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Luca Mastrantonio, ”Gli intellettuali di oggi predicano bene ma razzolano male”

Parlano a nome di vecchie strutture partitiche, oppure a nome di un presunto popolo, parlano quasi esclusivamente a quelli che la pensano come loro e cosa vogliono? Apparire, esistere, sopravvivere alla propri estinzione, riaffermare un loro principio di autorevolezza...

L’autore ci illustra i retroscena del suo libro, in cui prende di mira gli intellettuali italiani, sottolineando l’importanza da parte della gente comune di “liberarsi” dalla loro influenza

MILANO – Parlano a nome di vecchie strutture partitiche, oppure a nome di un presunto popolo, parlano quasi esclusivamente a quelli che la pensano come loro e cosa vogliono? Apparire, esistere, sopravvivere alla propri estinzione, riaffermare un loro principio di autorevolezza. Sono gli “Intellettuali del piffero”, i protagonisti del nuovo saggio di Luca Mastrantonio, caposervizio del Corriere della Sera all’inserto ‘la Lettura’. L’autore ci illustra i retroscena del suo libro, sottolineando l’importanza da parte della gente comune di “liberarsi” dall’influenza di questi intellettuali.

Come nasce e qual è lo scopo di questo libro?
Il libro nasce dallo sconcerto continuo per quelle che sono state le più clamorose battaglie degli intellettuali italiani. Poiché penso che loro debbano formare le nostre opinioni, stimolare e far crescere la consapevolezza dell’opinione pubblica italiana; e leggendo e seguendo molte uscite pubbliche degli intellettuali mi chiedevo per chi sta parlando, a chi e cosa vogliono. Le risposte, in molti casi, ma non tutti, sono: parlano a nome di vecchie strutture partitiche, oppure a nome di un presunto popolo, parlano quasi esclusivamente a quelli che la pensano come loro e cosa vogliono? Apparire, esistere, sopravvivere alla propri estinzione, riaffermare un loro principio di autorevolezza.
Cinque anni fa ho iniziato ad accumulare materiale riguardo questo ventennio, ne è nata una galleria di decine di ritratti e centinaia di pagine. Intellettuali del piffero è l’introduzione esplosa di quel catalogo.

Cosa sono disposti a fare gli intellettuali di oggi pur di ricoprire un ruolo rilevante?
In troppi casi sono disposti a fare la cosa peggiore che un intellettuale possa fare. Che non è dire il contrario di quello che pensa, come pure a volte fanno. Ma predicare un modo e razzolare in un altro; o ancora peggio, cambiare idea senza darne conto o, ancora, sostenere tesi in cui ammettono di non credere perché sono funzionali alla propria battaglia. Penso a Gianni Vattimo sui Protocolli dei Savi di Sion: non sono veri, dice, sono antisemiti, ma vanno rivalutati in chiave anti-Israele.
Alcuni, pochi, sono disposti ad andare contro i luoghi comuni, penso ad Antonio Pascale sugli ogm, o Francesco Piccolo sulla giustizia, o in difesa della laicità, penso a Valerio Magrelli.
Ovviamente nel libro si documentano e si offrono al lettore comportamenti singoli da giudicare: il libro non è contro le perone o a favore, ma contro gli errori e a favore delle loro ragioni.

Chi sono secondo te gli intellettuali del piffero più incisivi a cui fai riferimento nel libro?
Ci sono i pifferai magici che, piaccia o meno, hanno inciso e incidono nell’opinione pubblica come appunto il Pifferaio di Hamelin, che può tanto incantare i topi e liberare la città da essi, quando ha una funzione positiva, quanto irretire i bambini e portarli via, che è una funzione negativa. I pifferai magici italiani possono essere Roberto Saviano, Alessandro Baricco, Marco Travaglio, Giampaolo Pansa, Oriana Fallaci… poi ci sono, e i pifferai quando si comportano negativamente, gli intellettuali del Piffero. Piffero è il terzo maiale della Fattoria degli animali di George Orwell, che cambia il suo messaggio di propaganda secondo convenienza. Lì erano al servizio di una casta, la classe dirigente dei maiali, che sono più uguali degli altri. Qui, al servizio di se stessi. L’intellettuale del piffero è l’intellettuale al servizio di se stesso.

