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Coronavirus, perché la seconda ondata sta mutando la nostra psicologia

Lo scrittore Paolo Giordano sul Corriere della Sera lancia l'allarme legato alla seconda ondata del Coronavirus. "Il punto di non ritorno è più vicino di quanto il nostro istinto ci porta a supporre"

“Le verità parziali, gonfiate dal desiderio di fare le cose della vita di prima come le facevamo prima, diventano facilmente scetticismo e sottovalutazione: negazionismo”. Inizia così la riflessione che lo scrittore Paolo Giordano dedica sulle pagine del Corriere della Sera, commentando l’atteggiamento delle persone in merito alla seconda ondata di Coronavirus. Secondo l’autore de “La solitudine dei numeri primi”, il vero cambiamento non consiste nella mutazione del virus, ma in una “mutazione della nostra psicologia”.

Il punto di non ritorno

Secondo Giordano oggi siamo un po’ tutti epidemiologi e, al già vasto vocabolario legato alla pandemia, decide di aggiungere la parola “tipping point”, ovvero “punto di non ritorno”. Esso indica la soglia che separa il regime di linearità dell’epidemia, come accadeva quest’estate, da quello di non-linearità di oggi. “Ci sono una miriade di soglie in questa epidemia e ognuna è come un argine. Finché tutti reggono, le cose vanno «abbastanza bene», ma se l’acqua rompe in un tratto qualsiasi il resto viene allagato in un istante”. Il problema principale secondo Giordano è che nessuno conosce in anticipo dove si trovi il tipping point, nonostante esso sia “più vicino di quanto il nostro istinto ci porta a supporre”.

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La percezione del Coronavirus

Per lo scrittore, l’epidemia va fronteggiata con la percezione che i cittadini ne hanno. “In questo momento avremmo bisogno di sentire la struttura territoriale, quella immediatamente circostante, solida e funzionale, non così fragile da richiedere un’altra azione muscolare dall’alto. Se il procedere delle regioni in ordine sparso era deprecabile ad aprile, oggi sarebbe un segno di affidabilità”.

Infine Giordano conclude dicendo che arrivati a ottobre ci si aspettava che il contagio fosse maneggiato un po’ meglio, ma “le nuove misure, pur inevitabili a questo stadio, non rispecchiano veramente quel meglio”. 

 

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