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“La Storia”, la serie Rai ispirata all’omonimo romanzo di Elsa Morante

Scopriamo più da vicino come è arrivata Elsa Morante alla scrittura di questo libro, l'accoglienza che "La storia" ha ricevuto al momento della pubblicazione e alcune differenze tra il libro e la miniserie Rai.

La Storia“, la serie prodotta da Rai Fiction che Francesca Archibugi ha sapientemente tratto dal romanzo capolavoro di Elsa Morante pubblicò da Einaudi nel 1974, è stata un successo per quanto riguarda gli ascolti, dominando la serata in tv di martedì 23 gennaio.

Il successo televisivo ha portato dei benefici anche al libro: il romanzo di Elsa Morante da cui è tratta la serie Rai ha infatti registrato nelle ultime due settimane un’impennata per quanto riguarda le vendite del libro.

Scopriamo più da vicino come è arrivata Elsa Morante alla scrittura di questo libro, l’accoglienza che “La storia” ha ricevuto al momento della pubblicazione e alcune differenze tra il libro e la miniserie Rai.

Elsa Morante e il caso editoriale “La Storia”

“Elsa Morante non era un carattere facile, non aveva mezze misure ed era piuttosto violenta nelle sue affermazioni. Quando poi si parlava di letteratura, in senso assoluto, allora queste ‘mezze misure’ diventavano veramente incandescenti: per esempio diceva che bisogna scrivere soltanto i libri che cambiano il mondo”. Così lo scrittore Giorgio Montefoschi, racconta la scrittrice.

Elsa Morante scrittrice e poetessa neorealista del Novecento, è stata la prima donna ad aver vinto il prestigioso Premio Strega nel 1957, con il romanzo “L’isola di Arturo”. Nel 1974 pubblicò il romanzo storico, a tratti autobiografico, “La Storia”, riportando nero su bianco e con forte potenza narrativa il dramma della guerra, la fragilità, la condanna al dolore, la precarietà dell’essere umano, le perdite valoriali, sociali ed economiche che trascinano con sé nell’oblio infernale della coscienza storica interrogando l’umanità.

Divenne immediatamente un caso editoriale oltre che letterario tant’è che per quasi un anno nei salottini intellettuali dell’epoca si alzarono critiche alla Morante, che passarono anche da Italo Calvino a Rosanna Rossanda che in un articolo uscito su “Il Manifesto” dal titolo: “Una storia d’altri tempi” scrisse: “Vender patate è meglio che vender disperazione; non solo perché è più utile, oltre che coerente con i semplici valori cari alla Morante, ma perché è più lineare”.

Come diceva Pasolini al suo studente immaginario Gennariello: “Ti insegneranno a non splendere. Tu splendi invece”. Oggi infatti, il romanzo rientra nella classifica dei 100 migliori libri di tutti i tempi.

Nello stesso anno il suo storico amico Pier Paolo Pasolini, alla quale dedicherà “A Elsa, terrificante e magnifica lettrice”, commenterà così il libro:

“L’ultimo romanzo di Elsa Morante è un poderoso volume di 661 pagine, e il suo «soggetto» è proprio quello che dice il titolo, cioè la Storia. È difficile concepire un progetto più ambizioso di questo: ma si tratta di un’ambizione evidentemente giustificata, se la so¬la ambizione ingiustificata è quella di scrivere opere limitate e perfette. Illimitatezza e imperfezione sono caratteri della necessità. Illimitato il romanzo della Morante lo è, perché esso indubbiamente trasborda oltre il confine delle 661 pagine, verso immensità di temi, motivi e superfici non verbali. […] Tre libri in uno.”

Le differenze tra il libro e la serie Rai

A distanza di cinquant’anni, per la Rai, la regista Francesca Archibugi la quale ha curato anche la sceneggiatura della serie insieme a Giulia Calenda, Ilaria Macchia e Francesco Piccolo, propone adattando al mezzo televisivo l’opera letteraria della Morante, restituendo allo spettatore il ritratto fedele del romanzo.

