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Filastrocche da tutto il mondo, cosa raccontano nei diversi Paesi

In ogni Paese del mondo circolano diverse favole e filastrocche, che raccontano a loro modo i tratti di ciascuna cultura
Ogni Paese ha le proprie filastrocche e favole per bambini, per far addormentare, per fare la conta o semplicemente per giocare. L’aspetto interessante è che in ogni filastrocca c’è un pezzetto della cultura di ogni Paese. Babbel, la app leader per imparare le lingue online, ha analizzato alcune rime per scoprire cosa nascondono. A volte sono crudeli, a volte politicamente scorrette e a volte fanno paura, ma tutto questo era ed è nella storia dei diversi popoli. Benedetta Montagnoli, Product Manager nel team di Linguistica Computazionale ed esperta di glottodidattica, spiega: “Nei tempi in cui la tradizione orale era più forte, ogni cultura trasmetteva di generazione in generazione il bagaglio culturale e le caratteristiche della propria società. Quale mezzo migliore che le filastrocche per bambini che si imparavano a memoria fino da piccoli? Poterle leggere in altre lingue ci accompagna in un viaggio attraverso le radici di altre società e ci rivela le loro caratteristiche più profonde”.
 

 

Italia: il latino e le tre civette

Ambarabà ciccì coccò
tre civette sul comò
che facevano l’amore
con la figlia del dottore;
il dottore si ammalò
ambarabà ciccì coccò!
 
Una filastrocca che sembra essere un vero nonsense è la famosissima “Ambarabà ciccì coccò…”. Il linguista italiano Vermondo Brugnatelli l’ha analizzata cercando di spiegare l’incipit che trarrebbe la sua origine da una conta in latino “HANC PARA AB HAC, QUIDQUID QUODQUOD”. La traduzione concettuale sarebbe “Ripara questa (mano) da questa (altra mano), questo qui, questo qua”. Addirittura Umberto Eco si è cimentato a spiegarla e ha potuto ad esempio datarla a prima del 1708, data in cui faceva la sua apparizione per la prima volta la parola italianizzata di “commode” e cioè il  “comò” che ritroviamo nella filastrocca. Le tre civette potrebbero venire dalla mitologia, sia come numero (il tre è un numero ricorrente in moltissimi elementi divini) sia come animali rappresentanti della saggezza.  
 

Spagna e America Latina: El Coco, “l’uomo nero”

Duérmete niño
Duérmete ya
Que viene el coco
Y te llevará.
Duérmete niño
Duérmete ya
Que viene el coco
Y te comerá.
 
Traduzione: Dormi bambino, dormi già, che viene il “coco” e ti prenderà. Dormi bambino, dormi già, che viene il “coco” e ti mangerà. 
In Spagna e in America Latina, come in Italia, c’è la figura dell’uomo nero, per spaventare i bambini, in questo caso per farli dormire. Il “Coco” infatti è un mostro che porta via i bambini e li divora se non si comportano bene. Un po’ come la filastrocca italiana “Ninna Nanna Ninna oh, questo bimbo a chi lo do?”, in cui il bimbo viene “accudito “ da diversi esseri, tra cui appunto, l’uomo nero. Secondo alcune versioni, la figura dell’uomo nero, del “coco”, rimanda alla figura mitologica di “Cus”, figlio di Can, il capostipite degli etiopi, i “neri”.
Altre versioni vedono nel Coco un essere che ha le sue origini in Spagna e in Portogallo e che si espande in Sud America durante la colonizzazione. Il nome deriverebbe da “cocco” (frutto che può ricordare vagamente un teschio) o appunto “teschio”. 
 

Germania: le conseguenze della guerra 

Maikäfer, flieg
Der Vater ist im Krieg
Die Mutter ist in Pommerland
Pommerland ist abgebrannt
Maikäfer, flieg
 
Traduzione: Vola maggiolino, il papà è in guerra, la mamma è in Pomerania, la Pomerania è bruciata, vola maggiolino.
Queste rime sono nate durante la seconda guerra mondiale. Con “Pommerland” si intende la Bundesland “Pommern”, la Pomerania, la regione tedesca la cui parte orientale è stata annessa alla Polonia alla fine della guerra. La figura del maggiolino, in alcune rime sostituito da una coccinella (Marienkäfer), riporta all’uso molto comune tra i bambini di catturarle per poi lasciarle andare. La discrepanza tra un insetto amato e innocuo come il maggiolino o la coccinella e le conseguenze della guerra rendono il tutto ancora più tragico. 
 

