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Luigi Pirandello e il tempo delle maschere oggi

L'uso delle mascherine aumenterà la distanza tra essere e apparire come teorizzava Luigi Pirandello? Lo abbiamo chiesto a Giuseppe Lupo, professore di letteratura italiana contemporanea e scrittore

L’emergenza Coronavirus ci sta costringendo a utilizzare delle mascherine per difendere sia noi sia coloro che ci sono intorno. La simbologia delle maschere ci riporta indietro a quando Luigi Pirandello aveva teorizzato un’umanità con indosso una maschera, seppur metaforica. Pirandello non si riferiva a qualche cosa che copriva semplicemente il naso e la bocca, ma parlava di maschere in senso “teatrale”. 

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Differenza tra essere e apparire

Per Luigi Pirandello le maschere rappresentano la frantumazione dell’io in identità molteplici ed un adattamento dell’individuo sulla base del contesto e della situazione sociale in cui si trova. Pirandello faceva la distinzione tra l’essere e l’apparire di ciascun uomo. L’autore parlava di “recita del mondo”: l’umanità viveva in un perenne palcoscenico, costretta a comportarsi in un certo modo. Ciò comportava secondo l’autore di “Uno, nessuno e centomila” una schizofrenia tra l’essere e l’apparire.

La finzione pirandelliana oggi

A 100 anni di distanza da questi discorsi, oggi noi siamo costretti per necessità a portare delle maschere sul viso. Al di là del tema sanitario, questa emergenza ci ha messo davanti il tema del mascherarsi, di apparire parzialmente all’esterno, o comunque diversamente da come si è in realtà. Ad esempio, durante le lauree effettuate in videoconferenza su Skype o durante il lavoro in smart working, avviene una sorta di mascheramento. Una parte del corpo o del volto esibita attraverso la videocamera di un tablet o un computer è valorizzato e curato, mentre l’altra non visibile all’esterno spesso viene non curato, lasciato in tenuta casalinga. Tutto ciò ci ricorda il tema della finzione pirandelliana.

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Pirandello e le maschere

Quando siamo all’aperto, indossare la maschera, oltre ad essere una forma di protezione e di difesa, ci permette di nasconderci dietro questo pezzo di stoffa. Pirandello 100 anni fa si riferiva ad un’umanità che, volente o nolente, doveva apparire diversa da come in realtà era, recitando un ruolo sul palcoscenico del mondo. Noi, a distanza di un secolo, siamo costretti a indossare delle maschere per sopravvivere. L’uso delle mascherina nella società di oggi aumenterà la distanza tra l’essere e l’apparire già insita, come diceva Pirandello, nell’animo umano. Spero che presto la pandemia sparisca e potremo tornare e incontrarci in pubblico senza mascherine. Ciò  permetterebbe all’uomo di recuperare la sua normalità e naturalità. L’uso prolungato delle mascherine potrebbe modificare la nostra percezione dell’identità.

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Umanità “smascherata”

Non solo maschere, finzione e apparenza. L’altro lato della medaglia consiste nel fatto che oggi l’umanità con questa emergenza coronavirus è stata in un certo senso messa a nudo. La pandemia ha “smascherato” sia nella nostra fragilità, il nostro essere fragili e non intoccabili, sia le nostre paure, facendoci capire ciò che è importante nella vita e ciò che è invece secondario.  

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