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“Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa” di Giovanni Falcone

Per rendere omaggio al giudice-eroe Giovanni Falcone, vi proponiamo una delle frasi emblema della sua lotta alla mafia

Per rendere omaggio a Giovanni Falcone, nato il 18 maggio del 1939 e scomparso il 23 maggio 1992, vi proponiamo una delle frasi che meglio rappresenta la sua strenua lotta contro la mafia. 

Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa, chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola.

Giovanni Falcone

Giovanni Falcone nasce il 18 maggio 1939 a Palermo in via Castrofilippo nel quartiere della Kalsa, lo stesso di Paolo Borsellino e di molti ragazzi futuri mafiosi come Tommaso Buscetta. Falcone vince il concorso in Magistratura nel 1964, Il suo primo caso risolto è quello di una persona morta per un incidente sul lavoro. A partire dal 1966 ricopre, per dodici anni, la posizione sostituto procuratore e giudice presso il tribunale di Trapani. A poco a poco, nasce in lui la passione per il diritto penale e inizia così la sua lotta alla mafia. 

Una vita dedicata alla lotta alla mafia

Trasferitosi a Palermo nel 1978, dopo l’omicidio del giudice Cesare Terranova, Giovanni Falcone lavorò all’Ufficio istruzione, sotto la guida di Rocco Chinnici, e insieme a Paolo Borsellino lavorarono su oltre 500 processi. Chinnici assegna a Falcone nel 1980 l’indagine su Rosario Spatola, collegato anche alla mafia americana, e qui cominciò un grande lavoro di indagini bancarie e patrimoniali. Dopo l’uccisione di Chinnici nel 1983, Antonino Caponnetto costituisce il pool antimafia, che includeva Falcone, Borsellino, Di Lello e Guarnotta.

Nel 1984, con l’interrogatorio al pentito Tommaso Buscetta, si ha una svolta nelle indagini contro Cosa Nostra. Quando il pool cominciò a lavorare al grande maxiprocesso a Cosa Nostra, i due collaboratori di Giovanni Falcone, Giuseppe Montana e Ninni Cassarà, vennero uccisi e quindi i giudici e le loro famiglie vennero trasferiti per sicurezza al carcere dell’Asinara. Nel 1987 si concluse il Maxiprocesso, con 360 condanne per complessivi 2665 anni di carcere e undici miliardi e mezzo di lire di multe da pagare, segnando un grande successo per il lavoro svolto da tutto il pool antimafia. A dicembre del 1986, Falcone viene nominato procuratore della repubblica di Marsala, e il pool si allarga, includendo altri giudici: Ignazio De Francisci, Gioacchino Natoli e Giacomo Conte. Nel 1988 Meli, che aveva sostituito Caponnetto, scioglie il pool antimafia.

Il 21 giugno 1989 ci fu un fallito attentato alla villa di vacanza di Falcone, all’Addaura. Ancora non si è fatta chiarezza su questo fallito attentato. In quegli anni ci fu anche un’altra vicenda: furono inviate una serie di lettere anonime che diffamavano il giudice e i suoi colleghi e si pensò che il mittente fosse interno alla magistratura. Nel gennaio 1990 coordina un’inchiesta che porta all’arresto di quattordici trafficanti colombiani e siciliani, inchiesta che aveva preso l’avvio dalle confessioni del “pentito” Joe Cuffaro’ il quale aveva rivelato che il mercantile Big John, battente bandiera cilena, aveva scaricato nel gennaio 1988, 596 chili di cocaina al largo delle coste di Castellammare del Golfo.

L’attentato

Era il 23 maggio 1992. Era un caldo sabato pomeriggio quando a Capaci, vicino a Palermo, le automobili del giudice Giovanni Falcone e della sua scorta furono fatte saltare in aria da cinque quintali di tritolo in un tratto dell’Autostrada A29. Nell’attentato, rivendicato da Cosa Nostra, morirono Falcone, la moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta. Il giudice Falcone ha fatto della lotta contro la criminalità organizzata una vera e propria missione, nonostante i pericoli verso i quali era ben consapevole di andare in contro. 

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