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Conversazione con Piero Isgrò

Piero Isgrò, giornalista e scrittore, autore, fra l’altro, dei romanzi La bambina francese (Arkadia, 2013) e La sposa del nord (Arkadia, 2014), ha pubblicato di recente con la stessa casa editrice il romanzo Finisce la notte.

 

Dottor Isgrò, la nostra precedente chiacchierata risale ad alcuni mesi fa. Allora le chiesi anche notizie di questo libro, allora in procinto di pubblicazione, Finisce la notte. Una storia in cui, come si disse allora, tutto ruota intorno a due coppie di genitori  (i genitori adottivi e quelli biologici) e a un bambino di cui improvvisamente si sono perdute le tracce. La vita di tutti i personaggi viene rivoluzionata. Quella del bambino che smarrisce la memoria, dei genitori che lo perdono, dei genitori che lo accolgono e se ne prendono cura. Un intreccio complesso. Nelle sue intenzioni è la genitorialità il tema dominante del romanzo?

Certo, è il tema centrale di questa mia ultima fatica letteraria. Non a caso parlo di “fatica” perché la storia, certo inventata, ma direi reale anzi realissima,  mi ha impegnato molto per costruirla, darle una logica stringente, affrontare il tema del dolore e della colpa. Mi spiego. Cominciamo dai genitori biologici. Lui, Cristian Morgan, è figlio di un ufficiale inglese e di una ragazza siciliana educata all’antica. Lei, Esmeralda Cona del Fanale, è una ragazza aristocratica, ricca, profondamente innamorata del marito. Il primo figlio nasce morto, il secondo, Henry, scompare all’età di cinque anni. Due tragedie che sconvolgono la coppia e la dissolvono. Lei si chiude in convento, lui va alla deriva e per sopravvivere si rifugia nell’infanzia, quando la vita gli sembrava una lunga promessa di felicità. E veniamo agli altri genitori. Veniamo alla difficoltà di cui dicevo. Lui insegna musica, lei materie letterarie. Anche loro perdono un figlio, travolto da un’auto. Ai funerali, ecco che compare, come per miracolo, il piccolo Henry che ha sbattuto la testa e ha perso la memoria. Alla donna, che sta piangendo sconsolata sulla tomba del figlio, la presenza del bambino appare come una rivelazione. Si lega a lui come a un figlio vero, un dono del cielo. Ma marito e moglie sono genitori abusivi e criminali, anche se con l’amore, e lo dimostreranno in seguito, cercheranno di coprire la colpa.

La storia che racconta in Finisce la notte è in qualche modo ispirata a un fatto reale?

Direi di no, anche se ha molte parentele con la realtà. Ma voglio continuare a raccontare la storia sia pure a larghe linee, per non guastare al lettore la sorpresa, anzi le sorprese. I genitori abusivi, chiamiamoli così, allevano questo figlio illegittimo con amore e cura maniacali. Il ragazzo, grazie a questa educazione improntata a rigore, studio, alle cose che contano nella vita, diventerà un musicista di fama internazionale. E qui parte il punto vero di domanda: se Henry non avesse perduto la memoria e fosse rimasto in seno alla sua vera famiglia sarebbe diventato quello che in realtà è diventato? La storia avrà un risvolto sorprendente che il titolo del libro in qualche modo suggerisce.

 

Le faccio adesso la domanda di rito sulle letture, che l’altra volta non le feci. Cosa ama leggere? Cosa sta leggendo in questo momento e qual è l’ultima lettura alla quale si è appassionato?

In realtà, leggo di tutto, tranne i gialli. Da giovane amavo i classici: i francesi, i russi, i tedeschi, gli americani, gli inglesi … gli italiani non tanto, tranne Manzoni e Verga. Da poco ho finito di leggere i racconti di Alice Munro nell’edizione dei Meridiani. Considero questa scrittrice canadese, che ha vinto il Nobel, una delle più grandi autrici del nostro tempo. Lo scorso anno mi sono tuffato nei racconti di Maupassant, tre tomi letteralmente divorati. Solo di recente ho scoperto Raymond Carver e Lucia Berlin. A non dire dei fratelli Singer, di Ferenc Körmendi (un autore amato da mio padre), e tanti altri.

 

Sta già lavorando a una nuova opera di narrativa? Può dirci qualcosa, senza eccessive anticipazioni?

Confesso che scrivo sempre per colmare il tempo, trascorrerlo senza rimorsi, dare un senso alla mia vita. Ho cominciato anche a scrivere poesie, mio vecchio amore di ragazzo. Spero di farne un volume. Per parlare di un altro romanzo è ancora presto. Finisce la notte è appena uscito, solo tre mesi. Lasciamo che i lettori prendano confidenza con questo testo, lo leggano e, spero, lo apprezzino, poi si vedrà. Posso dire tuttavia che sto lavorando a un’idea che prende spunto da un romanzo appena letto di Gregor von Rezzori, Un ermellino a Cernopol. Nell’epigrafe del libro c’è questo pensiero di Didimo d’Antiochia: “L’ermellino muore appena il suo candido vello s’imbratta”. Interessante, no?

 

Grazie, dottor Isgrò, per il suo tempo e le sue risposte.

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