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“La condanna” di Walter Veltroni, un romanzo sul passato per leggere il presente

Sul profilo Instagram di Libreriamo nel corso della live con Silvia Grassi, Walter Veltroni ci ha raccontato il suo nuovo libro: "La condanna".

La condanna” è il nuovo libro di Walter Veltroni. Uscita lo scorso marzo in libreria, l’opera ripercorre i fatti del linciaggio di Donato Carretta servendosi della chiave di lettura del romanzo.

Silvia Grassi ha intervistato l’autore per noi, in una diretta che potrai recuperare sulla pagina Instagram di Libreriamo. Andiamo subito a scoprire di più su “La condanna” e sulle ragioni per cui Veltroni ha deciso di raccontare proprio questo efferato fatto di cronaca nel suo ultimo lavoro.

Chi era Donato Carretta

Di Donato Carretta (1891-1944) racconta “La condanna”. L’uomo è stato direttore del carcere dell’Asinara negli anni trenta e in seguito del carcere di Regina Coeli fino alla liberazione di Roma.

Il suo nome è legato alla triste vicenda che lo vide protagonista il 18 settembre 1944. Carretta era stato chiamato a testimoniare contro l’ex questore di Roma Pietro Caruso, accusato di aver compilato insieme ai suoi sottoposti la lista, richiesta da Kappler, che comprendeva i nomi degli italiani destinati ad essere uccisi nell’eccidio delle Fosse Ardeatine.

Mentre Carretta si recava al processo, venne scambiato per Pietro Caruso da una folla di persone che comprendeva anche numerosi parenti e conoscenti delle vittime dell’eccidio. Nonostante i ripetuti tentativi di sfuggire al linciaggio, il funzionario venne gettato nel Tevere e trucemente ucciso.

“La condanna” di Walter Veltroni

La sinossi de “La condanna”

Giovanni ha ventiquattro anni e ha coronato il suo sogno, quello di lavorare nella redazione di un quotidiano. Intorno a sé, però, ha soltanto colleghi più anziani, ormai apatici, storditi da un mestiere sempre più in crisi.

Tranne uno, Sergio Fabiani, caposervizio della cultura, che gli affida il compito di scrivere un pezzo su Donato Carretta, direttore del carcere di Regina Coeli, linciato in modo selvaggio dalla folla nel settembre 1944.

Il giovane giornalista si immerge allora nella ricerca e nello scavo: sotto la guida paterna di Fabiani, Giovanni ci porta sui luoghi che furono teatro del fatto – il Palazzo di Giustizia, il Tevere, Regina Coeli –, ci mostra le testimonianze di chi quel massacro l’ha visto e documentato, e ce lo restituisce in un racconto vivido, crudo, reale.

Chi era Carretta? Un fascista o un antifascista? Oppure uno della “zona grigia”? Con la precisione del reporter e l’abilità dello scrittore, Giovanni ricostruisce la storia di una condanna controversa, brutale, di certo ingiusta. Indagando le pulsioni e la rabbia che agitano la folla di quel settembre 1944 rivede, nella Roma liberata dal fascismo e dall’occupazione nazista, gli strepiti e i livori che si muovono, velenosi, nelle relazioni di oggi, nella comunicazione, sui social.

Walter Veltroni torna con un romanzo intenso, capace di raccontare un passato ancora attuale, in cui possiamo leggere in controluce – e forse decifrare, un passo alla volta, insieme a Giovanni – il presente in cui viviamo.

Un romanzo sul passato per comprendere il presente

“La condanna” è un romanzo che si costruisce a cavallo fra il passato e il presente. Il protagonista, giovane giornalista desideroso di trovare la sua strada, si trova a cimentarsi con un caso difficile. Trovare tracce di Donato Carretta è, soprattutto all’inizio della ricerca, davvero complicato. Sembra che l’oblio sia calato sui luoghi che lo hanno visto vivo per l’ultima volta.

Fra carte, documenti e testimonianze, la storia di Carretta riemerge dalle pieghe del passato e si svela mentre impariamo a conoscere Giovanni e il suo mentore, Fabiani. Intanto, ci addentriamo in una terribile storia che parla in qualche modo anche del tempo in cui viviamo, fatto di sempre maggiore indifferenza, di meccanismi che, per quanto non truci come il linciaggio, hanno la stessa matrice.

Lo racconta lo stesso Walter Veltroni nel corso della live Instragram sul profilo di Libreriamo con Silvia Grassi. E aggiunge che ciò che lo ha avvicinato alla storia di Donato Carretta è il fatto che della sua tragica storia, così come del passaggio in tribunale nei suoi ultimi istanti di vita, non è rimasta traccia tangibile: non un busto, non una stele commemorativa, non un’aula dedicata alla sua memoria.

Attraverso “La condanna”, Veltroni contribuisce perciò a restituirci un pezzo di storia che il nostro paese ha dimenticato, volente o nolente.

 

 
 
 
 
 
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