Nel 1919 Marina Cvetaeva aveva ventisette anni. La Rivoluzione imperversava in Russia e lei frequentava poeti, scrittori, attori e artisti, si innamorava di uomini e donne. Suo marito, il cadetto Serjej Efron era lontano, arruolato nell’Armata Bianca. Si erano sposati nel 1912 per amore e, nonostante i tradimenti di lei, Marina Cvetaeva non smise mai di amarlo. Lo amò anche quando sembrava non amarlo più. L’amore era la cifra attraverso cui la poetessa russa viveva e scriveva, era il perno intorno a cui tutto ruotava. Marina Cvetaeva amava e si faceva amare senza confini.
Io devo essere amata in modo del tutto straordinario per poter amare straordinariamente
Amò uomini e donne indistintamente. E noi oggi vi raccontiamo uno dei suoi amori più travolgenti, celebrato nel libro “Sonecka”, edito quest’anno da Adelphi.
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Quando gli opposti si attraggono
Marina Cvetaeva conobbe l’attrice Sonecka – il suo «più grande amore femminile» – alle soglie del 1919, il «più nero, pestilenziale, mortifero» degli anni postrivoluzionari, quando in una Mosca misera e affamata «si affratellò a una banda di commedianti»: gli attori allievi del Secondo Studio presso il Teatro d’Arte. Ventidue anni e con l’aspetto di una ragazzina, Sonečka era capricciosa, sentimentale e indisciplinata, aveva un debole per le «paroline da collegiale», i diminutivi, le romanze strappalacrime da cui sembrava lei stessa uscita. Era l’opposto di Marina, dall’indole «virile, retta, di acciaio». Fra le due donne nacque una «amicizia frenetica, reciproca deificazione di anime», destinata a concludersi quando, dopo neppure un anno, Sonečka abbandonò Mosca per seguire il suo «destino di donna».
Il racconto dedicato a Sonecka
Nel 1937 Marina viveva in Francia costretta all’esilio dopo la Rivoluzione Russa, quando giunse inattesa la notizia della morte di Sonecka. Da lì, nasce il racconto-epitaffio che Marina Cvetaveva dedica al suo grande amore degli anni della rivoluzione. Ne esce un ritratto luminoso e vitale. Una celebrazione dell’amicizia femminile, ma anche un inno all’amore, alla viva affezione che aveva legato la poetessa russa alla giovane e bella Sonecka.
L’amore cantato in poesia
Ma Sonecka non fu il solo unico e grande amore della poetessa russa. Da Boris Pasternak a Osip Mandelstam, alla poetessa Sofija Parnok, Marina Cvetaeva cantò l’amore e il non amore, con una sfrontatezza inaudita per l’epoca.
Una donna per bene non è una donna
Di lei, la scrittrice e giornalista Annalena Benini ha scritto:
L’amore di Marina Cvetaeva è un’arte poetica che comprende tutto, è un modo di vivere che a volte è disincarnato, costruito sopra l’assenza dei corpi, fatto soltanto di parole, a volte distrattamente erotico, ma è un amore in cui, se ci si bacia, ci si ama (“io ho questa stupida convinzione: se baci – allora vuol dire che ami!”)
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Le sue frasi più belle dedicate all’amore
Voglio leggerezza, libertà, comprensione – non trattenere nessuno e che nessuno mi trattenga
Quello che voi chiamate amore (sacrificio, fedeltà, gelosia) tenetelo in serbo per gli altri, per un’altra – io non ne ho bisogno. Io posso amare solo la persona che in una giornata di primavera a me preferirà una betulla
Non è facile amare una cosa difficile come me
Non baciarsi mai con nessuno – lo capisco – cioè non lo capisco, ma non irrimediabilmente – ma se ci si bacia –, con quale pretesto non andare oltre? Buonsenso? – Una bassezza! mi disprezzerei. Poi lo ami di meno? Non si sa, forse di meno, forse di più. Fedeltà? – Allora non baciare
Com’è successo? Oh, amico, come succedono queste cose?! Io mi sono slanciata, l’altro ha risposto, ho ascoltato parole grandi, parole come non ce n’è di più semplici e che forse sentivo per la prima volta in vita mia. E’ un ‘legame’? Non lo so. Io sono legata anche dal vento tra i rami. Dalle mani fino alle labbra – e dov’è il confine? E c’è – un confine?!
L’amore è innanzitutto la nostra lontananza dalle cose, nel migliore dei casi – annullamento di questa distanza, cioè fusione
Tu mi sei affine tutto, da parte a parte, terribilmente e angosciosamente affine, come io a me stessa – senza asilo, come le montagne