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Perché “Abbandonare un gatto” di Haruki Murakami è un libro da leggere

Murakami non si è mai aperto come ha fatto in "Abbandonare un gatto". Ecco uno dei numerosi motivi per cui tutti dovremmo leggere il libro dell'autore giapponese che oggi scopriamo in occasione della Giornata Internazionale del gatto

Oggi celebriamo i gatti, creature meravigliose che in molti scegliamo come compagni di vita. In occasione della Giornata internazionale del gatto, infatti, scopriamo insieme un bellissimo libro di Haruki Murakami che costituisce un unicum nella carriera letteraria dell’autore: “Abbandonare un gatto“.

Nel libro Haruki Murakami ripercorre i suoi ricordi di bambino e, a differenza dei mondi immaginifici ai quali ci ha abituato, racconta la sua vita e, per la prima volta, si confessa col suo pubblico.

L’autore narra in maniera apparentemente semplice la storia comune di un uomo comune – suo padre – ripassandola con gli occhi del bimbo che è stato, ma ragionandola con la mente dell’uomo che è diventato. Nell’architettura dell’opera, il gatto ha un ruolo molto importante!

“Abbandonare un gatto”, la sinossi

Nei suoi romanzi e racconti Murakami ha creato un’infinità di mondi, e ne ha svelato ogni segreto ai lettori. Ma c’è una dimensione in cui la sua penna non si è quasi mai avventurata: la sua vita. Con Abbandonare un gatto, Murakami scrive per la prima volta della sua famiglia, e in particolare di suo padre.

“Ognuno di noi è una delle innumerevoli, anonime gocce di pioggia che cadono su una vasta pianura. Una goccia che ha una sua individualità, ma è sostituibile. Eppure quella goccia ha i suoi pensieri, la sua storia e il dovere di continuarla. Non lo dobbiamo dimenticare. Anche se si perde la propria individualità per essere inglobati e annullati in qualche massa. Anzi, dovrei dire proprio perché si è inglobati in una massa.”

Ne nasce un ritratto toccante, il racconto sincero del «figlio qualunque di un uomo qualunque ». E forse proprio per questo speciale. A tradurre in immagini questo delicato racconto autobiografico, le invenzioni di uno dei più importanti illustratori contemporanei, Emiliano Ponzi, che con i suoi colori aggiunge poesia alla poesia in un’edizione unica al mondo. Il primo memoir del grande autore giapponese: un racconto inedito per un Murakami inedito.

La figura del gatto nell’opera di Murakami

La prima a tornargli in mente, fra le tante cose che hanno fatto insieme, senza una ragione precisa, è la vicenda che li ha legati alla loro gatta. Una storia singolare, ambientata nel dopoguerra, quando le complicazioni potevano davvero insorgere dal nulla. Così è nell’ordinario che Haruki Murakami ritrova il quotidiano suo, di suo padre e di sua madre.

La narrazione – mai smielata ma molto intensa – non delude. Comincia dalla prima cosa che ricorda, un avvenimento di quando era molto piccolo. L’autore ama i gatti e, anche qui, c’è una gran sorpresa.

Questo lavoro è una sorta di diario della sua esistenza nel quale coinvolge l’uomo semplice che lo ha cresciuto, un abilissimo poeta di haiku, che mai lo ha creduto capace di diventare abile romanziere.

Per un po’ di tempo, da adulto, gli è stato anche distante. In questa parte del romanzo, pur non avendo figli, Murakami sorprende con delle lucide e profonde considerazioni sull’essere genitore, oltre al raccontarsi sinceramente per il figlio che è stato.

Perché è un libro da leggere

Questo libro è da leggere andando ben oltre le righe, è una sorta di dono al suo pubblico da parte dell’autore. Mai prima, infatti, Murakami si è aperto tanto.

Con l’immancabile traduzione di Antonietta Pastore, “Abbandonare un gatto” è completamente illustrato dall’italiano Emiliano Ponzi. Un libro da non perdere, per niente al mondo, se siete murakamiani.

Se non lo siete, invece, è da leggere semplicemente perché – con la sua perfetta sintesi – l’autore riesce a spiegarci molto sulla storia e sulla cultura giapponese, sulle usanze, sui modi di dire, sulla guerra, sul dopoguerra e sulla tradizionale poesia haiku. Poesia della quale egli non è affatto un grande compositore, a differenza di Murakami padre.

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