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Una frase di Caparezza su quanto sia difficile restare calmi

Leggiamo questa citazione di Caparezza tratta dal suo libro "Saghe mentali", che chiosa la sua canzone "Fuck the violenza", inno alla diplomazia.

Caparezza, nel suo libro Saghe mentali, riflette sulla figura di Gandhi e sull’uso spesso improprio della sua immagine, partendo da una sua canzone intitolata “Fuck the violenza“. La citazione in questione mette in evidenza la tendenza diffusa a richiamare il Mahatma in contesti non sempre coerenti con la sua eredità morale e politica. Questo spunto ci porta a una riflessione più ampia sull’uso delle figure storiche e sul significato reale della non violenza nel mondo contemporaneo.

Lungi da me il paragonarmi al Mahatma, voglio solo condividerne la passione per il dialogo, per le soluzioni alternative, anche se mantenere la calma a questo mondo è veramente dura. Comunque non sono solo in quest’impresa. Gandhi viene spesso tirato in ballo senza criterio in molteplici occasioni.

a volte si parla di lui per giustificare l’attacco a questo o a quell’altro stato, a volte la sua figura viene sfruttata come testimonial pubblicitario, a volte lo si incensa come simbolo di cristianità. Un indu. Persino lo sciopero della fame è ormai talmente abusato che ha perso fascino. Quando un politico vuole protestare la prima cosa che fa è smettere di mangiare, gastronomicamente parlando. Secondo me otterrebbe più risultati smettendo di fumare. Non si possono copiare le azioni di Gandhi senza averne l’integrità morale, sarebbe come confessarsi da un frate che frequenta il Billionaire!

Il messaggio di Caparezza e il valore del dialogo

Caparezza dichiara esplicitamente di non voler paragonarsi a Gandhi, ma di condividerne la passione per il dialogo e per le soluzioni alternative alla violenza. Questo aspetto è centrale nella sua produzione artistica: le sue canzoni, spesso cariche di denuncia sociale, propongono una critica ironica e pungente delle contraddizioni del nostro tempo.

Il messaggio fondamentale che emerge dalla sua riflessione è che mantenere la calma in un mondo segnato da tensioni, ingiustizie e conflitti è estremamente difficile. La rabbia è un’emozione naturale di fronte alle ingiustizie, ma il rischio è che si traduca in azioni distruttive piuttosto che in soluzioni efficaci. Caparezza, con la sua solita verve satirica, sottolinea l’importanza di rispondere con intelligenza e strategia, piuttosto che con mera reazione emotiva.

Gandhi: simbolo frainteso e strumentalizzato

Caparezza osserva che il nome di Gandhi viene spesso tirato in ballo senza criterio, un fenomeno che si verifica frequentemente nel discorso pubblico e mediatico. Gandhi è stato un leader rivoluzionario, promotore della resistenza non violenta e dell’indipendenza dell’India, ma la sua immagine viene a volte distorta per scopi propagandistici.

Lo vediamo, ad esempio, quando si invoca la sua filosofia per giustificare guerre e interventi militari, un paradosso che Caparezza evidenzia con ironia. Un uomo che ha dedicato la sua vita alla non violenza viene sfruttato per legittimare azioni che vanno nella direzione opposta. La sua figura è inoltre utilizzata nel marketing, con campagne pubblicitarie che ne banalizzano il messaggio, trasformandolo in un’icona commerciale. Il paradosso più grande è forse quello di presentarlo come simbolo di cristianità, dimenticando che Gandhi era induista e che il suo pensiero si radicava in una filosofia ben distinta dalle tradizioni occidentali.

L’abuso della protesta e il senso della coerenza

Un’altra osservazione interessante riguarda l’abuso dello sciopero della fame come strumento di protesta politica. Caparezza ironizza sul fatto che ormai questo tipo di gesto sia diventato così comune da perdere il suo impatto simbolico. Nella storia, lo sciopero della fame è stato un atto di estrema dedizione e sacrificio, praticato da figure come Gandhi stesso o da prigionieri politici che non avevano altri mezzi per far sentire la propria voce.

Oggi, invece, lo sciopero della fame è spesso utilizzato in modo superficiale, talvolta senza una reale convinzione, più come strategia mediatica che come espressione di una lotta sincera. Il paradosso viene reso evidente dal sarcasmo di Caparezza: un politico otterrebbe più risultati smettendo di fumare piuttosto che dichiarare uno sciopero della fame privo di autenticità.

L’aspetto cruciale del discorso di Caparezza è il concetto di coerenza morale. Non si possono imitare le azioni di Gandhi senza possedere la sua integrità interiore. La non violenza non è solo una strategia, ma un principio di vita che richiede una disciplina costante e una dedizione totale. Seguire un modello senza comprenderne l’essenza significa svuotarlo di significato. La metafora finale usata dall’artista – confessarsi da un frate che frequenta il Billionaire – sottolinea questa incoerenza, mostrando come spesso si predichino valori senza incarnarli realmente.

Un invito alla riflessione

Le parole di Caparezza non sono solo una critica, ma un invito a una riflessione più profonda su come si utilizzi la memoria dei grandi leader della storia. È facile richiamare nomi illustri per legittimare le proprie posizioni, ma è molto più difficile applicarne davvero i principi nella vita quotidiana. La non violenza, il dialogo e la ricerca di soluzioni alternative ai conflitti sono valori che richiedono impegno e coerenza.

Il rischio, come suggerisce Caparezza, è che Gandhi diventi solo un simbolo vuoto, sfruttato senza criterio per scopi di convenienza. Il vero modo per onorare il suo lascito non è ripetere il suo nome, ma incarnare i suoi ideali con coerenza e integrità, proprio come egli stesso ha fatto durante tutta la sua esistenza.

In un’epoca di conflitti e tensioni, il messaggio di Gandhi rimane più attuale che mai: non si tratta di imitare gesti simbolici, ma di costruire una mentalità basata sul rispetto, sulla comprensione reciproca e sulla volontà di trovare alternative alla violenza. Caparezza, con la sua ironia e la sua lucidità, ci ricorda quanto sia difficile, ma anche necessario, perseguire questa strada.

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