraglio di autonomia parve aprirsi, per la gente tatara in Crimea, con l’avvio della politica sovietica di apertura verso le nazionalità non russe negli anni ’20. Ma si trattò di un breve sogno, al quale seguirono la collettivizzazione forzata e le repressioni politiche.  La destalinizzazione avviata dopo il 1953 portò ai tatari di Crimea meno benefici di quelli concessi alle altre nazionalità. Le cose parvero migliorare per loro con la fine dell’URSS e con la nascita dell’Ucraina indipendente nel 1991. La Crimea russificata era stata donata all’Ucraina da Krusciov nel 1954, come accadeva sovente nell’Unione Sovietica, dove il governo di Mosca spostava a piacimento i confini delle varie repubbliche. Così, con la proclamazione dell’indipendenza dell’Ucraina, la Crimea restò a far parte del nuovo Stato.

Con il pretesto che la maggioranza della popolazione era etnicamente russa, nel 2014 Putin occupò militarmente la Crimea nella quasi indifferenza dell’Occidente e poco curandosi delle sanzioni decretate dagli USA e dall’Unione europea. Allora fu già chiara la volontà espansionistica del presidente russo, la cui aspirazione è sempre stata la rinascita dell’impero sovietico, interno ed esterno.

L’Ucraina e la situazione attuale

La situazione europea e internazionale oggi ricorda quanto accadde alla vigilia della seconda guerra mondiale, allorché le democrazie occidentali sottovalutarono le mire espansionistiche e la volontà di potenza di Hitler. Quando se ne accorsero, alla fine dell’estate del 1939, era ormai troppo tardi: la politica dell’appeasement non aveva fermato la Germania nazista quando era ancora militarmente debole, e non aveva evitato la guerra. Così, oggi bisogna fare i conti con una Russia aggressiva e dotata di armi micidiali. Spinto dalla brama di rivincita, Putin non esiterà a scatenare una guerra generale pur di veder rinascere l’anacronistico impero sovietico, già condannato dalla storia, e cercherà di riprendersi prima i territori dell’URSS aggredendo poi, se necessario, anche i paesi un tempo satelliti della Russia sovietica.

L’autore

Ettore Cinnella, specialista di storia russa e allievo della Scuola Normale Superiore, ha insegnato per molti anni Storia contemporanea e Storia dell’Europa orientale all’Università di Pisa. Ha scritto numerosi saggi di storia russa e di storia moderna e contemporanea, tradotti in diverse lingue. Il suo libro “Ucraina. Il genocidio dimenticato” è stato finalista al Premio Friuli per la storia e ha avuto in Italia un grande successo di critica e di pubblico.

 

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