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“Diana, 1999”, la graphic novel che racconta l’amore teen

Diana, 1999 è la nuova graphic novel di Simonetta Caminiti, un teen drama e storia di formazione. Ecco l'intervista all'autrice

MILANO – Sceneggiato dalla giornalista e scrittrice Simonetta Caminiti e disegnato da Letizia Cadonici, Diana, 1999 è una graphic novel basata sul plot de Gli arpeggi delle mammole, che verrà pubblicata a novembre 2019 dalla casa editrice La Ruota. Una storia di formazione con commistioni di generi, difficilmente classificabile solo come un “teen drama” o una storia d’amore.  Abbiamo raggiunto la scrittrice Simonetta Caminiti per porgerle qualche domanda sul nuovo romanzo.

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Diana, 1999 – L’intervista

Come è nato il progetto Diana, 1999?

Dopo aver letto Il blu è un colore caldo di Julie Maroh, dopo averne adorato la riduzione cinematografica impalmata a Cannes nel 2013, ho rispolverato il mio sogno di sceneggiare anch’io una graphic novel. Avevo scritto e pubblicato, con buon seguito, Gli arpeggi delle mammole, la storia di Diana e Khady, sorelle tardo-adolescenti alle porte del Duemila. Rileggendolo, l’anno scorso, ho pensato potesse essere un soggetto prezioso (soprattutto in Italia, dove le graphic novel si occupano di altri generi) per un romanzo a fumetti. Mi sono fatta aiutare da Fabio Santomauro, illustratore professionista e caro amico, nel cercare la fumettista più adatta. L’ho trovata. Con lei (Letizia Cadonici), lo scorso novembre ho ottenuto un contratto col nostro editore: e Diana, 1999 ha cominciato a scuotere le ali…

È una storia di formazione ma ha anche altre contaminazioni, corretto?

Corretto. In realtà, più che contaminazioni (che certamente sussistono), è una storia che potrebbe soffrire di “abbagli” da parte dei lettori. Per esempio, potrebbe sembrare il classico teen-drama romantico, perché i primi veri turbamenti erotici e affettivi della protagonista sono un elemento fondamentale. È la storia di un primo amore, oltre che del grande amore tra due sorelle. Resta un romanzo di formazione a tutti gli effetti, immerso nella generazione a un passo dai social, quella che non aveva ancora neanche negli incubi lo spettro della recessione; quella con le Twin Towers ancora in piedi. La musica pop degli anni Novanta, la letteratura del Novecento (e non solo) sparsa lungo il fumetto…

Come si inserisce nel suo percorso lavorativo?

Come una rivoluzione. Giornalista e scrittrice (non solo di narrativa: alla Mostra del cinema di Venezia, nel 2017, ho presentato un libro sul cinema, appunto), questa è la mia prima esperienza di sceneggiatrice. Ma non sarà l’ultima.

Cosa stupisce di Diana 1999?

Il gioco operato sui paradossi. Qui, chi avrebbe più ragione di sentirsi intimorito (dalla società e dalla vita) sfodera eleganti e istruttivi artigli: accade a tre personaggi. Chi non si decide ad affrontare la vita, perfino la parte migliore della vita, preferisce (fino a sfinirsi) “dipingerla su una tela”, immaginare, osservare. Finché la forza dell’amore non disarma e non spinge a “mordere” concretamente. Questo accade nella stagione fanciulla di pochi, o forse di ognuno di noi: ma vale per sempre.

A chi è rivolta principalmente?

Diana, 1999 è rivolta a chi è stato un adolescente prima del Duemila e agli adolescenti di oggi. Ma pure agli universitari, agli adulti incuriositi dalle graphic novel che parlano di storie vere.

Le graphic novel stanno riscuotendo un grande successo, sono un nuovo genere di veicolare grandi storie: come mai a suo giudizio?

Un po’ perché il fruitore della letteratura si è impigrito, e il buon fumetto “indora la pillola”, compromesso tra parola e immagine. Un po’ perché è una espressione artistica a lungo sottovalutata: si è scoperto che è perfetta per raccontare cronaca, storia antica, narrativa. Non solo eros e horror. Si è scoperto: e in genere, quando si fanno queste scoperte, parte una vera e propria tendenza, quasi una moda. Ben venga.

Federica Tronconi

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