Dove si collocano? E quali sono le loro principali caratteristiche?
Politicamente si possono collocare in vari modi. Da quello che resta dei partiti politici, soprattutto le linee postdemocristiana e postcomunista nel Pd. O in quella ipocritamente postfascista a destra, penso a molti intellettuali vicini a Gianfranco Fini che dopo aver sbandierato il Fascismo del 2000 si sono messi a fare prima gli antifascisti e poi gli antiberlusconiani. Poi ci sono intellettuali organici a movimenti, come Cielle, o quelli vicini a Grillo.
Ci può anche essere anche una geolocalizzazione, in base al rapporto che hanno con i governatori delle proprie regioni di appartenenza. Penso al collocamento che hanno avuto molti intellettuali romani nell’era di Francesco Rutelli e Walter Veltroni, o quelli sardi, in relazione (Flavio Soriga) o contrapposizione (Michela Murgia) a Renato Soru, o ancora in Puglia, con la primavera di Nichi Vendola ispirata da Franco Cassano e animata da tanti giovani.
Anche se la collocazione più interessante riguarda i poli di potere editoriale e giudiziario. I due poli cui si conforma spesso l’operato degli intellettuali del piffero

Perché gli intellettuali del Piffero sono riusciti a trovare “terreno fertile” proprio nell’ultimo ventennio?
Perché Silvio Berlusconi ha offerto un mercato liberissimo per chi vive serenamente la schizofrenia tra la sua identità politica e antropologica a lui ostile (antiberlusconiana, semplifico) e il proprio raggio d’azione editoriale (Mondadoriano, berlusconiano, semplifico): hai un prodotto a lunga scadenza, l’antiberlusconismo, e hai un ottimo supermercato, le reti editoriali e commerciali berlusconiane. Il mercato era invece asfittico per chi vuole restare coerente o, più in generale, penso alla tv, voleva un mercato veramente più libero. Come scriveva Edmondo Berselli, alcuni si sono messi a fare i comunisti, sono diventati di sinistra proprio perché Berlusconi era disceso in campo contro i comunisti e la sinistra.
Il ventennio, per Travaglio & co, oltre che per gli avvocati di Berlusconi , con ruoli diversi ma complementari, è stato un titolo molto redditizio.
Ho fatto solo l’esempio più grosso. Ma le fonti di rendita per intellettuali del piffero sono state tante.

Nel libro si parla di ventennio caratterizzato dal bipolarismo…a cosa ha portato?
E’ stato un bipolarismo elettorale fallimentare, una finta alternanza, con la destra incapace di fare cose di largo interesse pubblico, e la sinistra incapace di risolvere i problemi del sistema e, semplicemente, restare al governo in maniera duratura. Però con la contrapposizione berlusconiani/antiberlusconiani che ha rimescolato e duplicato le identità siamo arrivati ad un bipolarismo psicologico cronico, una schizofrenia diffusa, sul piano etico/editoriale, sul piano storiografico, pensate a quanti come Asor Rosa dicono che bisogna essere antiberlusconiani come si era antifascisti e poi dice che il fascismo era meglio del berlusocnismo. Altri disturbi? I cattolici che al posto di difendere la famiglia difendono il libertinaggio sessuale di Berlusconi e le femministe che diventano moraliste, quasi bigotte…

Il libro analizza la situazione italiana: ma come se ne esce da questa situazione di stallo?
Bisogna trovare nuove pratiche, virtuose, non viziose. Nuovi principi di autorevolezza. Prima ovviamente serve spazio e lo spazio deve essere un incruento ma legittimo parricidio. Questi intellettuali del piffero non hanno alcune credibilità per guidare le nostre coscienze. Non devono più avere alcun potere su di noi. Non come prima, che era un potere magico. La forza dei loro ragionamenti, sì, non la forza delle loro posizioni, delle loro lobby anagrafiche, il peso delle loro pesanti poltrone.

28 novembre 2013

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