Francia: il vecchio vizio del fumo

J’ai du bon tabac dans ma tabatière
J’ai du bon tabac tu n’en auras pas
J’en ai du fin et du bien râpé
Mais ce n’est pas pour ton vilain nez
J’ai du bon tabac dans ma tabatière
J’ai du bon tabac tu n’en auras pas
 
Traduzione: Ho del buon tabacco nella mia tabacchiera, ho del buon tabacco ma tu non ne avrai neanche un po’. Ne ho di buona qualità e ben sminuzzato, ma non è per il tuo brutto naso. Ho del buon tabacco nella mia tabacchiera, ho del buon tabacco ma tu non ne avrai neanche un po’. 
Questa canzone per bambini mostra come la vecchia abitudine del tabacco facesse parte della vita quotidiana, come in tanti altri Paesi, ma qui entra addirittura in una filastrocca per bambini, cantata nelle scuole e negli asili. La sua origine risale addirittura al 1733 e faceva parte di un concerto comico scritto da Michel Corrette. Il fatto che si cantasse una canzone sul tabacco ai bambini mostra come l’infanzia di allora fosse ben lontana dalla nostra, sebbene anche oggi la si canti, senza pensare troppo al testo

Brasile: la “normalità” della violenza domestica

O cravo brigou com a rosa
Debaixo de uma sacada
O cravo saiu ferido
E a rosa despedaçada
O cravo ficou doente
E a rosa foi visitar
O cravo teve um desmaio
E a rosa pôs-se a chorar
A rosa fez serenata
O cravo foi espiar
E as flores fizeram festa
Porque eles vão se casar
 
Traduzione: Il garofano ha litigato con la rosa, sotto un balcone. Il garofano è stato ferito e la rosa ha perso i petali
Il garofano si è ammalato e la rosa è andata a trovarlo. Il garofano è svenuto e la rosa ha cominciato a piangere. La rosa ha fatto una serenata, il garofano la stava spiando e i fiori hanno fatto una festa perché (i due) si sarebbero sposati
Questa canzone per bambini racconta la “normalità” della violenza domestica: si “litiga”, ci si fa ferisce (anche fisicamente) ma alla fine ci si vuol bene e tutti sono felici e contenti. In Brasile questo fenomeno è molto diffuso, come tristemente anche in altri Paesi, e questa canzone dimostra come questo ricorrente fatto sia normale e riconosciuto come norma

Inghilterra: alcol e monarchia 

Jack and Jill went up the hill
To fetch a pail of water.
Jack fell down and broke his crown,
And Jill came tumbling after.
Up Jack got, and home did trot,
As fast as he could caper,
He went to bed to mend his head,
With vinegar and brown paper
 
Traduzione: Jack e Jill sono saliti sulla collina per prendere un secchio d’acqua. Jack è caduto e ha rotto la sua corona e Jill gli è rotolata dietro. Jack si è rialzato ed è corso a casa, più veloce che poteva. È andato a letto per guarire la ferita alla testa con aceto e carta da pacchi. 
Jack e Jill erano due nomi comunemente usati per indicare un ragazzo e una ragazza, come in italiano si usa Tizio e Caio, per dire due persone qualunque. Ci sono molte spiegazioni sul significato delle rime, ma quella più curiosa indica l’editto del Re Carlo I d’Inghilterra che regnò tra il 1625-1649, data in cui lo decapitarono. Il Parlamento gli bloccò un aumento della tassa sui liquidi e lui decise quindi di ridurre  il volume del “Jack” (un ottavo di pinta), eludendo di fatto il divieto. La “corona” indicherebbe la linea che marca il bicchiere delle pinte, chiamata appunto in questo modo. Il “Jill” si riferirebbe al “Gill” (l’altro nome usato in altre varianti al posto di Jill nella filastrocca), cioè un quarto di pinta, che diminuì a sua volta come conseguenza. Come gli inglesi abbiano preso la decisione di diminuire la quantità della birra ma mantenere lo stesso prezzo si è visto nel destino del Re. 
 
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