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La Milano noir di Alessandro Robecchi al Festivaletteratura di Mantova

Iniziano sempre con un’epigrafe i gialli di Alessandro Robecchi, che, intervistato da Luigi Caracciolo, presenta il suo ultimo romanzo "Di rabbia e di vento"

MANTOVA – Iniziano sempre con un’epigrafe i gialli di Alessandro Robecchi, che,  intervistato da Luigi Caracciolo, presenta il suo ultimo romanzo “Di rabbia e di vento” a Mantova nell’ambito del Festivaletteratura che anima la città in questi giorni.

L’EPIGRAFE – Nei primi due romanzi l’epigrafe era tratta dalle canzoni di Bob Dylan, di cui Carlo Monterossi, il detective suo malgrado dei gialli di Robecchi è molto appassionato, invece in Di rabbia e di vento si passa a Shakespeare. Al Re Lear: “Non metterti tra il drago e la sua rabbia”, una citazione che solo i lettori più attenti possono collegare a quanto segue nella tragedia, in cui il vento diventa protagonista delle riflessioni del protagonista. Proprio per questa scommessa narrativa implicita e complessa con il lettore Caracciolo inizia l’incontro, definendo lo scrittore milanese “ multiforme”  ed anche un po’ “perfido”.

 

RABBIA MOTORE DELLA STORIA – Proprio la perfidia e la rabbia sono uno dei temi dell’ultimo romanzo: “perché la rabbia – spiega Robecchi- c’era anche quand’ero giovane ai tempi della contestazione, ma era una rabbia collettiva e costruttiva, la rabbia dei nostri giorni, inevec,  è solitaria, privata e distruttiva”.  Una rabbia che porta i personaggi dei romanzi “per vivere fuori dalla legge” ad essere “ onesti”, con qualche deroga. Le storie sono sempre ambientate a Milano, perché Robecchi che ci abita, vuole descriverla fuori dagli stereotipi che la collegano quasi esclusivamente al design e alla moda. Milano è anche la città che è stata medaglia d’oro della Resistenza, che ha accolto, turandosi il naso, gli emigranti dal Sud nel dopoguerra, che fuori dal centro in periferia mescola culture e tradizioni diverse. Nello stesso tempo però Milano è una città orizzontale: le classi sociali non si mescolano se non occasionalmente. A Carlo Monterossi, detective per caso e produttore televisivo per professione, succede. Capita nell’ultimo romanzo dove la trama si dipana dall’incontro fortuito tra Carlo e una escort, con cui gli capita di confessarsi a cuore aperto, pur senza intrattenere una relazione con lei . Ma è lei la vittima dell’omicidio da cui prende spunto la storia. E, come negli altri romanzi, Monterossi  ha un angelo custode ovvero Katrina, governante tuttofare moldava, che si prende cura di lui, senza alcun tornaconto sentimentale, ma che entra, non richiesta, anche in tutti i settori della vita del suo datore di lavoro. Un tipo scontento di sè , perché vive una condizione economica agiata grazie a un format televisivo di sua creazione di cui si vergogna. “ Voglio che combatta con se stesso!- dice Robecchi. Oltre Katrina, nei romanzi c’è un altro personaggio femminile Rosa Ghezzi, la moglie di un poliziotto, che ha un ruolo secondario, ma come succede anche nella commedia italiana serve a spiegare le caratteristiche dell’ambiente e a mettere in collegamento i diversi personaggi.

 

LE EMOZIONI DEI PERSONAGGI – Scrittura cinematografica quindi? Chiede Caracciolo. “Fino a un certo punto perché quello mi interessa – dice Robecchi – non solo la successione di scene, ma quello che c’è oltre: l’atmosfera della città e l’umanità del protagonista”. Un personaggio investigatore all’italiana, cioè attento alle tracce e detective all’inglese, cioè , come dice l’etimologia della parola, interessato a togliere il superfluo e a dipanare la matassa: queste in sintesi le caratteristiche del noir, concordano Caracciolo e Robecchi. Che però ha un interesse in più: quando il male è già compiuto e prima ancora che venga fatta giustizia, arriva l’inquirente ed è questo,  secondo il giallista milanese, il momento delle emozioni e della parte “ umana” della storia: il punto focale della storia.

 

Alessandra Pavan

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