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Corrado Augias, ”Parlare di libri e cultura dovrebbe essere la normalità, non l’eccezione”

Parlare di libri? Non è importante, ma è assolutamente normale ed essenziale. Ad affermarlo è Corrado Augias, giornalista, scrittore, autore e conduttore televisivo. Vissuto molti anni a Parigi e New York, attualmente risiede a Roma e da oltre dieci anni conduce “Le Storie. Diario italiano”, un appuntamento fisso con la cultura del nostro Paese...

L’autorevole giornalista e scrittore parla della sua passione per la lettura e la scrittura e analizza le diverse concause che lo portano ad affermare che l’Italia non è un “Paese per lettori forti”

 

MILANO – Parlare di libri? Non è importante, ma è assolutamente normale ed essenziale. Ad affermarlo è Corrado Augias, giornalista, scrittore, autore e conduttore televisivo. Vissuto molti anni a Parigi e New York, attualmente risiede a Roma e da oltre dieci anni conduce “Le Storie. Diario italiano”, un appuntamento fisso con la cultura del nostro Paese. Il responsabile della rubrica quotidiana delle lettere su “La Repubblica” racconta come è nata la sua passione per la lettura e la scrittura e analizza le diverse concause che lo portano ad affermare che l’Italia non è un “Paese per lettori forti”.

 

Com’è nata la sua passione per i libri e la lettura?
E’ nata alle superiori, quando il mio professore di Italiano al Liceo mi ha per così dire “sedotto” attraverso la lettura. La mia infanzia purtroppo è corsa durante la guerra, quindi i libri erano pochi. Basti pensare che ho fatto una classe alle elementari tutta su Pinocchio, l’unico libro che avevamo. Poi ho iniziato a leggere i libri di Salgari con le figure, quindi sono arrivate letture più articolate. La prima volta che mio padre mi diede un libro senza figure ci rimasi un po’ male, ma poi la lettura è diventata una passione consolidata, che si è autoalimentata, fino a diventare un lavoro per vivere.

Da oltre dieci anni lei è conduttore di “Le Storie. Diario italiano”, un appuntamento fisso con la cultura del nostro Paese. Quanto sono importanti questi spazi dedicati ai libri e alla diffusione della cultura?
Non lo ritengo importante, ma normale ed essenziale. Ci sono programmi televisivi su tutto, dalle previsioni del tempo ai risultati della borsa, perché quindi non ci dovrebbero essere programmi dedicati agli aspetti culturali e scientifici? Da un medium universale come la televisione, così come dai quotidiani, mi aspetto di essere informato su tutto: cronaca, politica, economia, cultura, scienza, novità, film…I media devono informare sull’universo mondo, dedicandone tempo e spazio. Ritengo normale che sia così, e mi stupisco se qualcuno ancora si sorprende.

 

Dagli ultimi dati, si evince quanto gli italiani siano pigri nella lettura. Secondo lei da cosa dipende?
E’ un’eterna discussione che sento fare da decenni. Ci sono una serie di concause: siamo un popolo con un’acculturazione media molto bassa, viviamo in un paese con una temperatura che non invita al raccoglimento. In Italia manca una società ben definita, a causa di un complesso di comportamenti, norme non scritte, costumi, memorie collettive, che rendono un popolo identificabile a se stesso e che in Italia però vengono a mancare. A questo lego anche uno scarso sentimento nazionale che gli italiani hanno. E’ tutto legato: politica, costume, cultura, clima, alimentazione, storia, memorie, influenza della chiesa.

 

Nel suo libro “Il disagio della libertà”, lei cerca di trovare risposta al perché in Italia la gente scelga di farsi governare da uomini con un’evidente vocazione autoritaria…
Ciò dipende dal fatto che noi italiani non abbiamo mai avuto una tradizione liberale. Nel ‘900 ci siamo divisi tra due “chiese”, partito comunista e democrazia cristiana, riducendo ad una ridicola minoranza quella importantissima componente politico ideale di un Paese, che è il liberalismo progressista. Nel ’92, inoltre, ci siamo buttati nelle mani di un avventuriero che, sfruttando la debolezza del momento, ne ha tratto vantaggi per 17 anni. E’ un dato storico, significativo del fatto che in questo Paese non è mai stata partorita in senso pratico un’idea della libertà che avesse conseguenze politiche.

 

12 luglio 2012

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