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Conversazione con Damiano Antonio Sofo

Damiano Antonio Sofo è uno scrittore di Reggio Calabria. Ha pubblicato i romanzi La razza eletta e Le more d’autunno, entrambi editi (rispettivamente del 2015 e nel 2016) da Valletta Edizioni.

 

Ciao, Damiano. Due opere diversissime le due che hai pubblicato. Satirica la prima, intimista la seconda: quest’ultima una storia d’amore, una storia di donne, una storia di morte. Ti riconosci in entrambe nello stesso modo, con la stessa partecipazione?

Ciao, Rosalia. Sì, sono due opere completamente diverse, come hai ben sottolineato. Premetto che la seconda che ho pubblicato in realtà è stata la mia prima esperienza come romanzo, anche se breve. Ho terminato di scrivere Le more d’autunno nel 2009, come ho avuto modo di precisare in qualche altra intervista, ed è una precisazione perfettamente attinente alla tua domanda, sul riconoscersi in quello che si scrive. Devo dire che al momento della prima stesura – il romanzo è stato riletto centinaia di volte, e riscritto almeno due volte – non ero convinto, non tanto dell’idea che ne era alla base quanto del modo in cui avevo trattato i due argomenti cardine: omosessualità e dolce morte. Questo, uno dei motivi che mi aveva indotto a lasciare da parte il romanzo e dedicarmi ad altro. Altro che è poi sfociato nella mia prima pubblicazione, La razza eletta. È stata quell’esperienza a farmi ricredere sul mio primo scritto in forma di romanzo, a convincermi che quel romanzo, proprio così come era stato scritto, andava bene, perché in fondo era questo che volevo fare: raccontare di una storia d’amore normale, in cui l’omosessualità costituisse solo lo sfondo, ma non prevalesse sull’essenza del rapporto tra due anime che si amano, a prescindere dal sesso. Per quanto mi riguarda scrivere provoca in me la stessa partecipazione, qualunque sia l’argomento o la forma in cui decido di trattare quell’argomento. Nel momento in cui ho ben chiara la storia che intendo raccontare, la forma ne è la naturale conseguenza. Poi si tratta di decidere se arrivi di più scrivere di politica in forma satirica o scrivere d’amore, ma questo è compito dei lettori. Sarei presuntuoso se dicessi io stesso di essere ugualmente capace in entrambi i modi.

 

La psicologia dei personaggi femminili è colta con grande sensibilità. Nelle relazioni con le donne ti capita mai di trovarle incomprensibili?

Ti ringrazio e preciso sin da subito che non mi è stato affatto difficile delineare la psicologia dei personaggi femminili. Ho sempre pensato che accostarsi alla scrittura sia conseguenza, tra le tante altre cose che non sto qui ad elencare, di una naturale attitudine a osservare le persone e il loro modo di comportarsi. Sono da sempre affascinato  dal mondo femminile e il fatto di avere tantissime amiche donne, da ciascuna delle quali ho attinto per plasmare le personalità delle protagoniste del romanzo, mi ha certamente aiutato. Per rispondere alla seconda parte della tua domanda, dico che di sicuro mi è capitato qualche volta di trovare incomprensibile un determinato atteggiamento, ma sempre rispetto a un contesto o a un dato contingente, non mi rifaccio certamente all’ironica “letteratura” in merito, che dipinge le donne come esseri del tutto incomprensibili. Tutt’altro, direi. Ma forse sono io che sarò dotato di una particolare forma di empatia in tal senso.

 

Parliamo delle tue ultime letture. Mi piace parlare con gli autori dei libri che leggono. Un libro che ti è piaciuto davvero e perché.

Sto rileggendo L’amico ritrovato di  Fred Uhlman.  L’amicizia tra Hans e Konradin che si svilisce per colpa delle leggi razziali conseguenti all’ascesa al potere di Hitler, il dramma dei genitori che allontanano il figlio Hans per sottrarlo a una tragica fine data per scontata e il ritorno di Hans che ritrova il suo amico, perché una lapide in memoria di chi aveva tramato ai danni di Hitler glielo restituisce in tutta la sua nobiltà, la nobiltà di chi, anche a costo della propria vita, decide di stare dalla parte giusta, sono le cose che più mi hanno coinvolto in questa storia.  Struggente e delicato allo stesso tempo, un libro che rileggerei mille volte.

 

Stai scrivendo un altro romanzo? Puoi dare qualche indicazione sul genere, sulla tematica, senza troppe anticipazioni?

Sì, sto scrivendo il mio terzo romanzo, ma non sono convinto che sarà la mia prossima pubblicazione. Avrei in mente di raccogliere tutti i miei racconti, sparsi un po’ tra varie antologie, e farne un’opera monografica. Ritengo che per farsi l’idea sulle capacità e sulla validità di uno scrittore leggere i suoi racconti sia l’appiglio principale. E poi perché ne sono innamorato come di una creatura da cui cerchi di affrancarti ma che inevitabilmente ti riconduce a sé. Ritornando al prossimo romanzo, è in cantiere da circa un anno, procede tra alti e bassi, pur avendo già chiara in mente la storia e la forma narrativa. L’argomento questa volta è l’accoglienza, intesa in senso ampio, non necessariamente riconducibile al contesto attuale e quindi alla questione migranti. Si tratterà del mio primo romanzo scritto in prima persona, forma che ritengo a me più congeniale, e se dovessi dire di che genere sarà, solo per rendere l’idea, senza alcuna pretesa di voler fare paragoni, mi ricorda un po’ Non avevo capito niente di De Silva. Spero di riuscire a portarlo a termine entro la fine di quest’anno.

 

Grazie, Damiano, per il tuo tempo e le tue risposte.

Grazie a te, Rosalia, e un caro saluto ai tuoi lettori.

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