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“Amore siberiano”, una testimonianza italiana nei lager staliniani durante la guerra

Il libro "Amore siberiano" riporta la testimonianza italiana di un drammatico episodio mai svelato della seconda guerra mondiale: il caso del massacro di prigionieri di guerra nei paraggi di Bălți, una città situata nel Nord della Bessarabia.

Amore siberiano” è un romanzo storico, basato su fatti realmente accaduti, in memoria dei militari deceduti nei lager staliniani scritto dall’autrice moldava Lilia Bicec Zanardelli ed edito dalla casa editrice milanese Another Coffee Stories.

“La storia non può essere occultata! La verità può emergere attraverso le ossa che in qualsiasi momento possono affiorare dalla terra…”

Amore siberiano

Il libro “Amore siberiano” è un importante contributo e ricostruzione storica, corredato da dettagliate testimonianze e documenti storici autentici, tra i quali le memorie dei genitori dell’autrice, ex deportati in Siberia. Si propone poi come un importante tributo alle tutte le vittime di guerra e forma di violenza.

Dal 1918 al 1987 il regime sovietico adottò una politica del terrore creando i gulag, campi di concentramento, destinati a confinare e punire gli oppositori e rivoluzionari politici. Praticata in URSS per mantenere il potere e il controllo su tutta la società Il sistema cominciò ad essere riformato successivamente la morte di Stalin avvenuta nel 1953, ma si estinse definitivamente solo nel 1987, con Michail Gorbachev.

Vittorio Montini, ormai anziano ma ha delle ferite dell’anima ancora aperte e confida a sua nipote la storia cruda e sofferta, vissuta sulla sua pelle e su quella di migliaia di militari alleati del Reich, prigionieri nel lager della morte, il n.33.

Ambientato nella città di Bălți, nei pressi del nord della Bessarabia, il romanzo “Amore siberiano” narra un’altra pagina dolorosa della storia durante il sanguinoso secondo conflitto mondiale: il massacro di prigionieri di guerra. Vittorio Montini, prigioniero di guerra, è uno dei pochi sopravvissuti al massacro che è riuscito a mettersi in salvo fuggendo dalla fossa comune.

Gli eventi storici presenti nel libro

Il messaggio del romanzo “Amore siberiano” si basa su eventi e dati storici autentici. Seppur le stime dello sterminio siano ancora molto incerte, alcuni ricercatori stimano che le vittime siano tra i 10.000 e i 50.000. Attualmente in questo luogo sorge un tempietto a memoria.

Il lager 33 fu improvvisato all’ultimo momento, senza seguire gli standard dell’NKVD (Commissariato per gli Affari Interni).

L’organizzazione e le metodologie di sterminio dei detenuti, descritti in “Amore siberiano”, erano le stesse di quelle adottate ad Auschwitz, Birkenau e Gulag. I prigionieri strappati della loro umanità, sospesi nel tempo, erano condannati a soffrire il soffribile.

Dopo i primi tentativi degli ex-militari a ribellarsi a quel sistema carcerario, furono costretti ad adeguarsi pur di sopravvivere, adattandosi alla miseria e lottando per la sopravvivenza, come tutti gli altri.

All’interno dei campi uomini e donne lavoravano a ritmi disumani, controllati da una gerarchia interna di capisquadra scelti tra i criminali comuni. Le condizioni climatiche erano spesso avverse, la fame perenne, le fucilazioni arbitrarie, i ritmi di lavoro massacranti e finalizzati al raggiungimento di obiettivi produttivi impossibili, la perenne violenza psicologica volta all’annientamento della volontà individuale furono le costanti dei a cui erano sottoposti i prigionieri nei gulag sovietici.

Il sapone non era concesso nel lager e la mattina i detenuti si lavavano in una sorta di abbeveratoio formato da due assi disposte a triangolo in cui si lasciava scivolare un flebile filo d’acqua. Ai prigionieri veniva data una sola possibilità, dovevano abilmente raccogliere un po’ di acqua nel palmo della mano e quel poco doveva bastare.

Si era diramata come un virus la loro condanna: la fame. Infame, si nutriva delle loro forze in un morso che non lasciava scampo, consumandoli lentamente come fa un’orda di vermi in un cadavere in via di putrefazione. A far loro compagnia e visita durante quelle gelide notti si facevano largo gli incubi.

Quando il corpo dei detenuti era ormai in totale deperimento, la morte subdola e silenziosa, cominciava a danzare intorno a loro, fiutando l’odore fetido che emanavano i loro corpi.

I prigionieri venivano coattamente trasferiti in un casolare senza acqua né cibo e ad aprir loro la porta: la morte. Le condizioni generali entro le quali i deportati erano costretti e confinati rendevano naturale la morte per stenti.

Dopo 86 giorni di calvario, un tribunale fantasma condannò spietatamente a morte migliaia di soldati alleati del Reich e detenuti nel lager 33 di Bălţi, in Moldavia, con un unico verdetto: fucilazione.

La terra, gettata frettolosamente sui corpi dei prigionieri esanimi, li ricoprì come una coltre di piombo, soffocandoli lentamente, scossa qua e là, da convulsi respiri che andavano pian piano spegnendosi. Se la si fosse osservata dall’alto, la fossa comune sarebbe sembrata, in quelle tristi ore, come l’occhio di un ciclope trafitto da una lama che, all’approssimarsi della morte, si offuscava. Al calar della notte, sulla pianura, testimone involontaria di quell’atto crudele, scese un frastornante silenzio.

Una storia di resistenza

Vittorio creduto morto, si fa spazio tra i cadaveri, riuscendo a scappare dalla fossa comune in cui è stato gettato. Con le poche forze rimaste e senza guardarsi mai indietro fugge da quella dolorosissima realtà. Debilitato, esausto e febbricitante, viene soccorso da Maria Salcie, e da sua figlia Stefania.

Grazie alle cure e attenzioni ricevute, Vittorio ritrova la salute ma mentre tutto sembra andare per il meglio un evento inatteso turberà nuovamente il militare. Gli agenti dell’NKVD, la polizia segreta sovietica, riescono a mettersi sulle tracce di Vittorio. Arrestano lui e le due donne che gli avevano dato protezione. Vengono deportati nei gulag siberiani.

Sarà l’inizio di un lungo calvario, ma anche di una sorprendente storia di resistenza e di affetti che un domani Vittorio, da reduce testimone, lascerà in eredità alla nipote, insieme ai crudi ricordi del lager 33, perché le verità del passato non vadano dimenticate per evitare che la storia possa ripetersi. E’ questa l’importanza di leggere libri come “Amore siberiano”: ricordare i terribili avvenimenti del passato per non ripetere più certi errori.

di Maria Laura Chiaretti

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