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Trainspotting di Irvine Welsh, ritratto di una gioventù bruciata

Ho avuto la fortuna di leggere Trainspotting di Irvine Welsh da adolescente. Avere questo romanzo tra le mani è stato per me illuminante perché mi ha permesso di conoscere un filone alternativo alla narrativa ordinaria – e spesso banale – che si legge solitamente. Il romanzo, pubblicato nel 1993, è una finestra che si apre su un mondo fatto di storie cruenti, realistiche e grezze; storie di persone povere, spesso ignoranti, annoiate ma non per questo prive di sentimenti.

Dal romanzo è stato tratto l’omonimo film, diretto da Danny Boyle e uscito nel 1996, che vanta una colonna sonora all’altezza delle grandi aspettative, grazie a Iggy Pop, Damon Albarn, Lou Reed e Underworld, che ben si adatta alle atmosfere cupe e a tratti esilaranti della storia (esattamente come gli alti e bassi di un tossicodipendente).

Irvine Welsh, scrittore scozzese che ha vissuto in prima persona la rivoluzione punk nella Londra di fine anni Settanta e la sperimentazione delle droghe sintetiche, riversa nel romanzo il suo background fatto di esperienze illegali, risse, violenza, tifo calcistico sfrenato, povertà e disoccupazione nella Edimburgo degli anni Ottanta.

Il romanzo, nato come una serie di racconti indipendenti e successivamente assemblati, è una storia corale che conta numerosi personaggi. Alcuni sono solo di passaggio, altri invece sono una presenza costante che il lettore impara a riconoscere di capitolo in capitolo. Ogni parte del racconto è infatti narrata da un personaggio e inizialmente è difficile capire chi sia a raccontare. Ma, una volta colto lo stile che contraddistingue ogni personaggio, si tratti di intercalari o parolacce ricorrenti, si impara a riconoscerli immediatamente.

La cerchia di amici tossicodipendenti protagonisti di Trainspotting è composta da Mark Renton, detto Rent Boy (interpretato nel film da Ewan McGregor), un giovane intelligente ma annoiato che sfugge alla quotidianità e alla banalità delle persone attraverso l’uso di eroina; Daniel Murphy, detto Spud (interpretato da Ewen Bremner), amico leale – e un po’ scemo – di Rent, anch’egli dipendente da eroina; Simon Williamson, detto Sick Boy (interpretato da Jonny Lee Miller), egocentrico e sprezzante dongiovanni, dipendente da eroina come i suoi amici; e, infine, il manesco e violento Francis Begbie, detto Franco (e interpretato da Robert Carlyle, divenuto poi celebre nel 1997 con Full Monty), che disprezza gli amici che fanno uso di droga, preferendo a essa l’alcol.

I quattro amici, seppur così diversi, sono legati da profonda amicizia: condividono la sfrenata passione per la squadra degli Hibs e il profondo odio per gli Hearts, il disprezzo per i vicini cittadini di Glasgow (che sono di fede protestante e pro-monarchia), le bevute al pub e l’appartenenza alla working class.

Rent, tediato dalla noia del sobborgo scozzese in cui è nato, si è trasferito a Londra ormai da tempo. Ha scelto di allontanarsi dal quartiere in cui è cresciuto – e in cui ha sperimentato l’eroina – per iniziare una nuova vita. È però costretto a tornare a Leith per il funerale di un amico, morto a causa della droga. Rent si accorge che ormai tutti i compagni del quartiere stanno andando incontro a inesorabile declino: tutti disoccupati, cercano di sopravvivere con il sussidio, che spendono per le dosi di eroina, finché non muoiono di overdose o AIDS.

Nonostante a Londra lo attenda la sua nuova vita con un lavoro dignitoso, una casa e una fidanzata, Rent si accorge che quella vita non fa più per lui: troppo scontata, troppo ordinaria, insomma troppo “normale”. Decide così di far ritorno alle origini, a Leith, e alle vecchie abitudini. Ritornato nel giro della droga, gli si prospetta anche una grande occasione: piazzare due chili di eroina a Londra. Nell’affare sono coinvolti anche Spud, Sick Boy e Franco, ma Rent decide all’ultimo di tradire gli amici e fuggire con l’intero malloppo verso una nuova vita, nella speranza che sia meno noiosa di quella vissuta fin’ora.

Con dovizia stilistica, crudo realismo, un linguaggio che viene paragonato allo stile degli scrittori della Beat Generation, Irvine Welsh racconta storie di ordinaria quotidianità, di giovani senza prospettive né speranze nella Gran Bretagna dei decenni scorsi. Una storia che risulta oggi più attuale che mai.

Il romanzo è a tratti cruento e può essere come un pugno nello stomaco del lettore, ma è altresì esilarante e paradossale. Degno di nota anche il film, che ricrea le atmosfere fumose dei pub, la rabbia verso il vuoto esistenziale e la disperazione della tossicodipendenza evocati dal romanzo.

Valentina Morlacchi

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