La Archibugi è riuscita sapientemente a catturare l’essenza corale del romanzo e dei personaggi, trasformandolo in un formato seriale accessibile a tutti, riuscendo a coinvolgere emozionalmente lo spettatore anche grazie alla scelta del prezioso cast coinvolto con volti noti del panorama attoriale italiano tra cui Jasmine Trinca, Valerio Mastandrea, Elio Germano, Asia Argento restituendo con innovazione, respiro a una narrazione filmica di grande valore.

La differenza tra la fiction e il libro sta non solo nei dettagli del racconto con il loro appello alla sensibilità, ma anche nel modo in cui ognuno di essi coinvolge e affascina con potenza il suo pubblico.

La mission della fiction era attivare e suggerire una riflessione sul tragico che potesse aprire la strada a un insieme di ragionamenti e considerazioni sulla condizione umana che nel dolore matura la conoscenza umana anche in vista degli avvenimenti storici odierni in una continuità tra passato e presente in una sorta di riflesso del tragico antico nel tragico moderno, come sintetizza il titolo dell’opera del filosofo danese Kierkegaard.

In conclusione è stato mostrato che la tragedia letteraria de “La Storia” e il dramma moderno riportato in fiction, per la forte carica emotiva di cui sono portatori, hanno avuto un ruolo indispensabile e sostanziale nell’analisi e alle volte soluzione di quei dilemmi morali che attanagliano l’essere umano che è chiamato ad affrontare nel corso della propria vita.

La trama de “La Storia”

Ambientato in una Roma devastata dalla Seconda Guerra Mondiale, la Storia narra di Ida Ramundo (interpretata da Jasmine Trinca) giovane trentasettenne, rimasta presto vedova, è madre di Nino (nella fiction è Francesco Zenga) che per vivere fa la maestra. Un lavoro che le dà soddisfazione e la fa evadere.

Decide così di occultare le origini ebraiche (anche la madre di Elsa Morante era ebrea) per paura di essere deportata in un campo di concentramento. In una gelida notte di gennaio del 1941 Ida viene abusata, nel suo appartamento di San Lorenzo, da un soldato tedesco ubriaco da cui nascerà Useppe (interpretazioni affidate a Christian Liberti/Mattia Basciani)

Nel 1943 un bombardamento distrugge la casa di Ida che con i figli è costretta a trasferirsi in un ricovero per sfollati a Pietralata. Nel frattempo tra stenti, angoscia e umana solidarietà si consumano gli anni della guerra. Nino si arruola prima come membro nelle camicie nere, poi partecipa alla lotta partigiana. Infine incontra l’ebro e anarchico umanitario Davide Segre con cui fa rientro a casa.
A conclusione del conflitto, nel 1945, per Ida continuano le difficoltà e le sofferenze.

Mentre Davide tenta l’inserimento al Nord con il lavoro in fabbrica, Nino non riesce a trovare una sua strada, si dà al contrabbando e resta ucciso in uno scontro con la polizia. Solo la presenza di Useppe consente a Ida di non lasciarsi mangiare dal dolore e sopravvivere. Davide fallito il suo tentativo lavorativo fa nuovamente rientro a Roma dove stringe amicizia con Useppe.

Il destino riserva un triste epilogo anche per Davide il cui corpo senza vita viene rinvenuto nella baracca in cui vive. Ad ucciderlo è stato l’abuso di droga.

Ida, inerme, impotente e in balia degli eventi, sarà costretta a vivere un altro doloroso momento, la comparsa degli attacchi epilettici di Useppe. Una violenta crisi epilettica le porterò via il suo bambino. Ida non regge al dolore e perde la ragione. Ricoverata in manicomio muore nove anni più tardi.

A cura di Maria Laura Chiaretti

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