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Una frase di Charles Dickens sull’importanza delle nostre fragilità

Perché mostrare le proprie fragilità? Ce lo spiega Charles Dickens in una celebre frase tratta dal romanzo "Grandi speranze", pubblicato a puntate tra il 1880 e il 1881

Perché non vergognarci di mostrare le nostre fragilità? A spiegarcelo una celebre frase di  Charles Dickens, scrittore e reporter di viaggio britannico nato il 7 febbraio 1812 e scomparso il 9 giugno 1870, tratta dal romanzo “Grandi speranze”, pubblicato a puntate da Dickens tra il 1880 e il 1881.

“Non dovremmo mai vergognarci delle nostre lacrime, perché sono pioggia sull’accecante polvere della terra”

Il coraggio di mostrare la propria fragilità

La frase di Charles Dickens è un invito ad andare sempre in fondo alle proprie emozioni, un incoraggiamento per tutti a mostrare le proprie fragilità. In fondo cosa abbiamo da perdere? Non sono proprio le emozioni che ci animano a essere la cifra caratterizzante della nostra unicità?

Il valore delle lacrime, simbolicamente citate dallo scrittore britannico come simbolo dell’esporre le proprie fragilità, viene accostato alla funzione della pioggia capace di spazzare via la polvere che si deposita sulla terra e che non permette di guardare oltre. Ed è proprio questo ciò che le nostre fragilità ci consentono di fare: guardare oltre i nostri limiti e le nostre sofferenze, sfogare il malumore e la tristezza per spazzarla via e far posto ad altro di positivo.

Per restare all’interno della metafora meteorologica, possiamo accostare l’esposizione delle proprie fragilità all’arcobaleno, il fenomeno atmosferico che appare in cielo sempre dopo una tempesta, quello spettro continuo di luce nel cielo quando la luce del sole attraversa le gocce d’acqua rimaste in sospensione dopo un temporale.

E allora mostriamo le lacrime e le nostre fragilità senza provare alcun tipo di vergogna o timore reverenziale: ne usciremo sempre persone migliori.

Charles Dickens

Romanziere inglese, tra i più popolari della storia della letteratura, capace di costruire narrazioni uniche con uno stile semplice e diretto, a tutti comprensibile, Charles Dickens sviluppa fin da bambino una passione profonda per la scrittura e le storie. 

Secondo di otto figli, sarà costretto da giovanissimo a lavorare come manovale, dopo l’arresto del padre per i debiti accumulati. A tredici anni riprende gli studi, presso l’Accademia di Wellington, ma due anni dopo sarà costretto ad abbandonarla per iniziare un lavoro come fattorino in uno studio legale, e dopo un anno come cronista parlamentare, incarico in conseguenza del quale sarà assunto nel 1829 come giornalista alla Law Courts dei Doctor.

Nel 1837 raggiunge il grande successo grazie alla pubblicazione a puntate di “Oliver Twist” e poi del romanzo “Quaderni di Pickwick”, modificato successivamente in “Circolo Pickwick”. Le sue opere di maggior successo sono il racconto lungo “canto di Natale” del 1843 e il romanzo “David Copperfield” del 1850.

Grandi speranze

“Grandi speranze” è il tredicesimo romanzo di Dickens. Pubblicato a puntate tra il 1° dicembre del 1800 e l’agosto del 1801 su un periodico diretto dallo stesso autore, è considerato un classico della letteratura inglese del periodo vittoriano e tra i più sofisticati testi scritti da Dickens.

Appartiene al genere “romanzi di formazione”, in cui sono comprese tutte le opere che raccontano la storia di un personaggio partendo dalla prima infanzia fino al momento della piena maturità. “Grandi speranze” narra la storia di Pip, un orfano, che viene preso a benvolere da un’anziana signora, che ha una figlia adottiva di nome Estella, di una bellezza fuori dal comune ma che l’anziana rende inavvicinabile per vendicarsi di un tradimento subito in giovane età.

Un giorno Pip riceve una cospicua eredità, e iniziano così le sue grandi speranze, che verranno poi disilluse quando scoprirà l’identità del benefattore. Una volta tornato povero, Pip ritroverà l’amicizia con Estella, che intanto avrà dovuto abbandonare il suo orgoglio in seguito ad un matrimonio sfortunato. 

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